Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34483 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34483  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da NOME VITTORIO PAZIENZA NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
– Presidente –
Sent. n. sez. 1380/2025
UP – 26/09/2025
– Relatore –
R.G.N. 17416NUMERO_DOCUMENTO
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2025 della Corte d’appello di Bari Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ dei ricorsi; udito lÕavvocato di parte civile RAGIONE_SOCIALE che chiede il rigetto dei ricorsi confermando la sentenza del giudice di merito; deposita conclusioni e nota spese. udito l’AVV_NOTAIO per gli imputati che insiste per l’accoglimento dei ricorsi.
Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Bari, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine ai delitti contestati ai capi B, B1, B2, B5, B7 in quanto estinti per intervenuta prescrizione e ha rideterminato la pena nei confronti di ciascun imputato, rispettivamente in anni due, mesi undici di reclusione per COGNOME NOME e relativamente a COGNOME NOME in anni uno, mesi undici e giorni quindici di reclusione. Ha concesso a quest’ultimo i benefici ex artt. 163 e 175 cod.pen. ed ha confermato nel resto l’impugnata sentenza di condanna nei confronti dei predetti in relazione al reato di cui al capo A Ð art. 416 cod.pen. -, capo B3 Ð art. 110 cod.pen., 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 -, B4 Ð art. 110 cod.pen., 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 -, e capo C – art. 110 cod.pen., 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore degli imputati e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti comuni motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione agli articoli 18 e 37 e 41 cod.proc.pen. art. 6 par. 1, Cedu, articoli 111 e 25 Cost. Argomentano i ricorrenti la violazione degli articoli 18 e 37 cod.proc.pen. sul rilievo che senza alcun accordo RAGIONE_SOCIALE parti il processo di appello era stato illegittimamente separato da un collegio nel quale faceva parte un giudice incompatibile, ricusato con procedimento ancora in corso sulla ricusazione. Argomentano i ricorrenti che una volta depositata la richiesta di ricusazione il giudice ricusato, ai sensi degli artt. 37 e 41 cod.proc.pen., non potrebbe concorrere alla decisione, nŽ al compimento di alcun altro atto. LÕart. 41 cod.proc.pen. prevede, infatti, che il procedimento che accoglie la ricusazione stabilisce anche quali atti siano affetti da nullitˆ. Nella fattispecie il giudice ricusato non avrebbe potuto partecipare alla decisione sullo stralcio della posizione dei signori COGNOME NOME e COGNOME NOME. Lo stralcio illegittimo costituirebbe un mero strumento per aggirare le norme sulla ricusazione e, pertanto, tale attivitˆ dovrebbe ritenersi illegittima perchŽ contraria agli artt. 111 e 25 della Costituzione e in violazione altres’ dell’articolo 6 paragrafo 1 Cedu che stabilisce proprio il principio di terzietˆ del giudice, principio violato nel caso concreto avendo un giudice ricusato adottato un atto decisorio quale la separazione degli atti.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 157, 158 e 159 cod.proc.pen. e 83 d.l. 18/2020.
Argomentano i ricorrenti che il reato associativo di cui al capo A sarebbe prescritto in quanto il capo d’imputazione Òin Bari dal 2011 all’attualitˆÓ dovrebbe essere  limitato  temporalmente  al  giugno  2017,  epoca  in  cui  fu  formulata  la richiesta  di  rinvio  a  giudizio  e,  in  ogni  caso,  tenuto  conto  dell’arresto  di  tutti  i componenti della presunta associazione ed il sequestro di tutte le societˆ, deve escludersi che la condotta possa essersi protratta oltre all’ottobre 2017.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 133 cod.pen. e vizio di motivazione in relazione alla confisca e alla mancata riduzione nel minimo della pena. La corte territoriale pur avendo dichiarato l’intervenuta prescrizione di alcuni reati fiscali non avrebbe proceduto ad una riduzione della confisca per equivalente disposta nella sentenza di primo grado con riferimento a tutti i capi di imputazione per i quali era intervenuta condanna. L’entitˆ della pena inflitta poteva essere ridotta al minimo.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione allÕart. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, artt. 110, 114 cod.pen. in relazione allÕaffermazione della responsabilitˆ penale per il capo C), ritenuta solamente perchŽ coinvolti nelle consegne di denaro ai napoletani circostanze che nulla avrebbero a che fare con le contestazioni del reato tributario.
2.5. Con il quinto motivo si deduce la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione all’articolo 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e alla mancanza di motivazione in punto elemento soggettivo del dolo specifico di evasione in relazione a tutti i reati tributari contestati agli imputati.
 Il  Procuratore  generale  ha  concluso  chiedendo  lÕinammissibilitˆ  dei ricorsi.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato per le ragioni qui esposte, e va respinta anche lÕistanza di rinvio del processo avanzata dalla difesa in udienza.
La tesi difensiva secondo cui la Corte dÕappello di Bari non avrebbe potuto pronunciare lÕordinanza di separazione RAGIONE_SOCIALE posizioni degli attuali imputati, con assegnazione ad altro Collegio, in quanto assunta da un Collegio di cui faceva parte il giudice relatore ricusato, è manifestamente infondata perchŽ contraria al dato normativo e alla costante giurisprudenza di legittimitˆ.
In primo luogo, il divieto di compiere qualsiasi atto del procedimento scatta solo  dopo  lÕaccoglimento  della  ricusazione  (art.  42  comma  1  cod.proc.pen.), mentre in pendenza dellÕistanza sussiste solo il divieto di pronunciare sentenza (art. 37 comma 2 cod.proc.pen.).
L’art. 37, comma 2, cod. proc. pen., dispone che “il giudice ricusato non pu˜ pronunciare nŽ concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione”. Dunque, non è normativamente previsto che il giudice ricusato possa compiere attivitˆ processuali nelle more della conclusione del procedimento di ricusazione. Del resto, come ben chiarito dalla pronuncia a Sezioni Unite Tanzi, la disciplina della ricusazione, in quanto tesa ad assicurare il rispetto della imparzialitˆ-terzietˆ del giudice ha immediato rilievo costituzionale e dall’assetto costituzionale mutua valore e forza cogente. ÒProprio tenendo conto di tale rilievo e del significato RAGIONE_SOCIALE garanzie che rappresentano ragione e scopo RAGIONE_SOCIALE disposizioni che regolano gli istituti della incompatibilitˆ-astensione-ricusazione, una invaliditˆ per incapacitˆ da carenza di potere dei provvedimenti decisori assunti dal giudice ricusato, non pu˜ che dipendere dalla circostanze che dell’imparzialitˆ, essenziale al giusto processo o al corretto esercizio del potere giurisdizionale in concreto sia effettivamente accertato il difetto. Fare derivare, invece, la incapacitˆ del giudice,
e per conseguenza il necessario annullamento della sua decisione con rinvio ad altro giudice, dalla mera esistenza di una ricusa di parte interessata, pur quando questa sia dichiarata inammissibile o infondata, finirebbe per determinare invece un non giustificato sacrificio dell’ordinato svolgimento del processo e della sua ragionevole durata, oltre che l’irrazionale conseguenza che con la sua sola denunzia la parte incida sulla individuazione del giudice. Anche in questo caso, difatti, alla scelta processuale di parte sarebbe, in definitiva, rimessa la permanenza della titolaritˆ del giudizio in capo al giudice che ne è investito. Esito, questo, non solo irragionevole, ma anche in contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge, dal quale la parte verrebbe o potrebbe chiedere di essere distolta (cfr., per tale accezione della naturalitˆ del giudice: Corte cost., sent. n. 51 del 1997, in relazione alla assenza di incompatibilitˆ con le funzioni del giudizio del giudice che abbia adottato, in dibattimento, una misura cautelareÓ (Sez. U, n. 23122 del 27/01/2011, Tanzi, Rv. 249735 Ð 01).
