Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45271 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45271 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Gela il 21/06/1990
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del Tribunale di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona della Sostitut Procuratrice generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria difensiva depositata dall’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che ha contestato gli argomenti della requisitoria chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME volta ad ottenere la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, disposta secondo l’imputazione provvisoria per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., in quanto appartenente al clan “COGNOME” fazione di “cosa nostra” gelese, con gli arresti domiciliari anche con braccialetto elettronico.
Avverso detta ordinanza COGNOME tramite il suo legale, ha proposto ricorso articolando due motivi, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 310 e 125, comma 3, cod. proc. pen. in quanto l’ordinanza impugnata ha illegittimamente colmato l’assenza di motivazione del provvedimento di rigetto del Giudice per le indagini preliminari limitatosi all’adesione alle considerazioni del Pubblico ministero.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizi della motivazione, anche nei termini di travisamento della prova, in relazione all’art. 310 cod. proc. pen., in quanto il provvedimento impugnato ha escluso che la difesa avesse addotto elementi di novità che invece erano costituiti: a) dalla corretta lettura di alcune intercettazioni (nn. 102 del 26/02/2019 e 179 del 1/03/2019) da cui era emerso soltanto che COGNOME avesse raccontato all’ignaro COGNOME dell’avvenuto pestaggio del gelese COGNOME ad opera dei catanesi; b) dalla circostanza che l’indagato non avesse affatto ammesso di avere partecipato al summit del Tenerissimo, così da far venire meno il suo ruolo organizzativo e decisionale; c) dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME da cui era risultato che COGNOME non avesse agito in rappresentanza di COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizi della motivazione, in relazione all’art. 310 cod. proc. pen, in quanto oltre a non risultare l’esistenza del clan mafioso degli “COGNOME” l’ordinanza impugnata non ha offerto elementi concreti da cui desumere che l’interesse di COGNOME e, dunque, di COGNOME fosse rivolto alla consorteria mafiosa anziché all’associazione dedita al narcotraffico, come risultante dalle dichiarazioni di COGNOME che non ha mai menzionato COGNOME quale partecipe del clan “Emmanuello”.
Peraltro, l’indagato risultava estraneo anche alla compagine di cui all’art. 74 d. P.R. n. 309 del 1990 avendo solo un ruolo amicale con COGNOME.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 310 cod. proc. pen. e vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, atteso
che il Tribunale non ha doverosamente valutato la sentenza emessa nei confronti di NOME COGNOME che aveva espunto il fatto dal contesto mafioso ritenendo millantatoria l’appartenenza di COGNOME, peraltro come promotore, del clan COGNOME.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 416bis cod. pen. e vizio della motivazione in quanto l’ordinanza impugnata ha fondato l’appartenenza del ricorrente all’associazione in base al solo rapporto di amicizia con COGNOME, peraltro, interrotto per lunghi periodi di tempo come risulta dall’ordinanza genetica e dal casellario di NOME COGNOME che aveva accompagnato COGNOME alla polleria di Domicoli.
2.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 416-bis cod. pen. e vizio della motivazione atteso che è lo stesso provvedimento impugnato a ritenere il ridotto periodo temporale di adesione di COGNOME al sodalizio e l’assenza di reati-fine, in mancanza di qualsiasi valutazione circa l’elemento psicologico e dunque di diversa qualificazione del fatto nei termini di concorso esterno.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’ar 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per come prorogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso è aspecifico.
Il Tribunale di Caltanissetta, dopo avere dato atto che sulla misura cautelare emessa nei confronti di NOME COGNOME si è formato il giudicato cautelare all’esito del rigetto dell’istanza di riesame, ha escluso che l’integrale rinvio del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari al parere del Pubblico ministero ne abbia determinato la nullità, alla luce della giurisprudenza di questa Corte che attribuisce al giudice dell’ appello cautelare il potere di integrare la motivazione omessa o non autonoma del primo giudice, in quanto l’art. 310 cod. proc. pen., che disciplina tale forma di impugnazione, non richiama l’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. e la motivazione del provvedimento impugnato è, di regola, sostituita, nei limiti del devoluto, dalla pronuncia del giudice dell’impugnazione (Sez. 3, n. 845 del 17/12/2015, De Gol, Rv.265646).
