Ricorso Inammissibile: Quando la Motivazione sulla Recidiva è Sufficiente
Presentare un ricorso in Cassazione richiede motivi specifici e ben argomentati, altrimenti si rischia una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo principio è stato ribadito da una recente ordinanza della Suprema Corte, che ha respinto l’impugnazione di un imputato contro la valutazione della recidiva effettuata dai giudici di merito. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 496 del codice penale. La sentenza, emessa dal Tribunale, veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione relativo all’applicazione della recidiva.
Secondo la difesa, la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente giustificato le ragioni per cui la recidiva era stata presa in considerazione nel calcolo della pena, limitandosi a un generico riferimento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Questa decisione ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese del procedimento e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione e il concetto di Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nella valutazione della Corte Suprema riguardo alla sufficienza della motivazione fornita dai giudici di secondo grado. La Cassazione ha chiarito che il motivo di ricorso era palesemente infondato, poiché la Corte d’Appello aveva, in realtà, adempiuto al suo obbligo di motivazione.
I giudici di legittimità hanno osservato che la sentenza impugnata aveva dato conto di aver valutato la situazione specifica del ricorrente seguendo i criteri dettati dall’articolo 133 del codice penale. In particolare, era stato considerato il rapporto esistente tra il fatto per cui si procedeva e le precedenti condanne riportate dall’imputato. Questa analisi aveva portato la Corte d’Appello a ritenere congrua la pena inflitta.
La Cassazione ha quindi ribadito un principio fondamentale: per contestare la valutazione sulla recidiva, non è sufficiente una critica generica e astratta. È necessario, invece, che il ricorrente articoli censure specifiche che dimostrino l’illogicità o la contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito. In assenza di tali elementi, il ricorso si rivela un tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, portando inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche
Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, sottolinea la severità con cui la Corte di Cassazione valuta i presupposti di ammissibilità dei ricorsi. Un’impugnazione non può essere una mera riproposizione delle proprie tesi, ma deve individuare vizi specifici di legittimità nella sentenza contestata.
In secondo luogo, conferma che la valutazione della recidiva rientra nell’ambito del potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, se esercitato in modo logico e coerente con i criteri normativi (come l’art. 133 c.p.), non è sindacabile in sede di legittimità. Infine, la condanna al pagamento delle spese e della sanzione alla Cassa delle ammende, prevista dall’art. 616 c.p.p., funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente dilatori o infondati, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
È sufficiente lamentare un vizio di motivazione sulla recidiva per ottenere l’annullamento della sentenza?
No. Secondo l’ordinanza, non basta una critica generica. L’appello è manifestamente infondato se il giudice di merito ha dimostrato di aver valutato la questione in base ai criteri legali, come quelli previsti dall’art. 133 del codice penale, analizzando il rapporto tra il reato attuale e le condanne precedenti.
Quale valutazione compie la Corte di Cassazione sul motivo di ricorso relativo alla recidiva?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma verifica se la motivazione del giudice di merito sia logica, coerente e conforme alla legge. Se la sentenza impugnata spiega in modo adeguato le ragioni della sua decisione sulla recidiva, il ricorso viene ritenuto infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27321 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27321 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 10799/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a Gela il 17/08/1977; avverso la sentenza del 18/02/2025 della Corte d’appello di Catania; dato avviso alle parti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Catania, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 496 cod. pen.;
che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce vizio di motivazione quanto all’applicazione della recidiva, Ł manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale dato conto di aver valutato, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne e, successivamente, della congruità della pena irrogata (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’articolo 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 09/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME