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Ricorso inammissibile: minacce a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per minaccia a pubblico ufficiale. I motivi, basati su una diversa valutazione dei fatti e delle prove, non sono ammessi in sede di legittimità. La Corte ha confermato la decisione di merito che aveva correttamente collegato le frasi minatorie all’attività istituzionale degli agenti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti

La Corte di Cassazione svolge un ruolo cruciale nel nostro ordinamento: quello di garantire l’uniforme interpretazione della legge. Non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Una recente ordinanza ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per minaccia a pubblico ufficiale, poiché basato su una rivalutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da una sentenza di condanna della Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 336 del codice penale, ovvero violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. L’imputato aveva proferito frasi minatorie nei confronti di alcuni agenti durante lo svolgimento della loro attività istituzionale, che consisteva nel notificargli una sanzione amministrativa. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di offrire una versione alternativa dei fatti e contestando il collegamento tra le sue parole e l’azione degli agenti.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha rigettati in blocco. La decisione è stata netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La ragione di tale pronuncia risiede nella natura stessa dei motivi presentati. L’appellante non ha evidenziato errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata, ma ha tentato di convincere la Cassazione a riesaminare le prove e a giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Questo tipo di argomentazione esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

Nelle sue motivazioni, la Corte ha sottolineato che i motivi del ricorso erano costituiti da “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente si lamentava di come i giudici di primo e secondo grado avessero interpretato le dichiarazioni dei testimoni e ricostruito la dinamica dell’evento. Questo tipo di valutazione è di esclusiva competenza del giudice di merito. La Corte di Cassazione interviene solo se la motivazione della sentenza d’appello è manifestamente illogica, contraddittoria o carente, oppure se vi è stata una violazione di legge.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente valutato il nesso tra le minacce proferite e l’attività istituzionale degli agenti (l’annullamento della sanzione preteso dall’imputato), basandosi sulla consolidata giurisprudenza della stessa Corte. Di conseguenza, non essendoci vizi di legittimità da sanare, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza di questa declaratoria.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito: un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive già esaminate nei gradi di merito. Per avere successo in sede di legittimità, è indispensabile concentrarsi su precise questioni di diritto, dimostrando come il giudice di merito abbia errato nell’interpretare o applicare una norma, oppure come la sua motivazione sia viziata da un’evidente illogicità. Tentare di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con un ulteriore aggravio di spese per il ricorrente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non riguardavano errori di diritto, ma erano semplici lamentele sulla valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non spetta alla Corte di Cassazione.

Cosa si può contestare con un ricorso in Cassazione?
In sede di Cassazione si possono contestare esclusivamente errori nell’applicazione della legge (errores in iudicando) o vizi del procedimento (errores in procedendo), oppure una motivazione della sentenza che sia manifestamente illogica, contraddittoria o carente. Non si può chiedere una nuova valutazione delle prove.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con motivi non consentiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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