Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello
Quando si impugna una sentenza, non basta avere ragione nel merito: è fondamentale rispettare le regole procedurali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa vanificare le istanze della difesa. L’ordinanza in esame chiarisce due principi cardine del processo penale: la necessità di motivi specifici e il divieto di introdurre questioni nuove in sede di legittimità.
I Fatti del Caso: un Appello contro una Condanna per Furto
Il caso riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per il reato di furto, previsto dall’art. 624 del codice penale. L’oggetto del furto era un telefono cellulare e una somma di 90 euro. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza:
1. Il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di particolare tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).
2. Una critica generica al trattamento sanzionatorio applicato dalla Corte d’Appello.
Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto in toto il ricorso, dichiarandolo inammissibile.
L’Analisi della Corte: Perché il ricorso è inammissibile
La decisione della Cassazione si basa su una valutazione rigorosa dei requisiti formali e sostanziali del ricorso. Entrambi i motivi presentati dall’imputato sono stati giudicati non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.
Primo Motivo: la Reiterazione delle Argomentazioni
Per quanto riguarda la richiesta di applicazione dell’attenuante, la Corte ha osservato che il ricorso si limitava a una ‘pedissequa reiterazione’ di quanto già esposto nell’atto di appello. La difesa non aveva formulato una critica specifica e argomentata contro la motivazione della Corte territoriale, la quale aveva già spiegato perché, a suo avviso, il danno non poteva considerarsi ‘lievissimo’. La Corte d’Appello, infatti, aveva correttamente valutato non solo il valore economico dei beni sottratti, ma anche gli ‘ulteriori effetti pregiudizievoli’ subiti dalla vittima. Limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni senza contestare puntualmente il ragionamento del giudice precedente rende il motivo di ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile.
Secondo Motivo: l’Introduzione di una Questione Nuova
Il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è stato dichiarato inammissibile perché ‘inedito’. L’imputato, infatti, non aveva sollevato questa specifica questione nell’atto di appello, che si concentrava unicamente sulla richiesta dell’attenuante. Il Codice di procedura penale (art. 606, comma 3) stabilisce che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e deve essere specificamente contestata in appello, introdurre la questione per la prima volta in Cassazione è proceduralmente scorretto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando consolidati principi giurisprudenziali. Un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere alla sua funzione tipica: quella di una critica argomentata e mirata contro la decisione impugnata. Non può risolversi in una semplice ripetizione di motivi già disattesi, né può diventare la sede per introdurre tardivamente questioni che dovevano essere sollevate in appello. La Corte di merito, non essendo stata investita della questione sanzionatoria, ha correttamente omesso di pronunciarsi su di essa. Di conseguenza, tale omissione non può essere censurata in Cassazione.
Conclusioni: Lezioni Pratiche per un Ricorso Efficace
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per la pratica legale: l’efficacia di un’impugnazione dipende dalla sua specificità e pertinenza. Per evitare di incappare in un ricorso inammissibile, è essenziale che l’atto di impugnazione non si limiti a riproporre vecchie tesi, ma costruisca una critica puntuale e logico-giuridica delle argomentazioni contenute nella sentenza che si intende contestare. Inoltre, è cruciale definire chiaramente l’oggetto del dibattito fin dal grado di appello, poiché le questioni non sollevate in quella sede sono, di regola, precluse in Cassazione. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza delle conseguenze negative di un’impugnazione non correttamente formulata.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si fonda su motivi che sono una mera ripetizione di quelli già respinti nel grado precedente, senza una critica specifica alla decisione impugnata, oppure quando introduce questioni ‘inedite’, cioè non sollevate in appello.
Perché non è stata riconosciuta l’attenuante del danno di lieve entità?
La Corte d’Appello aveva negato l’attenuante con una motivazione ritenuta logica e corretta dalla Cassazione. La valutazione ha tenuto conto non solo del valore economico dei beni sottratti (un cellulare e 90 euro), ma anche degli ulteriori effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa, concludendo che il danno complessivo non fosse ‘lievissimo’.
È possibile presentare nuove questioni per la prima volta in Cassazione?
No, di regola non è possibile. La Corte ha specificato che le questioni non devolute al giudice d’appello con la dovuta specificità non possono essere dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione, a meno che non si tratti di questioni che la legge permette di rilevare d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11846 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11846 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/07/1985
avverso la sentenza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39035/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME propone ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze, che ha confermato la condanna pronunziata dal Tribunale di Livorno per il reato di cui all’art. 624 cod. pen.
Ritenuto che il primo motivo del ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art.62 n.4) cod.pen. è inammissibile in quanto fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stess considerare non specifici ma soltanto apparenti, poiché omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608 ; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Invero, già con l’atto di appello l’imputato si doleva del mancato riconoscimento della circostanza attenuante e la Corte ha negato la possibilità di riconoscergliela, sulla base della corretta premessa secondo cui l’attenuante di cui all’ad 62 n.4) cod.pen. presuppone che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia che il valore economico dello stesso sia pressoché irrisorio, avendo riguardo, oltre che al valore della cosa sottratta, anche agli altri ed ulte effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito. Ebbene la Corte di merito- con motivazione immune da vizi logici e giuridici e, pertanto, non censurabile da questa Corte – ha ritenuto che la sottrazione del cellulare e della somma di 90 euro imponesse di non applicare detta attenuante (cfr.pag.2).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio statuito dalla Corte di appello – è inammissibile in quanto inedito, perché l’appello riguardava solo il diverso punto della decisione concernente la richiesta di riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4) cod. pen Ne consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possib dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, Di Domenica).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26 febbraio 2025
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Il consigliere estensore
Il Presidente