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Ricorso inammissibile: motivazione generica della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché l’imputato contestava la quantificazione della pena con motivazioni generiche e indeterminate. L’ordinanza ribadisce che la graduazione della pena è una prerogativa discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logicamente corretta. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

Nel complesso mondo della giustizia penale, l’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche nel rispetto rigoroso delle regole procedurali. Un esempio lampante è il caso del ricorso inammissibile, una situazione in cui l’appello viene respinto prima ancora di essere discusso nel contenuto, a causa di vizi formali o sostanziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’occasione preziosa per approfondire uno dei motivi più comuni di inammissibilità: la genericità della contestazione, specialmente quando riguarda la quantificazione della pena.

L’Analisi del Caso in Esame

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Brescia, decideva di presentare ricorso in Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio. In pratica, il ricorrente contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici avevano determinato l’entità della sua pena. Sosteneva che tale motivazione fosse generica e indeterminata, e quindi non adeguata.

Tuttavia, la Suprema Corte ha valutato il ricorso in modo molto diverso, arrivando a una conclusione netta e severa per l’imputato.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

Con l’ordinanza n. 2239 del 2024, la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione (cioè se la pena fosse giusta o meno), ma si è fermata a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che il ricorso non possedeva i requisiti minimi richiesti dalla legge per poter essere esaminato.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, un esito che aggrava la sua posizione economica oltre alla condanna già subita.

Le Motivazioni dell’Ordinanza

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi chiari e consolidati nella giurisprudenza.

Genericità e Mancanza dei Requisiti di Legge

Il primo motivo di inammissibilità risiede nella violazione dell’articolo 581, comma 1, lettera c), del Codice di procedura penale. Questa norma impone a chi presenta un ricorso di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono ogni richiesta. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a criticare la motivazione della sentenza in modo generico, senza individuare con precisione gli elementi che, a suo dire, la rendevano illogica o errata. Questa indeterminatezza ha impedito alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio ruolo di controllo, rendendo il ricorso inammissibile per difetto di specificità.

La Discrezionalità del Giudice di Merito sulla Pena

Il secondo punto, altrettanto cruciale, riguarda i limiti del giudizio di legittimità. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la graduazione della pena, ovvero la scelta della sua entità concreta tra il minimo e il massimo previsti dalla legge, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del Codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.). La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge. Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e logicamente corretta, facendo riferimento a elementi decisivi contenuti nella sentenza impugnata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito importante per la difesa tecnica: un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione di lamentele generiche. Per contestare efficacemente una sentenza, e in particolare il trattamento sanzionatorio, è indispensabile articolare una critica precisa, specifica e ancorata a precisi vizi di legittimità. Sfidare la discrezionalità del giudice sulla pena senza dimostrare una manifesta illogicità o una violazione di legge si traduce quasi sempre in una declaratoria di ricorso inammissibile, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni per l’imputato. La specificità non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del diritto a un’impugnazione efficace.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo era generico e indeterminato, non indicando specificamente gli elementi che, secondo il ricorrente, rendevano errata la motivazione della sentenza impugnata, come invece richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, la quantificazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. In Cassazione (sede di legittimità) non è possibile contestare questa scelta discrezionale, a meno che la motivazione del giudice non sia manifestamente illogica o non abbia applicato correttamente i principi di legge, come quelli contenuti negli artt. 132 e 133 del codice penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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