Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre spunti cruciali sul concetto di ricorso inammissibile e sulle condizioni per la liquidazione delle spese legali alla parte civile. Quando un appello si trasforma in un tentativo di ottenere una terza valutazione dei fatti, la Suprema Corte traccia una linea netta, ribadendo la natura del suo giudizio come controllo di legittimità e non di merito. Questo caso illustra perfettamente tale principio.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso si concentravano su tre punti principali: un presunto vizio motivazionale e violazione di legge riguardo al diniego di rinnovare l’istruttoria, la valutazione sull’usurarietà degli interessi contestati (il cosiddetto superamento del ‘tasso soglia’) e, infine, l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio applicato.
In sostanza, la difesa lamentava che i giudici di merito non avessero approfondito a sufficienza alcuni aspetti probatori e avessero errato nella valutazione della pena.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. La Corte ha osservato che i motivi del ricorso non erano altro che una riproposizione delle stesse censure già esaminate e respinte, con argomentazioni corrette, dalla Corte d’Appello.
L’imputato, secondo gli Ermellini, non ha formulato una critica specifica e puntuale al ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata, ma ha tentato di sollecitare una rilettura alternativa delle fonti di prova, un’attività preclusa in sede di legittimità.
Spese della Parte Civile: Un Contributo Attivo è Necessario
Un aspetto di grande interesse pratico dell’ordinanza riguarda la statuizione sulle spese della parte civile. Pur dichiarando il ricorso dell’imputato inammissibile, la Corte ha deciso di non condannarlo alla rifusione delle spese legali in favore della parte civile.
La ragione risiede nell’articolo 541 del codice di procedura penale. La liquidazione delle spese presuppone una valutazione della qualità della partecipazione al processo. In questo caso, il difensore della parte civile si era limitato a depositare telematicamente le proprie conclusioni scritte e la nota spese, senza svolgere alcuna attività che contribuisse fattivamente al contraddittorio. Questa passività processuale ha portato la Corte a escludere il diritto al rimborso, stabilendo un importante principio: per ottenere la rifusione delle spese, non basta ‘esserci’, bisogna partecipare attivamente.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando come i primi due motivi di ricorso fossero riproduttivi di doglianze già vagliate e disattese. Non è sufficiente contestare genericamente una decisione; è necessario individuare specifici travisamenti o errori logici nel percorso argomentativo del giudice, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. Anche il terzo motivo, relativo alla pena, è stato ritenuto inammissibile poiché la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione sufficiente e non illogica, esaminando adeguatamente le deduzioni difensive.
Per quanto concerne le spese della parte civile, la motivazione si è ancorata alla giurisprudenza consolidata, secondo cui la condanna alla rifusione delle spese non è automatica. Essa è subordinata a un ‘fattivo contributo alla dialettica del contraddittorio’. La mera presentazione di conclusioni scritte, senza un’effettiva partecipazione all’udienza o ad altre attività processuali, non è stata ritenuta sufficiente a giustificare una condanna alle spese a carico dell’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali. Primo, un ricorso per Cassazione deve contenere critiche nuove e specifiche alla sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere argomenti già sconfitti nei gradi di merito. Il tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti è destinato a scontrarsi con una declaratoria di ricorso inammissibile. Secondo, la parte civile che intende ottenere il rimborso delle spese legali deve assumere un ruolo attivo nel processo, contribuendo concretamente alla formazione del convincimento del giudice. La sola presenza formale non è sufficiente.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono meramente ripetitivi di censure già adeguatamente valutate e respinte dal giudice di merito, e non costituiscono una critica specifica alla logica della sentenza impugnata, ma mirano a una nuova valutazione delle prove.
L’imputato deve sempre pagare le spese legali della parte civile in caso di soccombenza?
No. La Corte ha stabilito che non vi è condanna alla rifusione delle spese in favore della parte civile se il suo difensore non ha svolto alcuna attività processuale attiva e si è limitato a depositare telematicamente conclusioni e nota spese, non fornendo un contributo effettivo al contraddittorio.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No. La decisione chiarisce che la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sindacato di merito), che è di competenza esclusiva dei giudici dei primi due gradi di giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19014 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19014 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i motivi di ricorso, che contestano il vizio motivazionale e la violazione di legge quanto al diniego della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ed alla ritenuta sussistenza del superamento del “tasso soglia” ai fini dell’usurarietà degli interessi, non sono consentiti poiché riproduttivi di pro di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da parte del giudice di merito e perciò non scanditi da specifica critica analisi delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 5 – 9 della sentenza impugnata);
che tali motivi, oltre ad essere reiterativi, sono volti a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacat di legittimità e avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti emergenze processuali correttamente ed adeguatamente valorizzate dai giudici di merito nel corpo della sentenza impugnata;
considerato che il terzo motivo di ricorso, con cui si eccepisce il difetto motivazionale e la violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen., è inammissibile poiché afferente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si veda, in particolare, pag. 10 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Ritenuto, infine, che il collegio non ritiene che debbano essere liquidate le spese alla parte civile in quanto secondo la disposizione di cui all’art. 541, comma 1, cod. proc. pen. la liquidazione presuppone che il giudice valuti la qualità della partecipazione al processo della parte civile, avendo quest’ultima l’onere di coltivare le proprie pretese fornendo un fattivo contributo alla dialettica de contraddittorio, sicché non può esservi condanna dell’imputato alla rifusione delle spese in favore della parte civile quando il difensore – come nel caso in esame non abbia svolto alcuna attività e si sia limitato a depositare telematicamente conclusioni scritte e nota spese (Sez. 5, n. 1144 del 07/11/2023, D., Rv. 285598 – 01; Sez. 2, n. 6965 del 18/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275524).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende. Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso in Roma, 11 19/03/2024
Il Consigliere Estensore