Ricorso Inammissibile: Quando non si può contestare il Patteggiamento
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del carico giudiziario. Tuttavia, la sua natura negoziale impone limiti precisi alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di tale strumento, confermando che non ogni doglianza può portare a una revisione della sentenza, rendendo il ricorso inammissibile se non basato su motivi specificamente previsti dalla legge.
I Fatti del Caso: Un Patteggiamento Contestato
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Ivrea, con la quale veniva applicata una pena a un’imputata per il reato di furto in abitazione (art. 624-bis del codice penale). Tale pena era stata calcolata come aumento, a titolo di continuazione, rispetto a una sanzione già inflitta con una precedente sentenza per un fatto ritenuto più grave.
L’imputata, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando una presunta difformità nel calcolo della pena effettuato dal giudice rispetto a quanto era stato richiesto e concordato nell’accordo di patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata, senza le formalità di un’udienza, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma consente alla Corte di procedere in tal modo quando l’inammissibilità è palese.
La decisione si fonda sull’analisi dei motivi per i quali è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento, motivi che sono stati tassativamente circoscritti dalla normativa vigente.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali.
I Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento: l’Art. 448 c.p.p.
Il cuore della motivazione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’ (L. 103/2017), elenca in modo tassativo i motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. La norma mira a preservare la stabilità degli accordi raggiunti tra accusa e difesa, evitando impugnazioni meramente dilatorie o pretestuose.
La Cassazione ha osservato che la doglianza della ricorrente, relativa a una presunta difformità nel calcolo della pena, non rientra in nessuna delle categorie di vizi deducibili previste dalla norma. Di conseguenza, il motivo del ricorso era, in radice, inammissibile.
La Coincidenza tra Accordo e Sanzione
Ad ulteriore sostegno della propria decisione, i giudici di legittimità hanno sottolineato una contraddizione nella linea difensiva. La stessa difesa, infatti, aveva riconosciuto che il trattamento sanzionatorio finale, ratificato dal giudice del Tribunale, coincideva perfettamente con quello oggetto dell’accordo di patteggiamento. L’asserzione di un ‘calcolo difforme’ era rimasta generica e non trovava alcun riscontro nel testo della sentenza impugnata, la quale riportava fedelmente i termini dell’atto negoziale concordato tra le parti. Questo ha reso evidente l’infondatezza del ricorso.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Principio di Diritto
Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità sono state immediate e concrete per la ricorrente. Oltre alla conferma della sentenza, è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Il principio di diritto che emerge da questa ordinanza è chiaro: l’accordo raggiunto con il patteggiamento acquisisce una notevole stabilità. Le parti che scelgono questo rito alternativo devono essere consapevoli che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando le censure mosse non rientrano nel perimetro tracciato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., specialmente se le lamentele si rivelano generiche e smentite dagli stessi atti processuali.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un presunto errore nel calcolo della pena?
No, secondo l’ordinanza, un’asserita difformità nel calcolo della pena non rientra tra i motivi di ricorso ammessi dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., soprattutto quando il trattamento sanzionatorio finale coincide con quello concordato tra le parti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in quattromila euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza le formalità di un’udienza?
La Corte ha applicato l’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., che permette di dichiarare l’inammissibilità con procedura semplificata quando la causa di inammissibilità è evidente e non richiede un approfondimento dibattimentale, come nel caso di un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6646 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6646 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME RIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 del TRIBUNALE di IVREA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso con difensore avverso la senten con la quale il Tribunale di Ivrea ha applicato alla stessa su richiesta una pena per all’art. 624 bis, cod. pen. (in Cirié il 23/4/2021), quale aumento a titolo di continuazi pena già inflitta con altra sentenza concernente fatto ritenuto più grave;
ritenuto che il ricorso é inammissibile, per causa che può essere dichiarata senz ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017;
che, in particolare, si tratta di ricorso avverso sentenza applicativa di pena motivi (asserita difformità del calcolo della pena, come richiesta, rispetto a qu nell’accordo) non deducibili ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. (inserito dall’art 1, comma 50, della legge 103/2017 citata), rilevato che la stessa difesa ha ric coincidenza del trattamento sanzioNOMErio sul quale è intervenuto l’accordo con quello dal giudice, avendo solo genericamente asserito un calcolo difforme che neppure risulta della sentenza, nella quale è riportato il contenuto dell’atto negoziale (vedi pag. 2
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna al pagamento del processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammen ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese p e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 17 gennaio 2024