Quindi, va esclusa in radice lÕopzione interpretativa sostenuta dai ricorrenti secondo cui il giudice nei confronti del quale pende la decisione sulla ricusazione non possa compiere alcun atto del processo e, quanto al caso in esame, lÕordinanza di separazione degli atti nei confronti dei ricorrenti.
Ma è decisivo osservare che, nel caso concreto, alcun pregiudizio è derivato dalla decisione di separazione degli atti che è stata adottata proprio per garantire la  imparzialitˆ-terzietˆ  del  giudice  che  ha  giudicato  gli  attuali  imputati.  Di  fatti occorre rammentare che i ricorrenti sono stati giudicati da un Collegio nel quale non  faceva  parte  il  giudice  ricusato,  sicchè  nessun  pregiudizio  è  derivato  nei confronti dei ricorrenti.
Quindi, nessuna nullitˆ della sentenza oggi impugnata potrebbe derivare dal provvedimento di separazione adottato dal Collegio di cui faceva parte il giudice ricusato quandÕanche venisse accolta lÕistanza di ricusazione allÕudienza allÕuopo fissata allÕesito della sentenza di annullamento RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, tenuto altres’ conto che nessun pregiudizio è derivato ai ricorrenti proprio perchŽ a seguito della separazione sono stati giudicati da un giudice terzo-imparziale e che in tema di riunione e separazione dei processi, nel caso di inosservanza degli artt. 17, 18 e 19 cod. proc. pen. non è prevista alcuna sanzione di nullitˆ, nŽ alcun mezzo di impugnazione avverso il relativo provvedimento (Sez. 3, n. 17368 del 31/01/2019, NOME, Rv. 275945 Ð 02).
Per le medesime ragioni va, conseguentemente, respinta lÕistanza di rinvio per attendere lÕesito sulla istanza di ricusazione trattandosi di procedimenti distinti.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti manifestamente infondato.
Assumono i ricorrenti che il reato associativo la cui contestazione era c.d. aperta (in Bari dal 2011 allÕattualitˆ) si sarebbe prescritto (si intende) prima della
sentenza in appello, posto che la data di cessazione della permanenza dovrebbe intendersi alla data del rinvio a giudizio al giugno 2017 o al più tardi nellÕottobre del 2017, data dellÕarresto degli imputati e del sequestro RAGIONE_SOCIALE societˆ.
Sotto un primo profilo è costante la giurisprudenza di legittimitˆ nel ritenere che in tema di reato associativo, laddove la contestazione sia formulata senza specificazione del termine finale della condotta, la pronuncia della sentenza di primo grado segna il termine ultimo e invalicabile della protrazione della permanenza del reato, in quanto la condotta futura dell’imputato trascende necessariamente l’oggetto del giudizio (Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, Amato Rv. 259482 Ð 01) e che in tema di associazione per delinquere, il sopravvenuto stato detentivo di un soggetto non determina la necessaria ed automatica cessazione della partecipazione al sodalizio, atteso che la perdurante appartenenza al gruppo di persona della quale sia provata l’affiliazione pu˜ essere correttamente ritenuta in qualunque momento ove manchi la notizia di una sua intervenuta dissociazione (Sez. 2, n. 17100 del 22/03/2011, Curtopelle, Rv. 250021 Ð 01).
In ogni caso, seguendo la tesi difensiva secondo cui la data della cessazione della permanenza debba essere indicata nellÕottobre 2017, al momento dellÕarresto degli imputati e del sequestro RAGIONE_SOCIALE societˆ cartiere, la prescrizione del reato associativo non era maturata al tempo della sentenza di secondo grado per COGNOME NOME, quale partecipe, essendo i termini di prescrizione di cui agli artt. 157 e 161 cod.pen., nella misura di anni sette e mesi sei, decorsi al mese di aprile 2025, successivamente alla sentenza impugnata del 21/02/2025; con riguardo a COGNOME NOME, promotore e organizzatore, i termini di prescrizione, pari ad anni otto e mesi nove, non sono ancora decorsi.
