Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Minaccia
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere il concetto di ricorso inammissibile nel processo penale. Quando un appello alla Suprema Corte è considerato privo di fondamento, non solo viene respinto, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo ha proposto. Il caso in esame riguarda una condanna per minaccia a pubblico ufficiale, confermata a causa della manifesta infondatezza delle censure mosse dal ricorrente.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Lecce. Un imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 336 del codice penale, ovvero violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione dei giudici di merito riguardo la sua responsabilità penale. Il ricorrente, in sostanza, metteva in discussione la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in particolare la natura minatoria della sua condotta.
La Decisione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a un livello precedente: la Corte ha stabilito che i motivi presentati dal ricorrente non avevano i requisiti minimi per essere discussi.
Il fulcro della decisione risiede nella ‘manifesta infondatezza’ del motivo di ricorso. Secondo la Suprema Corte, la censura mossa dall’imputato era palesemente priva di pregio e non idonea a scalfire la solidità della sentenza impugnata. In un passaggio, la Corte chiarisce anche che la proclamazione di uno sciopero da parte degli avvocati non ha alcuna rilevanza in questo tipo di procedura (ex art. 611 c.p.p.), che si svolge senza la partecipazione diretta delle parti.
Le motivazioni della Cassazione
Il cuore della motivazione della Cassazione si concentra sulla qualità della sentenza emessa dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno osservato che il giudice del gravame aveva fornito una motivazione ‘logica, coerente e puntuale’ riguardo alla responsabilità penale dell’imputato.
In particolare, la sentenza di secondo grado aveva analizzato in modo approfondito la realizzazione di una ‘condotta minatoria’, elemento oggettivo che integra la fattispecie incriminatrice contestata. La Corte d’Appello aveva spiegato in modo convincente perché il comportamento dell’imputato fosse idoneo a intimidire il pubblico ufficiale e a integrare il reato. Di fronte a una motivazione così solida, il ricorso proposto è apparso come un tentativo infruttuoso di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.
Le conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze dirette per il ricorrente. Oltre a vedere la sua condanna diventare definitiva, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un controllo di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Quando una sentenza d’appello è ben motivata e immune da vizi logici o giuridici, un ricorso basato su censure manifestamente infondate è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile, con le relative conseguenze sanzionatorie.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato è stato ritenuto manifestamente infondato, ovvero privo di qualsiasi pregio giuridico per contestare la sentenza impugnata.
Qual era il punto centrale della motivazione della Corte d’Appello confermata dalla Cassazione?
La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica, coerente e puntuale sulla responsabilità penale, dimostrando in modo specifico come la condotta dell’imputato integrasse il profilo oggettivo del reato di minaccia (condotta minatoria).
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34081 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34081 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAMPI SALENTINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO dì LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che non rileva la proclamazione dell’astensione degli avvocati anche per la data odierna in relazione alla procedura non partecipata adottat ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.;
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per il reato dì cui all’art. 336 cod. pen. è inammissibile perché aven ad oggetto una censura manifestamente infondata.
Considerato, invero, che il giudice del gravame ha motivato in maniera logica, coerente e puntuale con riferimento alla responsabilità penale e, in mod particolare, alla realizzazione di una condotta minatoria idonea a integrare profilo oggettivo della fattispecie incriminatrice contestata (cfr. pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 12 luglio 2024
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