Minacce online: quando il ricorso in Cassazione è inutile
L’era digitale ha amplificato la portata delle nostre parole, ma anche le conseguenze legali che ne derivano. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale del processo penale: la presentazione di un ricorso inammissibile. Il caso in esame riguarda minacce rivolte a pubblici ufficiali attraverso un noto social network, e la decisione della Suprema Corte offre spunti importanti sulla differenza tra contestare una sentenza e riproporre sterilmente le stesse argomentazioni.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello di Napoli per aver inoltrato minacce a specifici agenti tramite una piattaforma social. La Corte di merito aveva ricostruito in modo dettagliato i fatti, motivando congruamente sia sulla percezione e conoscenza delle minacce da parte delle vittime, sia sull’idoneità intimidatoria di tali messaggi in relazione all’attività d’ufficio degli agenti.
Insoddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, contestando l’accertamento delle condotte di reato. Tuttavia, il suo appello si limitava a riproporre le medesime questioni già ampiamente discusse e respinte nel grado precedente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza del ricorrente, ma si concentra su un vizio procedurale fondamentale: la genericità del motivo di ricorso. La Corte ha stabilito che l’appello non era idoneo a superare il vaglio di ammissibilità, condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Ricorso Inammissibile: Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha evidenziato come il motivo di ricorso fosse affetto da “genericità” rispetto alla puntuale ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello. In sostanza, il ricorrente non ha mosso una critica specifica e argomentata alla motivazione della sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le sue tesi difensive.
La Cassazione ha ribadito che la “sede di legittimità” non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici nella motivazione della sentenza precedente. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e logicamente coerente, non vi era spazio per un intervento della Cassazione.
Citando un proprio precedente (sentenza n. 44882/2014), la Corte ha ricordato che la riproposizione delle stesse questioni, senza un effettivo confronto con le valutazioni del giudice di merito, rende il ricorso inammissibile. Le doglianze, così formulate, denunciano solo apparentemente un errore logico o giuridico, ma in realtà mirano a ottenere una nuova e non consentita valutazione del merito.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante: impugnare una sentenza in Cassazione richiede un approccio tecnico e specifico. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di appello; è necessario individuare e argomentare precisi vizi di legittimità, come errori nell’applicazione della legge o palesi contraddizioni nella motivazione. Un ricorso inammissibile, perché generico o ripetitivo, non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. Il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse questioni già affrontate e motivate dalla Corte d’Appello, senza un confronto effettivo e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione opera in “sede di legittimità”. Il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di fornire una nuova valutazione delle prove, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione delle sentenze dei gradi precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11337 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11337 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto in merito all’accertamento delle condotte di reato ascritte al ricorrente è affetto da genericità rispetto alla puntuale e dettagliata ricostruzione dei fatti, essendo evidente la infondatezza della critica alla motivazione della Corte di appello di Napoli, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sia sulla percezione e conoscenza delle minacce inoltrate a mezzo Facebook e sia sulla idoneità intimidatoria della diffusione delle minacce stesse rispetto all’attività di ufficio degli agenti nominativamente minacciati;
ritenuto che la riproposizione delle medesime questioni affrontate in modo approfondito con motivazione puntuale, in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 260608);
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 16 febbraio 2024
Il ridente