Ricorso inammissibile: quando la Cassazione chiude la porta
Quando si arriva davanti alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento, le regole del gioco cambiano. Non si discutono più i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di cosa accade quando un appello non rispetta questi paletti, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna precedente, ma comporta anche conseguenze economiche per chi ha tentato la via del ricorso senza validi argomenti giuridici.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di lesioni personali aggravate (artt. 582 e 585 c.p.) emessa dalla Corte di Appello di Bologna. L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della sentenza. I suoi avvocati hanno articolato l’appello su tre distinti motivi, contestando diversi aspetti della decisione dei giudici di merito.
I Motivi del Ricorso
L’appello si fondava su tre pilastri principali:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità penale: Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel valutare la sua colpevolezza e nell’escludere la presenza di una causa di giustificazione, come la legittima difesa (art. 52 c.p.) o lo stato di necessità (art. 54 c.p.).
2. Mancata applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto: Si contestava la decisione di non applicare l’art. 131 bis c.p., che permette di escludere la punibilità per reati di lieve entità.
3. Erronea applicazione della legge penale sulle attenuanti: Infine, il ricorso lamentava la mancata concessione dell’attenuante della provocazione (art. 62 n. 2 c.p.) e delle attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.).
La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi e li ha respinti in blocco, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si basa su principi procedurali consolidati che definiscono i limiti del giudizio di legittimità. Vediamo perché ogni motivo è stato giudicato inidoneo:
* Il primo motivo è stato considerato un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, un’operazione preclusa in Cassazione. La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di una ‘terza istanza’ sul merito, ma di controllare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata, che in questo caso è stata ritenuta immune da vizi.
* Il secondo motivo è stato etichettato come ‘pedissequa reiterazione’, ovvero una mera ripetizione di argomenti già sollevati e correttamente respinti in appello. La gravità della condotta, secondo i giudici, era tale da escludere implicitamente la particolare tenuità del fatto.
* Il terzo motivo è stato anch’esso giudicato manifestamente infondato per quanto riguarda la provocazione e addirittura ‘inedito’ (cioè proposto per la prima volta in Cassazione) per quanto concerne le attenuanti generiche, rendendolo così inammissibile.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte di Cassazione è un monito sull’importanza di formulare ricorsi tecnicamente corretti. I giudici hanno sottolineato che i motivi di ricorso non possono limitarsi a criticare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, a meno che non si dimostri un vizio logico palese e incontrovertibile nella motivazione. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove è un errore che conduce inevitabilmente all’inammissibilità.
Inoltre, la Corte ha ribadito che la reiterazione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti, senza l’introduzione di nuovi profili di diritto, non costituisce un valido motivo di ricorso. Questa prassi appesantisce il sistema giudiziario e porta a una condanna per le spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione è uno strumento per far valere errori di diritto, non per contestare l’insindacabile valutazione dei fatti compiuta nei gradi di merito. Presentare un ricorso inammissibile non solo si rivela una strategia processuale inefficace, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche negative. La decisione evidenzia la necessità di affidarsi a una difesa tecnica che sappia distinguere tra critiche sulla ricostruzione fattuale e censure sulla corretta applicazione delle norme giuridiche, uniche ammesse nel giudizio di legittimità.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si basa su motivi non consentiti dalla legge, come la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, o quando le argomentazioni sono manifestamente infondate, generiche o una mera ripetizione di quelle già respinte nei precedenti gradi di giudizio.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento analizzato.
È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di un’attenuante?
Sì, ma solo se si denuncia un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice di merito. Non è possibile, invece, chiedere alla Cassazione una diversa valutazione delle circostanze di fatto che avrebbero potuto giustificare la concessione dell’attenuante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47080 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47080 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 02/01/1999
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermando la pronuncia di condanna per il reato di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen.
Considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente denunzia vizio di motivazione in relazione alla penale responsabilità dell’imputato e alla sussistenza di una causa di giustificazione è interamente versato fatto; nonché manifestamente infondato a fronte di una motivazione immune da vizi logici sia in punto di sussistenza del reato, sia quanto all’assenza di cause di giustificazione di cui agli artt. 52 e 54 cod. pen. (p.4 della sentenza impugnata).
Ritenuto che il secondo motivo con il quale si contesta la mancata applicazione della condizione di non punibilità in riferimento all’art. 131 bis cod. pen. è fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito con motivazione immune da vizi logici ed implicitamente ricavabile dalla descritta gravità della condotta.
Rilevato che il terzo motivo di ricorso, con cui si rileva erronea applicazione della legge penale in riferimento alla mancata applicazione dell’attenuate della provocazione ex art. 62 n.2 cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche ex artt.62 bis cod. pen è manifestamente infondato quanto alla circostanza attenuante della provocazione in presenza (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, ed è inedito quanto alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2024
Il GLYPH igliere estensore
Il Presidente