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Ricorso inammissibile: motivi di fatto e generici

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per lesioni personali. I motivi del ricorso sono stati ritenuti in parte contestazioni di fatto non ammesse in sede di legittimità, in parte generici e in parte un’infondata critica alla valutazione discrezionale del giudice di merito sul bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Contestazioni non Superano il Vaglio della Cassazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato dalla Corte di Cassazione, delineando i confini invalicabili tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il caso riguarda un imputato che, dopo la conferma della sua condanna per lesioni in appello, ha tentato la via del ricorso in Cassazione, vedendoselo però respingere per una serie di vizi procedurali e di sostanza. Analizziamo le ragioni di questa decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali aggravate (artt. 582-585 c.p.), ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente tre:
1. Una contestazione generale sulla sua responsabilità penale.
2. Una critica alla sussistenza dell’aggravante dei futili motivi.
3. La richiesta di considerare prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti, con conseguente mitigazione della pena.
In aggiunta, il difensore ha depositato una memoria difensiva a ridosso dell’udienza, risultata però tardiva.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte ha esaminato ciascun motivo, giungendo alla conclusione che nessuno di essi fosse meritevole di accoglimento. La decisione si fonda su principi consolidati del diritto processuale penale.

Primo Motivo: Le Doglianze in Fatto

La Corte ha subito liquidato il primo motivo, relativo alla responsabilità dell’imputato, qualificandolo come una serie di “doglianze in fatto”. Questo significa che l’appellante non stava contestando un errore di diritto commesso dai giudici precedenti, ma cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Tale operazione è preclusa in sede di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito della vicenda.

Secondo Motivo: La Genericità della Contestazione

Anche il secondo motivo, riguardante l’aggravante dei futili motivi, è stato respinto. La Corte lo ha giudicato “intrinsecamente generico”, in quanto si limitava a enunciazioni astratte senza un riferimento specifico e concreto alle peculiarità del caso. Un motivo di ricorso, per essere valido, deve essere specifico e indicare chiaramente quale errore di diritto sarebbe stato commesso, non può risolversi in una mera affermazione teorica.

Terzo Motivo e il Bilanciamento delle Circostanze

Il terzo motivo, che invocava un diverso bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti previsto dall’art. 69 c.p., è stato dichiarato “manifestamente infondato”. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la comparazione tra circostanze è una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. Il sindacato della Cassazione su questo punto è limitato ai soli casi di palese illogicità o di motivazione assente, eventualità non riscontrate nel caso di specie. La Corte d’Appello aveva infatti giustificato la sua scelta di considerare equivalenti le circostanze opposte, ritenendola la soluzione più adeguata a garantire una pena congrua.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si basa sulla netta distinzione tra i compiti del giudice di merito e quelli del giudice di legittimità. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che garantisce l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. I motivi del ricorrente si sono scontrati proprio contro questo principio: chiedevano alla Corte di fare ciò che non le compete, ovvero una nuova valutazione delle prove e delle scelte discrezionali (e motivate) dei giudici dei gradi precedenti. La tardività della memoria difensiva, inoltre, ha precluso ogni possibilità di aggiungere ulteriori elementi, confermando la debolezza complessiva dell’impianto difensivo.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma che per accedere al giudizio di Cassazione non è sufficiente essere insoddisfatti della sentenza di condanna. È necessario formulare censure precise, che denuncino specifici errori di diritto (violazione di legge o vizi di motivazione) e non si limitino a riproporre questioni di fatto già ampiamente dibattute. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di un approccio tecnico e rigoroso nella redazione dei ricorsi per Cassazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano infondati: il primo consisteva in una contestazione dei fatti, non ammessa in Cassazione; il secondo era troppo generico e astratto; il terzo contestava una valutazione discrezionale e motivata del giudice di merito sul bilanciamento delle circostanze, che non è sindacabile in sede di legittimità se non per palese illogicità.

Cosa significa che un motivo di ricorso è una “doglianza in fatto”?
Significa che il ricorrente sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e di ricostruire diversamente i fatti del processo. Questo non è consentito, poiché la Cassazione è un giudice di legittimità, che valuta solo la corretta applicazione delle norme di diritto, e non un giudice di merito.

La Corte di Cassazione può modificare la valutazione del giudice sul bilanciamento tra aggravanti e attenuanti?
No, di regola non può. Il giudizio di comparazione tra le circostanze (art. 69 c.p.) è una valutazione discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è frutto di un palese arbitrio, di un ragionamento illogico o se è priva di una motivazione sufficiente, come chiarito anche dalla giurisprudenza citata nell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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