Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Detenzione di Stupefacenti
L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un esempio lampante emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato un ricorso inammissibile in un caso di detenzione di sostanze stupefacenti. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale di formulare motivi di impugnazione specifici e criticamente argomentati, pena la chiusura definitiva del caso con conseguenze economiche per l’imputato.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per la detenzione illecita di 1.087 grammi di marijuana, una quantità corrispondente a oltre 4.500 dosi medie. La sostanza era stata rinvenuta all’interno di un garage di esclusiva disponibilità dell’imputato. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello territoriale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha posto fine al percorso giudiziario dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorso non è stato nemmeno esaminato nel merito. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rende la condanna inflitta nei gradi di merito definitiva e irrevocabile.
Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile
Il fulcro della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità. La Corte ha rilevato che i motivi presentati dal ricorrente erano generici e non contenevano una necessaria analisi critica delle argomentazioni su cui si basava la sentenza della Corte d’Appello. Secondo la giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, un atto di impugnazione, per essere ammissibile, deve confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione che contesta, evidenziandone eventuali vizi logici o giuridici. Limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza una critica puntuale, rende il ricorso inefficace.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano chiaramente motivato sia la riconducibilità della sostanza stupefacente all’imputato (data la sua esclusiva disponibilità del locale) sia l’impossibilità di derubricare il reato a un’ipotesi di lieve entità. Quest’ultima valutazione si basava su elementi oggettivi come l’ingente dato ponderale (la quantità della droga) e le modalità di custodia, ritenuti incompatibili con un fatto di minore gravità. Il ricorso non ha saputo scalfire la logicità e la coerenza di tali argomentazioni, risultando così privo dei requisiti minimi per essere esaminato.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’accesso alla Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Ciò significa che la Corte non riesamina i fatti, ma controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Per questo, un ricorso inammissibile perché generico non è un mero tecnicismo, ma la conseguenza di un’impostazione difensiva che non rispetta le regole del giudizio di legittimità. Le implicazioni pratiche sono severe: la condanna diventa definitiva, precludendo ogni ulteriore possibilità di difesa, e si aggiunge un onere economico significativo per il condannato. La decisione serve quindi da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione solidi, pertinenti e capaci di un confronto critico e costruttivo con le decisioni giudiziarie.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando è proposto per motivi non supportati da una necessaria analisi critica delle argomentazioni della sentenza impugnata, risultando quindi generico e non specifico.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.
Perché in questo caso non è stata applicata l’ipotesi di reato meno grave (fatto di lieve entità)?
I giudici di merito hanno escluso il reato di lieve entità valorizzando il considerevole dato ponderale (la quantità di droga sequestrata) e le modalità di custodia della sostanza, elementi che non sono stati efficacemente contestati nel ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27354 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso con difensore avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale cittadino di condanna per detenzione illecita di gr. 1.087 di marijuana per un totale di n. 4.565 dosi medie droganti (in San Mango Piemonte, il 10/11/2022);
ritenuto il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. perché proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), avendo i giudici di merito dato conto degli elementi in fatto dai quali è stata tratta la prova della riferibilità al COGNOME della sostanza rinve (custodita in locale all’interno del garage di esclusiva disponibilità del predetto) e d insussistenza di elementi per derubricare il fatto nell’ipotesi di cui all’art. 73, c. 5, n. 309/1990, a tal fine avendo valorizzato il dato ponderale e le modalità della custodia;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 26 giugno 2024
La Consigliera est.
NOME COGNOME
La
Prefiderte
NOME COGNOME
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