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Ricorso inammissibile misure alternative: la decisione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso la decisione di un Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva negato a un detenuto l’accesso a misure non contenitive, ritenendole inadatte al suo percorso di risocializzazione. La Suprema Corte ha confermato la decisione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma il diniego delle misure alternative

L’accesso a misure alternative alla detenzione rappresenta un punto cruciale nel percorso di risocializzazione di un condannato. Tuttavia, non sempre le richieste vengono accolte e i successivi ricorsi hanno successo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha affrontato proprio un caso di ricorso inammissibile, fornendo chiari principi sulla valutazione della pericolosità sociale e sull’adeguatezza delle misure non contenitive. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: un appello contro il diniego di misure alternative

La vicenda trae origine dalla decisione di un Tribunale di Sorveglianza, che aveva respinto l’istanza di un detenuto volta a ottenere l’ammissione al lavoro esterno, previsto dall’art. 21 dell’Ordinamento Penitenziario. Il tribunale aveva basato la sua decisione su una valutazione negativa circa l’idoneità di tali misure non detentive. Secondo i giudici di sorveglianza, le misure richieste non solo erano inadeguate, ma anche non utili a promuovere un percorso di progressiva risocializzazione del soggetto.

Contro questa ordinanza, il detenuto ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di ottenere un ribaltamento della decisione e l’accesso al beneficio richiesto.

La decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso e ha concluso per la manifesta infondatezza delle doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta originaria, ma si ferma a un livello procedurale, constatando che l’appello non possiede i requisiti per essere esaminato. La conseguenza diretta di tale pronuncia è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per i ricorsi ritenuti pretestuosi o infondati.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla correttezza della valutazione operata dal Tribunale di Sorveglianza. I giudici di legittimità hanno implicitamente confermato che la decisione impugnata era stata adeguatamente motivata. Il Tribunale di Sorveglianza aveva, infatti, esplicitato le ragioni per cui riteneva le misure non contenitive inadatte al caso specifico, evidenziando la loro inutilità ai fini di una progressiva risocializzazione. Poiché il ricorso non ha saputo presentare vizi logici o giuridici evidenti nell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, la Cassazione lo ha rigettato senza procedere a un riesame della situazione di fatto, confermando così la validità della valutazione originaria.

Le conclusioni

La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella, motivata e logica, del giudice di sorveglianza riguardo all’idoneità di un detenuto a beneficiare di misure alternative. La dichiarazione di ricorso inammissibile serve a sanzionare le impugnazioni che non sollevano questioni di legittimità valide, ma tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Per i condannati, ciò significa che l’unica via per ottenere tali benefici è dimostrare, già in sede di sorveglianza, un effettivo e concreto percorso di cambiamento e di adesione al programma rieducativo.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione riguardo al ricorso presentato?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando implicitamente la decisione del Tribunale di Sorveglianza e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Per quale motivo il Tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente negato le misure alternative?
Il Tribunale di Sorveglianza aveva ritenuto le misure non contenitive (come il lavoro esterno) inidonee per il ricorrente, escludendo anche la loro utilità ai fini di un percorso di progressiva risocializzazione.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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