Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23801 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23801 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Mazara del Vallo il 09/08/1975 avverso la ordinanza del 03/01/2025 del Tribunale di Palermo udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo ha confermato la ordinanza cautelare emessa in data 5 dicembre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME con la quale gli è stata applicata la custodia in carcere in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 1 (art. 416bis cod. pen.), 3 (artt. 81, 110, 353, 416-bis.l. cod. pen.), 4 (artt. 56, 81, 110, 629, commi le 2, 416-bis.1 cod. pen.) e 6 (artt. 4 e 7 I. n. 895/67, 416-bis.1 cod. pen.) della rubrica provvisoria.
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo i seguenti motivi.
2.1.Con il primo motivo, vizio cumulativo della motivazione in ordine alla dedotta mancanza di autonoma motivazione della ordinanza genetica, avendo la ordinanza ripercorso la motivazione di quest’ultima in cui la posizione del ricorrente è trattata unitamente a quella di altri coindagati (“i Centonze”) non potendosi integrare una motivazione priva di autonomia; d’altra parte, le ragioni esposte a pg. 3 della ordinanza non soddisfano i requisiti della motivazione sul punto dedotto, essendo i richiami alle pagine del provvedimento genetico all’esame del gruppo “Centonze” di cui si è detto e la ricostruzione dei fatti posti a base delle provvisorie imputazioni senza indicare le autonome motivazioni del Giudice che, invece si è esibito in una motivazione che ricalca fedelmente la richiesta del Pubblico Ministero.
2.2. Con il secondo motivo vizio cumulativo della motivazione in relazione alla dedotta mancanza nel decreto di autorizzazione n. 1283/21 – allegato al ricorso dei requisiti previsti per l’emissione del decreto di autorizzazione dell’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico con riguardo all’art. 267, primo comma, terzo periodo, cod. proc pen.
Trattandosi di intercettazioni effettuate nel 2021, seppur nell’ambito del procedimento originario iscritto nel 2018, le captazioni non possono essere utilizzate nel presente procedimento perché diverso e non connesso ex art. 12 cod. proc. pen. (v. Su Cavallo). Se, invece, si ritiene che si tratta di intercettazion effettuate in relazione al proc. pen. n. 15918/22, iscritto quindi dopo il 2020, manca un idoneo decreto autorizzativo per assenza di adeguata motivazione in ordine all’uso di captatore informatico sulle “ragioni che, in concreto, rendono necessaria tale modalità di svolgimento”, mancando tale motivazione sin dalla stessa richiesta formulata dal Pubblico ministero.
2.3. Con il terzo motivo, violazione di legge penale e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine ai reati provvisoriamente contestati al ricorrente.
Quanto al reato di cui al capo 1, il ruolo associativo del ricorrente è desunto in via presuntiva dai reati di cui ai capi 3, 4 e 6 della rubrica, mancando una motivazione sul richiesto rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio in capo al ricorrente.
Quanto ai reati di cui ai capi 3 e 4 , basti considerare che tutte le interlocuzioni intercorse tra le parti interessate, volte al raggiungimento di accordi sulla partecipazione all’asta, non determinavano alcun vulnus all’interesse protetto dall’art. 353 cod. pen., essendosi l’unica udienza in cui sono state presentate offerte svoltasi regolarmente e che – quanto al capo 4 – le percosse sferrate dal ricorrente al COGNOME sono state conseguenza di una non gradita risposta di questi, ma non finalizzate ad ottenere qualcosa in cambio.
Quanto al capo 6, le conclusioni della ordinanza si fondano solo su mere presunzioni.
2.4. Con il quarto motivo, violazione di legge penale e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., essendosi il provvedimento limitato a richiamare la sola circostanza dell’ipotizzato uso dell’autorità mafiosa da parte di soggetti che ad oggi non sono stati mai ritenuti tali, ovvero NOME COGNOME e NOME COGNOME né che quest’ultimo fosse consapevole dell’uso del metodo mafioso da parte di altri. Quanto alla ipotesi di agevolazione nulla viene espresso dalla ordinanza impugnata.
2.5. Con il quinto motivo, vizio cumulativo della motivazione in ordine alle ritenute esigenze cautelari, non essendo individuata l’alta probabilità che si presenti per l’imputato un’occasione per reiterare il reato della stessa specie, né essendo considerato il considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti, in relazione ai quali le intercettazioni risalgono al 2021/2022.
