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Ricorso inammissibile: motivi di fatto e genericità

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza di condanna per minaccia aggravata. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici e basati su una rivalutazione dei fatti, compito non spettante al giudice di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta l’Appello per Motivi di Fatto

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza occasione per riesaminare le prove. La sua funzione è garantire la corretta applicazione della legge, non rivedere i fatti. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile, basato su contestazioni fattuali, venga inevitabilmente respinto, con conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, che aveva affermato la responsabilità penale di un individuo per il reato di minaccia aggravata, previsto dall’articolo 612, comma 2, del codice penale. Non accettando la condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della decisione.

I Motivi del Ricorso: Un Tentativo di Riesame del Merito

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due motivi principali, entrambi focalizzati su una presunta violazione della legge penale.

Il primo motivo contestava la valutazione del compendio probatorio fatta dal giudice di primo grado, proponendo una lettura alternativa dei fatti. Il secondo motivo, strettamente collegato al primo, sosteneva che, data la presunta debolezza delle prove, il giudice avrebbe dovuto emettere una sentenza di assoluzione per insufficienza di prove, ai sensi dell’articolo 530, comma 2, del codice di procedura penale.

La Decisione della Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha respinti entrambi, dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio perché.

Il Primo Motivo: L’Assertività delle Questioni di Fatto

La Suprema Corte ha subito chiarito che il primo motivo era inaccettabile. Le argomentazioni del ricorrente, infatti, non sollevavano questioni sulla corretta interpretazione o applicazione della legge (le cosiddette censure di legittimità), ma si limitavano a presentare allegazioni di fatto assertive. In altre parole, il ricorrente stava chiedendo alla Cassazione di rivalutare le prove e sostituire il proprio giudizio a quello del Tribunale, un’operazione preclusa al giudice di legittimità.

Il Secondo Motivo: La Genericità e il Richiamo al Merito

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte lo ha definito ‘del tutto generico’ e ‘parimenti versato in fatto’. Il ricorrente, infatti, si era limitato a richiamare quanto già esposto nel primo motivo, senza aggiungere nuovi profili di violazione di legge. Sostenere la necessità di un’assoluzione sulla base di una diversa valutazione delle prove è, ancora una volta, una questione di merito che esula dalle competenze della Cassazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Mentre i primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) si occupano di accertare i fatti e valutare le prove, la Corte di Cassazione ha il compito esclusivo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Proporre alla Suprema Corte una riconsiderazione delle prove o una diversa interpretazione degli eventi significa presentare un ricorso con vizi che ne determinano l’inammissibilità.

Le Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, poiché la Corte ha ravvisato una ‘colpa’ nella proposizione di un ricorso ‘evidentemente inammissibile’, ha condannato il ricorrente al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea un’importante lezione pratica: un ricorso per Cassazione deve essere attentamente ponderato e fondato su vizi di legittimità concreti e specifici. Tentare di trasformare la Cassazione in un terzo grado di merito non solo è inutile, ma può anche risultare economicamente svantaggioso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non riguardavano violazioni di legge (vizi di legittimità), ma si concentravano su una richiesta di rivalutazione delle prove e dei fatti (questioni di merito), compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Cosa non si può chiedere alla Corte di Cassazione in un ricorso?
Non si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare il compendio probatorio, ovvero di valutare nuovamente le testimonianze, i documenti o altre prove per giungere a una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella stabilita dai giudici di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso palesemente inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa evidente del ricorrente, quest’ultimo viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato discrezionalmente dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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