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Ricorso inammissibile: motivi di fatto in Cassazione

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per detenzione di stupefacenti. I motivi, basati su una diversa valutazione dei fatti, non sono consentiti nel giudizio di legittimità. La Corte ha confermato che l’ammissione dell’imputato di voler condividere la droga con amici integra la cessione a terzi.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi di Fatto non Bastano

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso davanti alla Suprema Corte non può basarsi su una semplice riconsiderazione dei fatti già valutati nei gradi di merito. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio e chiarendo i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Chieti nei confronti di un uomo, trovato in possesso di 2,9 grammi di MDMS e otto pasticche di ecstasy. La Corte d’Appello di L’Aquila aveva parzialmente riformato la sentenza, escludendo l’aggravante della recidiva e rideterminando la pena, ma confermando la responsabilità penale per la detenzione finalizzata alla cessione a terzi.

Insoddisfatta della decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la condanna fosse erroneamente basata solo sul dato quantitativo della sostanza stupefacente (il ‘dato ponderale’). Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente le sue stesse ammissioni: l’imputato aveva infatti dichiarato che la droga era destinata al consumo personale e alla condivisione con alcuni amici in occasione di un incontro.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un pilastro del diritto processuale penale, sancito dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale: nel giudizio di legittimità non sono ammessi motivi di ricorso che si risolvono in una nuova valutazione dei fatti.

I giudici hanno sottolineato che le critiche mosse dalla difesa erano ‘doglianze in fatto’, ovvero un tentativo di ottenere dalla Cassazione una diversa interpretazione delle prove già esaminate dai giudici di primo e secondo grado. Questo tipo di valutazione è precluso alla Suprema Corte, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non ricostruire l’accaduto.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha chiarito che la decisione della Corte d’Appello non si basava unicamente sul quantitativo di droga sequestrata. Al contrario, un elemento decisivo era stata proprio l’ammissione dell’imputato. La dichiarazione di voler consumare la droga ‘con alcuni amici’ è stata interpretata dai giudici di merito come una prova della destinazione della sostanza alla cessione, anche se a titolo gratuito, a terzi.

La Cassazione ha quindi stabilito che le censure della difesa rappresentavano un mero ‘dissenso rispetto alla lettura dei giudici del doppio grado’, una posizione che non può trovare accoglimento in sede di legittimità. Il ricorso, inoltre, mancava di una necessaria ‘analisi critica’ delle argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a proporre una tesi alternativa senza demolire la logicità del ragionamento dei giudici d’appello.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la finalità di cessione a terzi, che integra il reato di spaccio, può essere desunta anche dalla dichiarazione di voler condividere lo stupefacente con altre persone, non essendo necessaria una vendita. In secondo luogo, essa serve da monito per chi intende presentare un ricorso per cassazione: è fondamentale concentrarsi su vizi di legge (violazione di norme, vizi di motivazione logica), evitando di riproporre questioni fattuali già decise. L’esito della declaratoria di inammissibilità è severo: la condanna diventa definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su ‘doglianze in fatto’, cioè su una richiesta di rivalutare le prove e la ricostruzione degli eventi, attività che non è permessa nel giudizio di legittimità della Cassazione, la quale si occupa solo della corretta applicazione della legge.

Quale elemento è stato decisivo per confermare la condanna per spaccio?
L’elemento decisivo è stata l’ammissione stessa dell’imputato, il quale aveva dichiarato che la droga era destinata al consumo suo e di alcuni amici. Questa dichiarazione è stata ritenuta sufficiente per provare la finalità di cessione a terzi, integrando così il reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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