Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10920 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia, nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME, nato a Prevalle il 28-05-1965, avverso la sentenza del 16-04-2024 del G.U.P. del Tribunale di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché i reati sono estinti per morte dell’imputato.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa il 16 aprile 2024, con cui il G.U.P. del Tribunale di Brescia aveva assolto NOME COGNOME dai reati di cui agli art. 30, comma 1, lett. H), della legge n. 157 del 1992 (capo A) e 468 cod. pen. (capo B), fatti accertati il 13 novembre 2022 in Muscoline.
Il ricorso è affidato a un unico motivo, con cui, rispetto alla pronuncia assolutoria riferita al reato di cui al capo A, è stata dedotta l’erronea applicazione dell’art. 30, comma 1, lett. H), della legge n. 157 del 1992, rilevandosi che, nel ritenere la condotta contestata penalmente irrilevante, il G.U.P. si è posto in contrasto con l’affermazione della giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 46228 del 23/10/2013, Rv. 257863), secondo cui, in tema di reati venatori, i richiami vivi privi di anello di identificazione inamovibile rientrano fra i mezzi “vietati” p la caccia, il cui utilizzo, diversamente dall’impiego di richiami “non autorizzati”, sanzionato solo in via amministrativa, integra la fattispecie prevista dall’art. 30 lettera H), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
In data 6 novembre 2024, l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di Bocchio, ha comunicato a questa Corte che l’imputato è deceduto il 15 luglio 2024 nel Comune di Prevalle, come da certificazione anagrafica in atti.
Orbene, a seguito della comunicazione del decesso dell’imputato, il quale era stato assolto con la sentenza impugnata, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso del Procuratore generale, dovendosi in tal senso richiamare la costante e condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 6 n. 6427 del 04/01/2017, Rv. 269108 e Sez. 6, n. 27309 del 03/06/2010, Rv. 247782), secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal Pubblico Ministero avverso una sentenza di assoluzione, qualora, come nel caso di specie, l’imputato nelle more sia deceduto, non potendosi instaurare il contraddittorio tra le parti, con conseguente sopravvenuta carenza di legittimazione al gravame. Ne consegue che il ricorso del Procuratore generale va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 03/12/2024