Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6866 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di
NOME COGNOME nato a PATTI il DATA_NASCITA
NOME nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2022 della CORTE APPELLO di C:ATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del settimo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, con annullamento con rinvio della sentenza impugnata e declaratoria di inammissibilità per i restanti motivi, e per l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per le parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME, che ha chiesto il rigetto del settimo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, associandosi per il resto alle conclusioni del Procuratore Generale e depositando conclusioni scritte e nota spese di cui ha chiesto la liquidazione;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME, per il ricorrente NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Caltagirone, per quanto qui rileva, con sentenza del 9 maggio 2017, ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME, per i reati di cui agli artt. 110-624-625, 56-110-629, 56-110-629, 110-635 cod. pen. (entrambi, rispettivamente capi e), f), g) ed h) della rubrica imputativa), nonché per i reati di cui agli artt. 56-629, 81-110-633-636 e 81-110-624-625 cod. pen. (il solo NOME COGNOME, rispettivamente capi a), b) e d) della rubrica imputativa).
In parziale riforma della pronuncia suddetta, la Corte di appello di Catania, con la sentenza impugnata, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati contestati sub b) ed h), perché estinti per prescrizione, ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui al capo e), per non avere commesso il fatto, ha escluso l’aggravante delle più persone riunite ed ha proceduto alla rideterminazione della pena, confermando nel resto.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi i suddetti imputati, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo f). Non sarebbe stata offerta un’adeguata risposta ai motivi di gravame che sottolineavano l’iniziale prevaricazione di COGNOME e COGNOME, che avrebbero impedito ai COGNOME il pascolo sui terreni già predisposti all’uopo, e, anche mediante l’intervento del malavitoso COGNOME, coartato i pastori, senza che le giustificate (e sia pure colorite) reazioni di costoro, in particolare di NOME, «giovane e immaturo psicologicamente», avessero mai oltrepassato i limiti della continenza.
3.2. Illogicità della motivazione in relazione alla ribadii:a affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo g). La declaratoria di prescrizione del reato di danneggiamento, che, secondo la contestazione, costituiva la condotta minatoria e violenta strumentalmente diretta alla coercizione delle persone offese, avrebbe imposto di ritenere inutilizzabile tale fatto di reato anche per quel che concerne il tentativo di estorsione.
3.3. Mancata assunzione di una prova decisiva e violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. per quel che concerne le dichiarazioni di
NOME e COGNOME. Posto che le condotte ch tentata estorsione di cui ai capi f) e g), per omogeneità oggettiva e contiguità temporale, dovrebbero essere contestate come un unico reato e che in oc;ini caso non si ravvisa un concreto apporto causale da parte di NOME COGNOME, ci si duole della mancata rinnovazione istruttoria per l’ascolto di una conversazione telefonica, secondo la difesa malamente interpretata dai giudici di merito, obliterando il fondamentale riscontro offerto a tale richiesta dalle deposizione del teste COGNOME.
3.4. Mancanza della motivazione riguardo alla mancata applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. (al contrario che per altri coimputati), a fronte di un irreprensibile comportamento processuale.
Ricorso di NOME COGNOME
4.1. Violazione di legge in relazione all’art. 629 cod. pen. e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo a). La Corte di appello avrebbe enfatizzato le dichiarazioni di NOME COGNOME, nonostante presentassero stridenti aporie, ed avrebbe estrapolato dalla conversazione registrata da quest’ultimo (e chiaramente costruita nei suoi esiti finali, provocando l’interlocutore sprovveduto) solo alcuni passaggi di apparente sostegno all’ipotesi accusatoria, trascurando il complessivo contenuto dell’intero dialogo, da cui non trasparirebbe alcuna prospettazione minacciosa, ma soltanto la preoccupazione di non danneggiare il fondo confinante.
4.2. Violazione di legge in relazione all’art. 629 cod. pen. e contraddittorietà o illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo f). I giudici catanesi, nel rispondere ai motivi di appello relativi alla ricostruzione del fatto, si sarebbero limitat compulsare le sole citazioni delle testimonianze riportate nella sentenza di primo grado, laddove invece un lettura diretta dei verbali avrebbe consentito di verificare come plurimi testi (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME) escludessero qualsivoglia minaccia, riportando tutta la vicenda all’espansione immobiliare della società RAGIONE_SOCIALE, anche in dispregio del diritto di prelazione dell’imputato su terreni per tanti anni concessigli in comodato gratuito per uso di pascolo. D’altronde, non emergerebbe nessuna partecipazione del ricorrente all’aggressione in danno di NOME e gli episodi di pascolo abusivo, contestati e prescritti, sarebbero riconducibili unicamente alla rimozione della recinzione elettrificata ad opera della medesima .NOME.
