Ricorso inammissibile: quando i precedenti penali bloccano i benefici
L’esito di un processo non sempre si conclude con i gradi di merito. Spesso, la parola fine viene posta dalla Corte di Cassazione, che però non riesamina i fatti, ma valuta la corretta applicazione della legge. Un recente caso ha messo in luce le conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando la difesa contesta una valutazione discrezionale del giudice basata sulla personalità dell’imputato. L’ordinanza in esame ci offre un chiaro esempio di come la genericità di un’impugnazione e la presenza di precedenti penali possano precludere non solo la riforma della sentenza, ma anche l’accesso a determinati benefici, comportando ulteriori sanzioni economiche.
I fatti del caso
Un soggetto, già condannato dalla Corte di Appello di Palermo per la violazione dell’art. 73, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia), ha proposto ricorso per cassazione. L’impugnazione si basava su un unico motivo: la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di un beneficio. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non aveva adeguatamente giustificato la sua decisione di negargli tale agevolazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione, ovvero non ha stabilito se il ricorrente avesse o meno diritto al beneficio. Piuttosto, ha stabilito che il modo in cui il ricorso era stato presentato non rispettava i requisiti minimi per poter essere esaminato. Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto l’istanza, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le motivazioni del ricorso inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine. In primo luogo, ha definito la doglianza come “manifestamente infondata siccome aspecifica”. Ciò significa che il motivo del ricorso era troppo generico e non individuava in modo preciso e circostanziato le criticità della sentenza impugnata. 
In secondo luogo, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio del giudice di merito sui fatti è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che la motivazione sia logica, non contraddittoria e completa. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva chiaramente motivato il diniego del beneficio facendo leva su elementi concreti, come indicato dall’art. 133 del codice penale. In particolare, era stata evidenziata la “personalità negativa dell’imputato”, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, e l’assenza totale di elementi di valutazione positiva che potessero giustificare la concessione del beneficio. La motivazione della Corte territoriale è stata quindi ritenuta ineccepibile.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: presentare un ricorso in Cassazione richiede un’argomentazione rigorosa e specifica. Non è sufficiente una generica lamentela contro la decisione del giudice di merito, soprattutto quando questa si fonda su una valutazione discrezionale ben motivata. La personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali sono elementi che il giudice ha il dovere di considerare e, se valorizzati in modo logico, rendono la sua decisione difficilmente attaccabile. Inoltre, un ricorso presentato senza solide basi giuridiche non solo è destinato al fallimento, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche significative, come la condanna alle spese e al pagamento di una sanzione alla Cassa delle ammende.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e aspecifico, ovvero generico e non sufficientemente dettagliato nel criticare la sentenza impugnata.
Su quali basi i giudici di merito hanno negato il beneficio al ricorrente?
I giudici hanno negato il beneficio basandosi sulla valutazione della personalità negativa dell’imputato, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, e sull’assenza di elementi suscettibili di una valutazione positiva.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5220 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5220  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME TRAPANI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato la sua condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 e, con un unico motivo di ricorso, deduce violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione in punto di diniego del beneficio;
ritenuta la doglianza manifestamente infondata siccome aspecifica;
ribadito che, in materia, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è parimenti insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/1/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, COGNOME, Rv. 259899), deve rilevarsi come la sentenza impugnata ineccepibilmente argomenti, mediante puntuale richiamo all’assenza di elementi a tal fine valorizzabili e, segnatamente, la personalità negativa dell’imputato del quale sono stati richiamati i plurimi precedenti, in una con l’assenza di elementi suscettibili di positiva valutazione;
ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazion (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023