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Ricorso inammissibile: motivazione apparente e difesa

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro un’ordinanza che confermava il rigetto di un’istanza di revoca di una misura cautelare. Il ricorso si basava sulla presunta illeggibilità dell’atto del G.I.P., ma la Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato, sottolineando che il tribunale d’appello aveva fornito una motivazione specifica e, soprattutto, che mancavano elementi di novità tali da giustificare la revoca della misura.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Mancanza di Novità Supera il Vizio Formale

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, Num. 1197 del 2024, offre un importante chiarimento sui criteri di ammissibilità dei ricorsi in materia di misure cautelari. Il caso in esame dimostra come, anche di fronte a presunti vizi formali come l’illeggibilità di un provvedimento, il fattore decisivo per la revoca di una misura resti la presenza di elementi nuovi e concreti. Questa pronuncia ribadisce la solidità dei principi che governano il sistema cautelare, rendendo un ricorso inammissibile se privo di sostanza innovativa.

I Fatti del Caso: Dalla Misura Cautelare al Ricorso

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel 2018 dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Potenza. Il provvedimento riguardava un soggetto indagato per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti (artt. 73 e 74 D.P.R. 309/1990). L’ordinanza non era stata eseguita, portando alla dichiarazione dello stato di latitanza dell’indagato.

Successivamente, la difesa presentava un’istanza per la revoca della misura cautelare. Il G.I.P. rigettava la richiesta. Contro tale rigetto, veniva proposto appello al Tribunale, che a sua volta lo respingeva. La difesa decideva quindi di presentare ricorso per cassazione, basando la propria impugnazione su un unico motivo: la presunta violazione del diritto di difesa a causa dell’incomprensibilità del testo manoscritto del provvedimento originale del G.I.P., che ne configurava una ‘motivazione apparente’.

La Decisione della Cassazione: Analisi del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. La decisione si articola su due pilastri argomentativi fondamentali, che smontano la tesi difensiva e riaffermano i principi cardine del riesame delle misure cautelari.

La Questione della Presunta Illeggibilità dell’Atto

In primo luogo, i giudici di legittimità hanno osservato che il Tribunale del riesame aveva già affrontato e risolto la questione. Nell’ordinanza impugnata, infatti, era presente una specifica motivazione che escludeva la pretesa indecifrabilità del provvedimento del G.I.P. Di conseguenza, la doglianza della difesa non trovava fondamento, essendo stata già valutata e respinta nel grado di merito.

Il Principio Decisivo per un Ricorso Inammissibile: La Mancanza di Elementi di Novità

Il punto cruciale della decisione, tuttavia, risiede altrove. La Corte ha sottolineato che il Tribunale aveva correttamente individuato la ragione dirimente per il rigetto dell’appello: l’assoluta mancanza di elementi di novità. Per poter ottenere la revoca di una misura cautelare, non è sufficiente contestare l’atto originario, ma è necessario dimostrare che siano sopraggiunti fatti nuovi in grado di modificare il quadro delle esigenze cautelari (pericolo di fuga, di inquinamento probatorio o di reiterazione del reato) che avevano giustificato l’imposizione della misura.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione è netta: il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché la difesa non ha fornito alcun nuovo elemento di valutazione. La Corte ha implicitamente affermato che, in assenza di fatti sopravvenuti, l’appello cautelare si trasforma in un tentativo di riesaminare nel merito una decisione già presa, scopo per cui l’istanza di revoca non è preposta. Il Tribunale aveva quindi agito correttamente, giustificando la permanenza delle esigenze cautelari sulla base del quadro indiziario e fattuale originario, non scalfito da alcuna novità. L’inammissibilità del ricorso è quindi la logica conseguenza di un’impugnazione che non centra il vero obiettivo del procedimento di revoca.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto processuale penale: un’istanza di revoca di una misura cautelare, e la conseguente impugnazione, devono fondarsi su elementi concreti e nuovi. Attaccare un provvedimento per vizi formali, soprattutto quando questi sono stati già esclusi dal giudice del merito, si rivela una strategia inefficace se non accompagnata da argomenti sostanziali che dimostrino il mutamento delle condizioni originarie. La declaratoria di inammissibilità e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria servono da monito: i mezzi di impugnazione devono essere utilizzati in modo appropriato e non dilatorio, concentrandosi sulla sostanza delle questioni giuridiche.

Un ricorso può essere accolto se si basa solo sulla presunta illeggibilità di un provvedimento scritto a mano?
No. Secondo questa sentenza, se il giudice del grado precedente ha già valutato e motivatamente escluso l’indecifrabilità dell’atto, questo motivo di ricorso è infondato. L’elemento decisivo rimane la sostanza della questione.

Cosa è necessario dimostrare per ottenere la revoca di una misura cautelare in carcere?
Per ottenere la revoca è indispensabile presentare elementi di novità, ovvero fatti nuovi e concreti che non erano stati valutati al momento dell’emissione della misura e che sono in grado di dimostrare che le esigenze cautelari (come il pericolo di fuga o di reiterazione del reato) sono venute meno.

Quali sono le conseguenze di un ricorso giudicato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna della parte che ha presentato il ricorso al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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