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Ricorso inammissibile: motivazione generica e pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto pluriaggravato. Il motivo del ricorso, volto a ottenere una riduzione della pena al minimo, è stato giudicato troppo generico e vago. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva correttamente motivato la sua decisione basandosi sui precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un importante spunto di riflessione sui requisiti formali di un’impugnazione nel processo penale. Quando un ricorso è troppo vago, il rischio concreto è che venga dichiarato un ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché la specificità dei motivi è un elemento cruciale.

I Fatti del Caso: La Condanna per Furto Pluriaggravato

Il caso trae origine da una condanna per furto pluriaggravato emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un unico vizio: la mancata riduzione della pena al minimo edittale. A suo dire, la motivazione della sentenza d’appello era errata nel non concedergli il trattamento sanzionatorio più favorevole previsto dalla legge.

L’Appello e il Motivo del Ricorso Inammissibile

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte riguarda la qualità del motivo di ricorso. Secondo i giudici, l’atto presentato dalla difesa era affetto da genericità e indeterminatezza. L’articolo 581 del codice di procedura penale richiede, infatti, che l’impugnazione indichi in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che la sostengono.

Nel caso di specie, l’imputato si era limitato a denunciare un vizio di motivazione senza però specificare quali fossero gli elementi trascurati o mal valutati dalla Corte d’Appello. Questa vaghezza ha impedito alla Cassazione di comprendere appieno le critiche mosse alla sentenza e, di conseguenza, di esercitare il proprio potere di controllo. Un ricorso inammissibile è la diretta conseguenza di questa carenza.

La Discrezionalità del Giudice nella Graduazione della Pena

Oltre al profilo formale, la Corte ha definito il ricorso anche manifestamente infondato nel merito. Ha ricordato un principio cardine del nostro sistema: la graduazione della pena, ovvero la scelta della sanzione concreta tra il minimo e il massimo previsti dalla legge, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Questa discrezionalità non è arbitraria, ma guidata dai criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole, desunta anche dai suoi precedenti penali. Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato la loro decisione, valorizzando i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato e sottolineando come la pena inflitta fosse già attestata su livelli minimi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha concluso che il giudice d’appello aveva assolto in modo adeguato al suo onere motivazionale. La sentenza impugnata faceva un chiaro riferimento agli elementi considerati decisivi per la determinazione della pena, in particolare i reiterati precedenti penali del soggetto. Non era quindi ravvisabile alcun vizio logico o giuridico nella decisione.

La genericità del motivo di ricorso, unita alla manifesta infondatezza delle censure, ha portato a una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione impedisce un esame nel merito delle questioni sollevate e rende definitiva la condanna.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi opera nel diritto penale: un’impugnazione deve essere redatta con la massima precisione e chiarezza. Non è sufficiente lamentare un errore del giudice, ma è necessario articolarlo in modo dettagliato, indicando specificamente le parti della sentenza che si contestano e le ragioni giuridiche a supporto. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche un ulteriore aggravio di spese per il ricorrente, che in questo caso è stato condannato a versare 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Cosa rende un ricorso penale inammissibile per genericità?
Un ricorso è inammissibile per genericità quando non indica in modo specifico i motivi di diritto e gli elementi di fatto che lo sostengono, come richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. In pratica, non chiarisce quali specifici errori avrebbe commesso il giudice nella sentenza impugnata.

Il giudice ha piena libertà nel decidere l’entità della pena?
No, non ha piena libertà ma un’ampia discrezionalità. Il giudice deve muoversi entro i limiti minimi e massimi fissati dalla legge per quel reato e deve motivare la sua scelta basandosi sui criteri legali degli artt. 132 e 133 c.p., come la gravità del fatto e i precedenti penali del condannato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza di condanna impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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