Peraltro, per le ragioni sopra dette, può dirsi esistente un vincolo solidale tra il ricorrente e la famiglia mafiosa di Mazara del Vallo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è genericamente proposto. Come risulta dalla ordinanza, la difesa aveva eccepito il difetto dell’autonoma valutazione degli indizi “con riguardo alle posizioni di ciascun indagato”.
A tal riguardo, la ordinanza ha rilevato che, pur risultando che la posizione del ricorrente era stata esaminata unitamente a quella del padre NOME COGNOME del ’50 e del cugino NOME COGNOME del ’69, unitariamente considerati come “i Centonze”, ha escluso la mancanza di autonoma motivazione avendo il primo Giudice dimostrato di avere compiutamente esaminato le risultanze investigative in atti, richiamando gli elementi a suo avviso dimostrativi dell’integrazione dei diversi delitti in contestazione (cfr., in particolare, le risultanze richiamate alle pp 613-615,618-620 e 622).
Ritiene questo Collegio che la censura sovrappone due profili non omogenei – quello della cumulativa valutazione delle posizioni di più indagati e l’autonomia della valutazione da parte del primo Giudice – non specificando in quali termini la prima sia indice della mancanza della seconda, in relazione alla quale si limita ad asserire la sovrapponibilità della ordinanza alla richiesta cautelare, laddove alla affermazione da parte del Tribunale della sussistenza dell’autonoma valutazione fa seguito l’indicazione delle parti della ordinanza in cui il Giudice esprime le proprie valutazioni sul compendio indiziario proposto dall’Accusa.
Il secondo motivo è manifestamente infondato oltre che genericamente proposto.
Il Tribunale ha del tutto correttamente rigettato la dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni disposte con decreto n. 1283/2021 R.I.T. per inosservanza della norma di cui al terzo periodo dell’art. 267, primo comma, cod. proc. pen., sul rilievo che si tratta di intercettazioni che riguardano il procedimento contrassegnato dal n. 4589/2018, iscritto in data anteriore a quelli – iscritti dopo il 31 agosto 2020 – alla quale la previsione indicata dalla difesa si applica.
Del tutto generica è la censura sulla mancanza di connessione tra i reati oggetto del predetto procedimento e quelli per i quali si procede nell’ambito del presente procedimento.
4. Il terzo motivo è genericamente proposto per ragioni in fatto.
Quanto al reato di cui al capo 1, incensurabile è la motivazione posta a base della ritenuta gravità indiziaria (v. par. 9 della ordinanza) desunta dalla commissione dei reati di cui ai capi 3 e 4, oltre che dall’intervento nella regolazione di vicende private, che designano l’esplicitazione del ruolo mafioso del ricorrente e la sua acquisita autorevolezza in conformità all’autorevole orientamento secondo il quale la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento
dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889
– 01).
Quanto al reato di cui al capo 3, la censura è generica rispetto alla ricostruzione degli incontri volti a condizionare l’esito dell’asta, il patto intervenuto
con colui che si aggiudica il bene (COGNOME), la promessa di remunerazione a coloro che erano intervenuti, appartenenti alle due fazioni mafiose.
Quanto al reato di cui al capo 4, la censura è genericamente proposta in fatto rispetto alla aggressione posta in essere dal ricorrente ai danni dello stesso
COGNOME al fine di costringerlo a rispettare i patti conclusi nel corso della procedura.
Quanto al reato di cui al capo 6, la censura è generica rispetto alla inequivoca captazione in cui è il ricorrente stesso ad ammettere di portare con sé l’arma.
5. Il quarto motivo è genericamente proposto rispetto alla ritenuta appartenenza mafiosa del ricorrente e alla estrinsecazione del metodo correlato,
al di là della stessa carenza di interesse, in costanza della contestazione associativa, per mancanza di incidenza del profilo sull’an e sul
quomodo della
misura (Sez. 6 , n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028).
Il quinto motivo è genericamente proposto per ragioni in fatto in relazione alla insuperata doppia presunzione cautelare vigente in materia e, comunque, degli indici di pericolosità concretamente considerati (v. par. 10 della ordinanza impugnata).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 08/05/2025.