Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7135 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7135 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME CUI TARGA_VEICOLO nato a FOLIGNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 2/02/2023, che ha confermato la condanna inflitta al ricorrente in ordine al delitto di rapina dal Giudice per l’udien preliminare del Tribunale di Livorno con sentenza del 3/04/2018.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria-memoria del 29/11/2023, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia sul motivo relativo alla continuazione esterna, con declaratoria di inammissibilità con riguardo ai restanti motivi.
All’odierna udienza il Collegio rigettava – per i motivi di cui all’ordinanza dettata a verbale – la richiesta di rinvio avanzata il 18/01/2023 dal difensore dell’imputato adducendo un legittimo impedimento.
I motivi oggetto del ricorso, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo la difesa eccepisce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato.
Il motivo è inammissibile.
In presenza di una doppia conforme relativa alla valutazione del compendio probatorio e con particolare riguardo agli elementi di prova che hanno consentito di ricollegare l’imputato alla commissione del fatto contestato, la difesa non individua travisamenti probatori idonei a disarticolare il complessivo ragionamento che si trae dalle due decisioni di merito, indugiando sulla mera rivisitazione di risultanze istruttorie, operazione non consentita in sede di legittimità.
Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge ed il vizio della motivazione rispetto all’irrogazione della pena base, avendo la Corte di appello dato atto della sua applicazione nel minimo edittale facendo riferimento alla sussistenza dell’aggravante di cui al comma 3 n. 3-quinques dell’art. 628, comma 3, cod. pen., benché il delitto contestato fosse quello di rapina semplice.
Il motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa l’aggravante di cui all’articolo 628 comma 3, n. 3-quinquies, cod. pen. (aver commesso il fatto in danno di persona ultrasessantacinquenne) è espressamente contestata in fatto all’interno
della imputazione, ove si precisa che la condotta delittuosa è commessa ai danni di «persona ultrasessantacinquenne», indicata anche nelle sue generalità («INDIRIZZO»).
Con il terzo motivo si denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione rispetto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il motivo è manifestamente infondato, essendo le censure basate su argomentazioni di merito e risultando, di contro, il ragionamento svolto dalla Corte territoriale in punto di diniego delle attenuanti generiche logico e lineare, essendosi richiamate le numerose condanne annoverate dal ricorrente per delitti contro il patrimonio, l’assenza di rilevanti elementi favorevolmente valutabili e la gravità del fatto.
Con il quarto motivo si lamenta l’omessa motivazione in relazione all’invocato riconoscimento della continuazione fra il delitto di rapina oggetto del presente procedimento ed i delitti di ricettazione e rapina commessi in Livorno il 13.4.2016, giudicati con sentenza del Gup presso il Tribunale di Livorno, poi confermata dalla Corte di appello di Firenze, divenuta irrevocabile in data 23.1.2019.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Dalla lettura del verbale dell’udienza del 2/02/2023 svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Firenze, risulta che la difesa, mediante il deposito di una memoria, richiese il riconoscimento della continuazione con i fatti per cui il ricorrente era stato condannato con sentenza definitiva emessa il 23/10/2019 dal Gip del Tribunale di Livorno. Non risulta, però, che alla memoria fece seguito l’allegazione dei provvedimenti giurisdizionali posti a fondamento della richiesta di continuazione. La stessa memoria, peraltro, non richiama l’allegazione di documenti.
Al riguardo, la Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui l’imputato che intenda richiedere, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione in riferimento a reati già giudicati, non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l’onere di produrne la copia, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. dettata per la sola fase esecutiva. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’onere di allegazione delle sentenze nel giudizio di cognizione è finalizzata ad impedire richieste intenzionalmente dilatorie ed a garantire la celerità del rito, esigenze che, invece, non sussistono in fase esecutiva, vedi ex multis Sez. 6, n. 19487 del 6/2/2018, Rv. 273380; Sez. 2, n.49082 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 274808 – 02; Sez. 5, n. 10661 del 23/01/2023, Corallo, Rv. 284291 – 01).
Essendo, quindi, il motivo aggiunto stato dedotto in difetto di autosufficienza e, dunque, manifestamente infondato, trova altresì applicazione il principio affermato dalla Corte di legittimità a mente del quale è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263157; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745 – 01; Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281 – 01; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 265878 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19/01/2024