Gli altri motivi di ricorso, tutti attinenti alla rivisitazione della gr indiziaria alla luce degli elementi di novità addotti dalla difesa, possono essere esaminati congiuntamente e sono reiterativi in quanto ripropongono, pedissequamente, gli stessi argomenti prospettati con l’atto di appello senza alcun confronto con l’ordinanza impugnata.
Costituisce principio consolidato che, in caso di ricorso in materia di misure cautelari, la Corte di cassazione è tenuta a verificare esclusivamente se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del suo convincimento su punti rilevanti per il giudizio e se sia completo e logico, nei passaggi necessari, il provvedimento impugnato tanto da rendere comprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura.
Il controllo della Suprema Corte non concerne, dunque, né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento circa l’attendibilità delle fonti o la rilevanza e concludenza dei dati probatori, ma solo il rispetto dei canoni della logica e dei principi di dirit che governano la valutazione delle risultanze allorché vengano considerati gli elementi indizianti nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate (tra le altre, Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
3.1. Alla luce di tali principi di diritto deve rilevarsi che l’ordinanza d Tribunale di Caltanissetta è immune da vizi sindacabili in questa sede in quanto, con motivazione congrua e completa, nella quale non sono riconoscibili lacune o illogicità, ha ribadito, in relazione alla gravità indiziaria, quali fossero gli eleme sui quali ha fondato il proprio giudizio.
In particolare, il provvedimento impugnato ha chiarito come il consapevole ruolo assunto da NOME COGNOME all’interno del clan mafioso “NOME” fosse desumibile sia dalla sua partecipazione al summit, tra la compagine catanese e quella gelese, indetto per risolvere i contrasti nella gestione del traffico di stupefacenti, sia dal successivo resoconto degli esiti al promotore del gruppo di appartenenza, NOME COGNOME, come risultante dalle intercettazioni riportate testualmente alle pagine 2 e 3 e dalla videosorveglianza.
g.2. Si tratta di elementi di fatto espressivi di un rapporto di tale stabilità, affidabilità e organicità rispetto alla consorteria criminale, da rendere del tutto infondata, oltre che genericamente posta, la questione dell’eventuale qualificazione giuridica del fatto in termine di concorso esterno nel reato, non rilevando né il periodo temporale di adesione di COGNOME al sodalizio attesa la natura permanente del reato contestato, né la mancata contestazione di reati-fine.
Inoltre, il provvedimento impugnato ha rimarcato come detto quadro indiziario non fosse scalfito dai ritenuti “elementi di novità”, addotti dalla difesa ed esaminati con dovizia di argomenti.
3.3. Infatti, la sentenza emessa nei confronti di COGNOME risultava estranea alla ricostruzione dei fatti oggetto del procedimento a carico di COGNOME e comunque priva del compendio probatorio costituito dalle intercettazioni esaminate; il ruolo svolto da COGNOME, all’epoca sottoposto agli arresti domiciliari, ed i rapporti con il ricorrente non avevano una natura amicale attesa la funzione di COGNOME di controllo del territorio e di veicolo delle informazioni in nome e per conto del capo clan; le immagini della videosorveglianza ritraevano NOME insieme ad altri gelesi e catanesi vicino al “Tenerissimo” ovverosia il luogo dal quale poi tutti si erano spostati.
3.4. Del tutto inidonei a disarticolare il quadro indiziario non solo l’assenza, per alcuni periodi, di rapporti diretti tra COGNOME e COGNOME, ma soprattutto il richiamo alla posizione di NOME COGNOME e al suo casellario giudiziale atteso che l’assenza di condanne per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. non è dato comprendere come incida sulla gravità indiziaria del ricorrente fondata sui sopra menzionati elementi investigativi.
3.5. Né può ritenersi “elemento di novità”, ai fini della riqualificazione giuridica del ruolo associativo assunto da COGNOME, la proposta rilettura, da parte del ricorso, del contenuto di due intercettazioni e delle immagini della videosorveglianza, materiale indiziario di cui l’ordinanza del riesame prima, con formazione del giudicato cautelare, e il provvedimento impugnato poi hanno offerto una puntuale e non illogica ricostruzione, seguendo un apparato interpretativo non parcellizzato che non è rivisitabile in questa sede.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 3 ottobre 2024
La Consigliera estensora
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Il Presid COGNOME e