Ricorso inammissibile: i limiti all’impugnazione della sentenza di concordato in appello
L’istituto del “concordato in appello”, disciplinato dall’articolo 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sull’entità della pena in secondo grado. Tuttavia, la scelta di questa via processuale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza i confini di tale diritto, dichiarando un ricorso inammissibile e delineando quali doglianze possono essere sollevate e quali, invece, si considerano rinunciate.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato per un reato fiscale previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova, emessa a seguito di un concordato tra le parti. I motivi del ricorso erano due: in primo luogo, un vizio procedurale relativo al mancato rispetto del termine a comparire; in secondo luogo, un difetto di motivazione sulla data di consumazione del reato, che avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione per prescrizione.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti dalla legge per questo specifico tipo di sentenza. I giudici hanno chiarito che l’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 599 bis c.p.p. è un’eccezione e non la regola. La possibilità di ricorrere in Cassazione è circoscritta a un novero molto ristretto di vizi. L’ordinanza sottolinea come, accettando il concordato, l’imputato di fatto rinunci a far valere gran parte delle possibili censure contro la sentenza di primo grado.
I Motivi di Impugnazione Ammessi
La Corte ha ribadito la giurisprudenza consolidata, secondo cui il ricorso è ammissibile solo per contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso del Procuratore Generale alla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. Vizi che attengono alla determinazione della pena, ma solo se si traducono in una sanzione illegale.
Le Motivazioni della Corte
La Cassazione ha spiegato che le doglianze sollevate dal ricorrente esulavano completamente da questo perimetro. La prima censura, di natura prettamente processuale (violazione del termine a comparire), è del tutto estranea ai profili relativi alla formazione della volontà di patteggiare in appello. La seconda, relativa alla mancata declaratoria di prescrizione, riguarda una delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. la cui valutazione è preclusa. Aderendo al concordato, l’imputato rinuncia a far valere tali questioni, che si considerano “motivi rinunciati”. Pertanto, il tentativo di reintrodurre nel giudizio di legittimità tali argomenti rende il ricorso inevitabilmente inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia consolida un principio fondamentale della procedura penale: la scelta di un rito premiale come il concordato in appello comporta una rinuncia implicita a contestare nel merito la decisione, salvo vizi genetici dell’accordo stesso o palesi illegalità della pena. Gli operatori del diritto e gli imputati devono essere pienamente consapevoli che l’accesso a questa procedura preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni procedurali o di merito, come la prescrizione, che sarebbero state pienamente deducibili in un giudizio ordinario. La conseguenza di un ricorso basato su motivi non consentiti, come in questo caso, è la sua declaratoria di inammissibilità, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando è possibile impugnare una sentenza di “concordato in appello” (art. 599 bis c.p.p.)?
L’impugnazione è consentita solo per motivi specifici, quali vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo o a vizi nella determinazione della pena che ne comportino l’illegalità.
Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sollevati (un vizio procedurale e la mancata declaratoria di prescrizione) non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di concordato in appello, essendo considerati motivi a cui il ricorrente ha rinunciato aderendo all’accordo.
La prescrizione del reato può essere fatta valere con un ricorso contro una sentenza di concordato in appello?
No, secondo questa ordinanza, la questione della prescrizione rientra tra i “motivi rinunciati”. La sua valutazione è preclusa perché attiene alle condizioni di proscioglimento (art. 129 c.p.p.), che non possono essere oggetto di doglianza dopo aver accettato il concordato in appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4349 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 20/03/1967
avverso la sentenza del 13/05/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avvi o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce vizio della motivazione in ordine al mancato rispetto del termine a comparire di cui all’art. 601 cod. proc pen. e con il second difetto di motivazione in ordine alla data di consumazione del reato, con conseguente mancata declaratoria dell’estinzione per intervenuta prescrizione, avverso sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 10 d.lgs. 74/2000, emessa ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti. Quanto ai vizi denunciabili, infatti, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sente emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen., purchè il ricorrente deduca motivi relativi alla formazio della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizi di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969). Pertanto, le uniche doglianze proponibili siano quelle relative ad eventuali vizi della senten rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio può essere ammesso per quei vizi che attengano alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi in una illegalità della sanzione inflitta (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, 276102 – 01).
Nel caso in disamina, la prima doglianza investe una questione di carattere processuale del tutto estranea ai profili appena evidenziati, pertanto preclusa in sede di legittimità, me la seconda attiene a doglianze afferenti a motivi rinunciati.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente