Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 854 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 854 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOMECOGNOME nato a Ostuni il 10/06/1982 COGNOME NOMECOGNOME nato a Salerno il 18/05/2001
avverso la sentenza del 25/06/2024 della Corte d’appello di Salerno dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME presentati con un unico atto;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 10, 12 e 14 della legge 14 ottobre del 1974, n. 497, per avere i giudici di merito erroneamente configurato un concorso formale tra i due reati ascritti agli odierni ricorrenti escludendo l’assorbimento di quello di detenzione di armi in quello di porto di armi in luogo pubblico, non è consentito in questa sede oltre che manifestamente infondato;
che, infatti, preliminarmente, deve osservarsi come la suddetta doglianza risulti fondata su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, con corretti e logici argomenti giuridici e facendo applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (si veda, in particolare, la pag. 5 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici, ma soltanto apparenti,,
in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta l’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche in favore degli odierni ricorrenti, è manifestamente infondato, in presenza di una motivazione che risulta esente da illogicità (si veda, in particolare, la pag. 5 dell’impugnata sentenza), con cui la Corte territoriale ha esplicato le ragioni a sostegno del suo convincimento, dovendosi a tale proposito sottolineare come i giudici di appello abbiano fatto corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il diniego delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. ben può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv. con modif. dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato, potendosi in quest’ottica valorizzare anche i soli precedenti penali (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), e non essendo necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
ritenuto che anche il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’eccessività della pena come determinata dal primo giudice e confermata dalla Corte territoriale, con particolare riferimento all’aumento stabilito a titolo di continuazione, è manifestamente infondato poiché, secondo l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, sul punto, l’onere argomentativo è stato congruamente assolto, avendo i giudici di appello sottolineato come la pena determinata dal giudice di prime cure, tra l’altro contenuta in valori prossimi al minimo edittale, non possa essere oggetto di ulteriori diminuzioni, e indicato gli elementi ritenuti decisivi o rilevanti in t senso (si veda, in particolare, la pag. 6 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con l condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.