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Ricorso inammissibile: motivi di appello infondati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da due imputati, condannati per associazione per delinquere e reati fiscali. I motivi, incentrati sulla presunta illegittimità di un atto compiuto da un giudice ricusato e sull’intervenuta prescrizione, sono stati ritenuti manifestamente infondati. La sentenza chiarisce i limiti dell’attività del giudice in pendenza di ricusazione e i criteri per determinare la cessazione della permanenza nel reato associativo, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione fa chiarezza su ricusazione e prescrizione

Quando un appello in Cassazione viene definito un ricorso inammissibile? La recente sentenza n. 34483/2025 della Terza Sezione Penale offre spunti cruciali, rigettando le doglianze di due imputati condannati per reati fiscali e associazione per delinquere. La pronuncia analizza con precisione i limiti procedurali legati alla ricusazione del giudice e i criteri per il calcolo della prescrizione nei reati permanenti, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I fatti alla base della vicenda processuale

La Corte d’appello di Bari aveva parzialmente riformato una sentenza di primo grado, dichiarando prescritti alcuni capi d’imputazione a carico di due soggetti, padre e figlio, ma confermando la condanna per altri gravi reati, tra cui l’associazione per delinquere finalizzata a frodi fiscali. Le pene erano state rideterminate, ma la struttura portante della condanna era rimasta in piedi. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure di natura sia procedurale che sostanziale.

I motivi del ricorso: perché l’appello è stato presentato

La difesa ha basato il proprio ricorso su cinque motivi principali, cercando di smontare la decisione della Corte territoriale:

1. Violazione delle norme sulla ricusazione: Si contestava la legittimità dell’ordinanza di separazione processuale, in quanto emessa da un collegio di cui faceva parte un giudice la cui istanza di ricusazione era ancora pendente.
2. Intervenuta prescrizione: Si sosteneva che il reato associativo fosse ormai estinto, poiché la condotta criminale doveva considerarsi cessata al momento dell’arresto degli imputati e del sequestro delle società coinvolte.
3. Mancata riduzione della confisca: A seguito della prescrizione di alcuni reati fiscali, la difesa lamentava la mancata riduzione proporzionale della confisca per equivalente disposta in primo grado.
4. Insussistenza della responsabilità penale: Veniva contestata la responsabilità per uno specifico capo d’imputazione, ritenendo le prove insufficienti.
5. Carenza di motivazione sul dolo: Si lamentava l’assenza di una motivazione adeguata sull’elemento soggettivo del dolo specifico di evasione, necessario per i reati tributari.

La decisione della Cassazione: la dichiarazione di ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda sulla manifesta infondatezza e, in alcuni casi, sulla genericità dei motivi proposti. La Corte non solo ha confermato la condanna, ma ha anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, oltre al risarcimento in favore della parte civile, l’amministrazione finanziaria.

Le motivazioni della Corte

La sentenza si sofferma analiticamente su ciascun motivo di ricorso, fornendo chiarimenti importanti.

La questione del giudice ricusato

La Corte ha smontato il primo motivo, chiarendo un punto fondamentale della procedura penale. In pendenza di un’istanza di ricusazione, al giudice è vietato solo “pronunciare sentenza” (art. 37, comma 2, c.p.p.). Egli non è invece inibito dal compiere altri atti processuali. Nel caso specifico, l’ordinanza di separazione delle posizioni processuali non solo era un atto legittimo, ma era stata adottata proprio per garantire l’imparzialità del giudizio, assicurando che gli imputati fossero giudicati da un collegio diverso da quello in cui sedeva il giudice ricusato. Pertanto, nessun pregiudizio è derivato ai ricorrenti.

Il calcolo della prescrizione nel reato associativo

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. Per i reati permanenti come l’associazione per delinquere, la giurisprudenza costante afferma che, in assenza di una data certa di cessazione della condotta, la permanenza si protrae fino alla sentenza di primo grado. L’arresto di un membro non determina automaticamente la cessazione della sua partecipazione al sodalizio. La Corte, effettuando un calcolo preciso, ha dimostrato che, anche accogliendo la tesi difensiva di una cessazione nell’ottobre 2017, il termine di prescrizione non sarebbe comunque maturato alla data della sentenza d’appello.

La genericità degli altri motivi

Gli altri motivi del ricorso sono stati liquidati come inammissibili per la loro genericità. La censura sulla confisca non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio, rendendola inammissibile in sede di legittimità. Le doglianze sulla responsabilità penale e sul dolo specifico, invece, non si confrontavano specificamente con la solida motivazione della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre questioni già valutate e respinte dai giudici di merito.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La pronuncia ribadisce principi fondamentali per chi affronta un processo penale. In primo luogo, un ricorso inammissibile è la conseguenza di motivi non solidi, generici o contrari a principi giurisprudenziali consolidati. In secondo luogo, le garanzie procedurali, come la ricusazione, devono essere utilizzate secondo le loro finalità e non come strumenti meramente dilatori. Infine, la sentenza sottolinea l’importanza di formulare motivi di appello specifici e pertinenti, che dialoghino criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, pena la loro irrilevanza e il rigetto del ricorso.

Un giudice la cui ricusazione è pendente può compiere atti processuali?
Sì. Secondo la Corte, l’art. 37 del codice di procedura penale vieta al giudice ricusato solo di pronunciare o concorrere a pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta la decisione sulla ricusazione. Può quindi compiere altri atti del procedimento, come disporre la separazione processuale.

Quando cessa la permanenza di un reato associativo ai fini della prescrizione?
La Corte ribadisce che, in assenza di prove specifiche sulla cessazione della condotta (come la dissociazione), la permanenza del reato associativo si considera protratta fino alla data della sentenza di primo grado, che rappresenta il termine ultimo e invalicabile. L’arresto non interrompe automaticamente la partecipazione al sodalizio.

Cosa comporta la presentazione di un ricorso con motivi generici?
Se i motivi di ricorso sono formulati in modo generico, senza un confronto specifico e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non entra nel merito delle questioni sollevate e il provvedimento impugnato diventa definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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