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Ricorso inammissibile: motivi di fatto in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per minacce emessa dal Giudice di Pace. La Corte ribadisce che non può riesaminare nel merito la credibilità dei testimoni o i fatti, poiché il suo ruolo è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge. L’impugnazione, basata su argomentazioni fattuali, è stata respinta, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Questo caso, che ha portato a dichiarare un ricorso inammissibile, dimostra come un’impugnazione basata esclusivamente sulla richiesta di una nuova valutazione delle prove sia destinata a fallire, con conseguenze economiche significative per chi la propone.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna del Giudice di Pace all’Appello Errato

La vicenda ha origine da una sentenza del Giudice di Pace che condannava un’imputata per il reato di minaccia, previsto dall’articolo 612 del codice penale. La pena inflitta era esclusivamente pecuniaria. L’imputata decideva di impugnare la decisione, ma commetteva un errore procedurale: proponeva un appello, mentre la legge, per le sentenze del Giudice di Pace che comminano solo pene pecuniarie, prevede come unico rimedio il ricorso diretto per cassazione.

Il Tribunale, correttamente, qualificava l’atto come ricorso e lo trasmetteva alla Corte di Cassazione per la competenza.

I Motivi del Ricorso e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Il fulcro dell’impugnazione si concentrava su una critica alla valutazione delle prove effettuata dal primo giudice. La ricorrente sosteneva che il Giudice di Pace non avesse vagliato con sufficiente attenzione l’attendibilità della persona offesa, soprattutto in un contesto di liti di vicinato. Inoltre, veniva messa in discussione la credibilità di un testimone a causa del suo rapporto di amicizia con la persona offesa, sostenendo che la sua testimonianza non confermasse pienamente la versione accusatoria.

Questi argomenti, tuttavia, rientrano pienamente nella categoria dei cosiddetti “motivi di fatto”, ovvero contestazioni che riguardano l’apprezzamento delle prove e la ricostruzione della vicenda, attività che sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo grado e appello).

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. La Cassazione ha il compito di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può, invece, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice che ha ascoltato i testimoni e analizzato direttamente le prove.

Le censure mosse dalla ricorrente sono state liquidate come “del tutto assertive” e “versate in fatto”, poiché miravano a ottenere “un diverso apprezzamento delle deposizioni”, cosa preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha spiegato che l’unico motivo di impugnazione non costituiva una “compiuta censura di legittimità”. Le argomentazioni della ricorrente erano semplici allegazioni fattuali, volte a sollecitare una riconsiderazione delle testimonianze già valutate in primo grado. Questo tipo di richiesta esula dai poteri della Cassazione. La Corte ha quindi ritenuto che non vi fossero i presupposti per esaminare il merito della questione, portando alla declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni

Le conclusioni pratiche di questa pronuncia sono severe. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali. Ma non solo: la Corte ha ravvisato nella proposizione del ricorso “profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione”. Per questo motivo, ha condannato la ricorrente anche al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un’impugnazione in Cassazione deve essere fondata su vizi di legittimità concreti e non su un mero dissenso rispetto alla valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati riguardavano una nuova valutazione dei fatti e della credibilità dei testimoni, argomenti che non possono essere trattati dalla Corte di Cassazione, il cui compito è solo verificare la corretta applicazione della legge.

Quale errore procedurale è stato commesso inizialmente?
Inizialmente era stato proposto un appello contro la sentenza del Giudice di Pace. Tuttavia, la legge stabilisce che per le sentenze di questo giudice che infliggono solo una pena pecuniaria, l’unico mezzo di impugnazione consentito è il ricorso diretto per cassazione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo caso?
La ricorrente è stata condannata a pagare sia le spese del procedimento sia un’ulteriore somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza e inammissibilità dei motivi del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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