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Ricorso inammissibile: limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4951/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché le censure sollevate dall’imputato erano mere doglianze in punto di fatto, non consentite in sede di legittimità. La Corte ha inoltre rigettato le critiche sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, ritenendole non specifiche e manifestamente infondate, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Sentenza

Un ricorso inammissibile rappresenta uno sbarramento processuale definitivo per chi cerca di ribaltare una condanna in ultimo grado. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce con fermezza quali sono i confini invalicabili del suo giudizio, chiarendo perché non è possibile trasformare l’appello di legittimità in un terzo grado di merito. Analizziamo una decisione che illustra perfettamente questo principio fondamentale della procedura penale.

La Vicenda Processuale

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato contestava diversi aspetti della decisione, sperando di ottenere un annullamento o una riforma della pena inflitta. In particolare, le sue critiche si concentravano sulla motivazione della sentenza di condanna e sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, oltre che sulla congruità del trattamento sanzionatorio.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta: l’inammissibilità. Le ragioni di questa decisione sono un compendio delle regole che governano il giudizio di legittimità e offrono spunti cruciali per comprendere i limiti di tale impugnazione.

Le Censure sui Fatti non sono Ammesse

Il primo punto cruciale riguarda la natura delle censure mosse alla sentenza. La Corte ha stabilito che le critiche alla motivazione erano, in realtà, “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente non stava lamentando un errore nell’applicazione della legge o un vizio logico nel ragionamento del giudice, ma stava tentando di proporre una diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di attività è preclusa in Cassazione. La Corte non è un “terzo giudice” del fatto; il suo compito è verificare che la sentenza impugnata sia immune da vizi logico-ricostruttivi e che abbia applicato correttamente le norme, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

La Genericità delle Censure sulle Attenuanti e la Pena

Un altro motivo di inammissibilità ha riguardato le contestazioni relative al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena. La Corte le ha definite “prive di specificità e manifestamente infondate”. Richiamando la sua giurisprudenza consolidata, ha spiegato che, per negare le attenuanti, il giudice di merito non è obbligato a esaminare meticolosamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che la sua motivazione si basi in modo congruo sugli elementi negativi ritenuti decisivi o, al contrario, sull’assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano esercitato il loro potere discrezionale senza incorrere in vizi logici, rendendo la critica del ricorrente infondata.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri della procedura penale. In primo luogo, il principio della distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione non può essere un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, che si cristallizza nei primi due gradi di giudizio. In secondo luogo, il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena e nella concessione delle attenuanti. Tale potere può essere sindacato in Cassazione solo se esercitato in modo manifestamente illogico o contraddittorio, cosa non avvenuta nel caso di specie.

Conclusioni

La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato per il ricorrente non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza è un monito importante: l’accesso alla Corte di Cassazione richiede motivi di ricorso rigorosamente ancorati a questioni di diritto o a vizi logici evidenti. Qualsiasi tentativo di riaprire la discussione sul merito della vicenda è destinato a fallire, con conseguenze economiche per chi lo intraprende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché le critiche sollevate non riguardavano errori di diritto o vizi logici della sentenza, ma erano “mere doglianze in punto di fatto”, cioè un tentativo di far riesaminare le prove e la ricostruzione degli eventi, cosa non permessa in sede di legittimità.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti, senza poter entrare in una nuova valutazione dei fatti o delle prove.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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