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Ricorso inammissibile: motivi di fatto in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso riproponevano questioni di merito già adeguatamente valutate nei gradi precedenti e che la contestazione sulla misura della pena era stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità, pratica non consentita.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte ai Motivi di Fatto

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso inammissibile è la sanzione per chi tenta di sottoporre ai giudici di legittimità questioni di merito già esaminate e decise. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come e perché un ricorso possa essere respinto senza nemmeno entrare nel vivo delle argomentazioni.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, previsti rispettivamente dagli articoli 341 bis e 337 del codice penale. Non rassegnato alla decisione della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi per cercare di ribaltare la sentenza.

La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non si basa su una valutazione contraria delle argomentazioni dell’imputato, ma sul fatto che le argomentazioni stesse non erano proponibili in quella sede. La Cassazione, infatti, è un giudice di legittimità, non un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare che la legge sia stata applicata correttamente.

La Ripetizione dei Motivi di Merito

I primi due motivi del ricorso contestavano la sussistenza stessa dei reati, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo. La Corte ha rilevato che queste censure non facevano altro che riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dai giudici di merito. Le sentenze precedenti, secondo la Cassazione, avevano già fornito una motivazione corretta, puntuale e logicamente coerente, basata sulle prove emerse. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti in Cassazione è un’operazione non consentita, che porta inevitabilmente a un ricorso inammissibile.

La Tardività delle Censure sulla Pena

Con il terzo motivo, il ricorrente si lamentava, da un lato, del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e, dall’altro, dell’entità della pena. Se sulla prima parte la Corte ha comunque ritenuto la motivazione della sentenza impugnata sufficiente e non illogica, sulla seconda ha evidenziato un vizio procedurale fatale: la questione relativa alla misura della pena non era mai stata sollevata nel precedente atto d’appello. Un motivo di impugnazione non può essere presentato per la prima volta in Cassazione se non è stato precedentemente devoluto al giudice dell’appello.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza è lapidaria e si fonda sulla natura del giudizio di legittimità. I giudici della Suprema Corte hanno spiegato che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dalla legge in questa sede. Riproporre profili di censura già vagliati e disattesi, con argomenti giuridicamente corretti e immuni da vizi logici, equivale a chiedere alla Cassazione un nuovo giudizio sul fatto, cosa che esula dalle sue competenze. Allo stesso modo, introdurre per la prima volta una doglianza sulla quantificazione della pena in sede di legittimità costituisce una violazione delle regole processuali che disciplinano le impugnazioni. L’inammissibilità del ricorso comporta, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito importante per chi intende adire la Corte di Cassazione. È essenziale comprendere che non si tratta di un ‘terzo tempo’ del processo in cui si possono ridiscutere le prove e i fatti. Il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legge o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di mascherare una contestazione di merito sotto le spoglie di una censura di legittimità è destinato al fallimento, con la conseguenza di un ricorso inammissibile e l’addebito di ulteriori spese. Inoltre, è cruciale che tutti i motivi di doglianza siano sollevati tempestivamente nel grado di appello, per non vederseli preclusi nel successivo giudizio di legittimità.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. In particolare, le censure riproponevano questioni di fatto già correttamente decise dai giudici di merito e introducevano per la prima volta doglianze sulla pena che dovevano essere sollevate in appello.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la misura della pena decisa in appello?
No, la sentenza chiarisce che non è possibile. La doglianza relativa alla misura della pena, se non è stata prospettata con l’atto di appello, non può essere sollevata per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

Cosa significa che la Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non ‘di merito’?
Significa che il suo compito non è riesaminare le prove e decidere se l’imputato sia colpevole o innocente (giudizio di merito), ma solo controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio (giudizio di legittimità).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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