Peraltro,  si  anticipa  che  lÕinammissibilitˆ  del  ricorso  per  cassazione  per qualsiasi causa impedisce lÕistaurazione del rapporto processuale e non consente il rilievo della prescrizione maturata nelle more del giudizio di legittimitˆ per il solo COGNOME NOME.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Si osserva che il Tribunale di Bari aveva disposto la confisca, ai sensi dellÕart. 12 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 del profitto dei reati commessi dagli imputati di cui è stata accertata la responsabilitˆ penale nella misura dellÕimposta evasa corrispondente alle operazioni indicate per ciascuno nei rispettivi capi di imputazione (cfr. pag. 38). I ricorrenti non avevano impugnato il capo della sentenza sulla confisca, nŽ in relazione ai presupposti, nŽ con riguardo alla determinazione di questa.
Ora, le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel dirimere un contrasto interpretativo  in  tema  di  confisca  nei  casi  di  proscioglimento  per  intervenuta
prescrizione in grado di appello, hanno affermato che la disposizione dell’art. 578- cod. proc. pen. ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale ed è, pertanto, inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, d.lgs. 1¡ marzo 2018, n. 21, che ha introdotto la suddetta disposizione, con la conseguenza che detta confisca non pu˜ essere mantenuta. Ma ha, altres’, affermato che Çla relativa statuizione (della confisca per equivalente) è eliminata, , per effetto della pronuncia di annullamento per intervenuta prescrizione dei reati di cui alla sentenza di condanna, che la confisca di valore aveva dispostoÈ, sicchè residua unicamente la determinazione dellÕammontare per i reati non dichiarati prescritti ad opera del giudice dellÕesecuzione.
Connotato da assoluta genericitˆ è la censura sul trattamento sanzionatorio nella quale i ricorrenti lamentano la mancata riduzione della pena.
Il quarto motivo è del tutto generico e privo di confronto specifico con la decisione impugnata.
LÕaccertamento della penale responsabilitˆ in relazione al reato di cui al capo C) Ð art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 Ð nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, succedutisi nella carica di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, oggetto di doppio conforme accertamento, poggia su un solido apparato argomentativo che non è specificatamente contrastato dalle deduzioni difensive. Deve osservarsi che, quando alla posizione di COGNOME NOME, egli ha ammesso tutti i reati scopo (cfr. pag. 114) nel contesto del sistema fraudolento ideato dal commercialista COGNOME e dal COGNOME medesimo. Quanto al COGNOME NOME la sua piena e consapevole partecipazione è ben delineata a pagg. 111 e ss. e con riferimento al reato di frode fiscale, la sentenza impugnata ha dato atto come per lungo tempo COGNOME NOME avesse assunto una posizione del tutto omogenea a quella del padre, organizzatore e promotore del sodalizio, sicchè manifestamente infondata è lÕulteriore censura difensiva che si appunta sul mancato riconoscimento della circostanza di cui allÕart. 114 cod.pen.
Quanto al quinto motivo di ricorso che lamenta in via del tutto generica lÕassenza di motivazione del dolo specifico dei reati tributari in capo ai ricorrenti, mette conto rilevare, il Collegio, che giˆ la sentenza di appello aveva rilevato la genericitˆ del motivo di appello (pag. 114), sicchè il motivo generico rimane viziato della medesima genericitˆ.
 I  ricorsi  devono  essere  dichiarati  inammissibili  e  i  ricorrenti  devono essere  condannati  al  pagamento  RAGIONE_SOCIALE  spese  processuali  ai  sensi  dellÕart.  616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi
siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
10. Gli imputati devono essere condannato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di di rappresentanza  e  difesa  sostenute  nel  presente  giudizio  dalla  parte  civile  che liquida in complessivi euro 4000, oltre accessori di legge.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 4000, oltre accessori di legge.
Cos’ è deciso, 26/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME