Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rivedere i Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il ruolo della Suprema Corte come giudice di legittimità e non di merito. Quando un imputato presenta un ricorso inammissibile, le conseguenze possono essere significative. Analizziamo insieme questo caso per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione e le ragioni che portano a una tale decisione.
I Fatti del Ricorso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’imputato contestava la propria responsabilità penale, sostenendo principalmente due punti: la carenza di dolo, ovvero l’assenza dell’intenzione di commettere il reato, e la mancata esclusione della recidiva, un’aggravante che comporta un aumento di pena per chi commette un nuovo reato dopo una condanna precedente.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare gli elementi di prova e le valutazioni già compiute dai giudici nei gradi di giudizio precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) per giungere a una conclusione diversa sulla sua colpevolezza e sulla severità della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza del 18 novembre 2024, la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rende definitiva la condanna stabilita dalla Corte d’Appello.
Le motivazioni del ricorso inammissibile
La Corte ha spiegato in modo netto le ragioni della sua decisione. I motivi del ricorso non erano consentiti perché si concentravano su questioni di fatto. La Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione delle prove o di stabilire se l’imputato avesse o meno l’intenzione di delinquere (valutazione sul dolo). Questi accertamenti sono di esclusiva competenza dei giudici di merito.
Il tentativo di contestare la recidiva è stato interpretato come una richiesta di “rivalutazione del trattamento punitivo”, un’attività che esula dai poteri della Suprema Corte. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva già esaminato adeguatamente le argomentazioni difensive, fornendo una motivazione logica e coerente per confermare la condanna. In particolare, la sentenza impugnata aveva evidenziato aspetti significativi non solo sulla gravità del fatto, ma anche sulla capacità a delinquere dell’imputato, giustificando così la pena inflitta.
Conclusioni: le implicazioni della decisione
Questa ordinanza riafferma un principio cardine della procedura penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un rimedio straordinario volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Proporre motivi che mirano a ottenere una nuova valutazione delle prove si traduce inevitabilmente in un ricorso inammissibile.
Le implicazioni pratiche per chi intende ricorrere in Cassazione sono chiare: è fondamentale concentrarsi su vizi di legittimità, come l’errata interpretazione di una norma di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza, piuttosto che tentare di convincere la Suprema Corte a riconsiderare i fatti. In caso contrario, il rischio non è solo quello di vedere confermata la condanna, ma anche di subire ulteriori sanzioni economiche, come avvenuto in questo caso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati (carenza di dolo e mancata esclusione della recidiva) erano basati su questioni di fatto e miravano a una nuova valutazione del merito della causa, attività non consentita alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione non può esaminare i “motivi di fatto”?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove (come testimonianze o documenti) per decidere se i fatti si sono svolti in un modo o in un altro. Il suo ruolo è solo quello di controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Le conseguenze sono due: la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47509 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47509 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TERMOLI il 15/04/1985
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi di ricorso in punto di responsabilità, per carenza di dolo, e mancata esclusione della recidiva non sono consentiti perché svolti in fatto, quello sul dolo, e finalizzati, quello sulla recidi ad una rivalutazione del trattamento punitivo, che, previo adeguato esame delle deduzioni difensive, i giudici del merito hanno ritenuto sussistente evidenziando aspetti significativi non solo della gravità del fatto ma anche della capacità a delinquere dell’imputato con argomentazioni che non denotano alcuna illogicità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 novembre 2024