Ricorso Inammissibile: Analisi di un Caso di Manifesta Infondatezza
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito nel sistema giudiziario italiano, specialmente quando i motivi presentati sono considerati ‘manifestamente infondati’. Questo provvedimento sottolinea l’importanza di una motivazione solida e coerente da parte dei giudici di merito e chiarisce i limiti del sindacato di legittimità della Suprema Corte.
Il Contesto del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Il ricorrente contestava specificamente due aspetti della decisione di secondo grado:
1. La mancata esclusione della recidiva.
2. La mancata rideterminazione del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole.
In sostanza, l’imputato riteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel confermare l’aggravante della recidiva e nel calcolare la pena finale, auspicando una valutazione più mite.
La Decisione sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 26 maggio 2025, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che l’impugnazione non possiede i requisiti minimi per essere esaminata.
La conseguenza diretta di tale declaratoria è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Corte Suprema
Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso come manifestamente infondati. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero palesemente prive di pregio. Secondo i giudici di legittimità, la motivazione della Corte d’Appello era:
* Corretta: Conforme ai principi di diritto.
* Esaustiva: Completa nell’analisi di tutti gli elementi rilevanti.
* Immune da vizi sindacabili: Priva di errori logici o giuridici che potessero essere censurati in sede di Cassazione.
La Corte d’Appello aveva, infatti, spiegato in modo puntuale i criteri adottati sia per il riconoscimento della recidiva sia per la determinazione della pena, includendo il giudizio di bilanciamento tra le circostanze aggravanti e attenuanti. Di fronte a una motivazione così strutturata, la Cassazione non ha ravvisato alcuno spazio per un intervento riformatore, confermando che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. La Suprema Corte interviene solo per correggere errori di diritto (‘vizi di legittimità’) e non per riesaminare le valutazioni fattuali operate dai giudici dei gradi precedenti, a meno che la loro motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o assente.
Per gli operatori del diritto, questo caso serve come monito: un ricorso per cassazione deve basarsi su censure specifiche e pertinenti, che mettano in luce reali vizi della sentenza impugnata. Presentare motivi generici o manifestamente infondati non solo porta a un esito negativo, ma comporta anche significative conseguenze economiche per l’assistito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati, riguardanti la recidiva e il trattamento sanzionatorio, sono stati ritenuti manifestamente infondati dalla Corte di Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione ha riesaminato la decisione sulla pena?
No, la Corte di Cassazione non ha riesaminato la decisione sulla pena perché ha ritenuto che la motivazione del giudice di merito fosse corretta, esaustiva e immune da vizi, rispettando così i limiti del proprio sindacato di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28057 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28057 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 03/10/1990
avverso la sentenza del 20/09/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
N. 6015/25 NOME COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art.
385 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che il primo motivo dedotto nel ricorso, con cui si censura la
violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità per il delitto di evasione, è riproduttivo di una censura già adeguatamente vagliata con corretti
argomenti giuridici e con coerente e logica motivazione dal giudice di merito, là
dove – alla luce delle risultanze probatorie – è stata rilevata l’infondatezza della tesi del ricorrente in base alla quale non avrebbe sentito il suono del citofono,
così da ritenere integrati tutti gli elementi costitutivi del contestato delitto (cfr.
pag. 2);
Ritenuto che il secondo e il terzo motivo, con cui si censura l’omessa esclusione della recidiva e l’omessa rideterminazione in senso più favorevole del trattamento sanzionatorio, sono manifestamente infondati, dal momento che la motivazione del giudice di merito risulta corretta, esaustiva e immune da vizi sindacabili in sede di legittimità là dove dà puntualmente dato conto dei criteri adottati ai fini del riconoscimento della recidiva e della determinazione del trattamento sanzionatorio, tanto sotto il profilo dell’individuazione della pena, quanto in merito al giudizio di bilanciamento tra le circostanze (cfr. pag. 3 );
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/05/2025