4.3. Violazione di legge in relazione all’art. 629 cod. pen. e contraddittorietà o illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo g). Non c’è prova che la condotta di danneggiamento, già oggetto del capo h), fosse indirizzata ad ottenere l’utilizzo o
la cessione a titolo gratuito dei terreni e, d’altronde, è emerso dall’istruttoria particolare dalla deposizione del teste COGNOME – che proprio gli operai della RAGIONE_SOCIALE avessero proceduto a lavori di potatura, pulitura, taglio o spostamento degli alberi di ulivo.
4.4. Violazione di legge in relazione agli artt. 392-393 cod. pen. e illogicità della motivazione per quanto attiene alla mancata riqualificazione dei contestati delitti di tentata estorsione. Il ricorrente avrebbe agito esclusivamente sulla base del convincimento, non meramente astratto o arbitrario ma ragionevole, di avere diritto alla prelazione sui terreni dei quali aveva avuto in precedenza il comodato. La Corte di appello si sarebbe erroneamente limitata a sostenere la non tutelabilità in giudizio della pretesa, sulla sola base della deposizione del notaio, senza prendere atto che i terreni oggetto della suddetta pretesa coincidevano perfettamente con quelli su cui sarebbero stati in ipotesi commessi i suddetti reati.
4.5. Contraddittorietà della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo d). I giudici di merito desumono la commissione del furto da un’intercettazione telefonica, a detta della difesa malamente interpretata, poiché i dialoganti non esprimerebbero null’altro che considerazioni descrittive, mentre emergerebbe aliunde che la RAGIONE_SOCIALE avesse maliziosamente recintato anche porzioni di terreno di cui non era proprietaria.
4.6. Violazione di legge in relazione all’art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen., e contraddittorietà della motivazione in relazione all’aggravante delle più persone riunite. Tale circostanza, infatti, esclusa per il capo g), è stata invece confermata per il capo f), sull’erroneo presupposto della presenza del ricorrente durante l’aggressione, laddove si era affermato il contrario in un altro passaggio della motivazione.
4.7. Violazione di legge in relazione all’art. 81 cod. per., in relazione all riconduzione sotto il vincolo della continuazione dei tre diversi episodi di tentata estorsione di cui ai capi a), f) e g), non invece ritenuti espressione di un’unica condotta criminosa. Avuto riguardo all’assenza di soluzioni di continuità (giacché le condotte sono poste in essere ininterrottamente dal giugno all’ottobre 2013) e all’unicità della direzione degli atti (coercizione degli amministratori di NOME, onde ottenere gratuitamente l’uso del pascolo), dovrebbe considerarsi minusvalente, per quanto qui rileva, il solo criterio temporale, comunque sconfessato dalla sola lettura della rubrica innputativa.
RAGIONE_SOCIALE, ha depositato comparsa conclusionale e nota spese di cui ha chiesto la liquidazione.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
1. Può osservarsi, in via preliminare, come entrambi i ricorrenti – per quanto attiene in particolare al primo, al secondo e al terzo dei motivi dedotti nell’interesse di NOME COGNOME e al primo, al secondo, al terzo e al quinto dei motivi dedotti nell’interesse di NOME COGNOME – invochino in concreto, pur nell’alveo formale delineato dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., una radicale rilettura del materiale probatorio. Questa operazione, con ogni evidenza, comporta una valutazione strettamente di merito preclusa alla competenza di questa Corte. Invero, non sono deducibili con ricorso per cassazione neppure censure che – come nel caso di specie – contestino l’illogicità della motivazione, se quando questa non sia “manifesta” e non sia criticata come proprio tale (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280589-02).
Peraltro, costituiscono in particolare questioni di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezz della motivazione con cui esse sono recepite (cfr., Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337), nonché la valutazione della attendibilità delle persone offese dal reato, che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis, Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, COGNOME e altri, Rv. 240524; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, deo. 2005, COGNOME, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 22749:3; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
La doppia conforme argomentazione dei giudici di merito, per quanto attiene all’affermazione di responsabilità di entrambi i ricorrenti, ha chiarito, con costante rimando alle risultanze istruttorie, in maniera priva di vizi logico-giuridici disattendendo espressamente analoghe doglianze, la minaccia larvata ma inequivoca avanzata da NOME COGNOME a NOME COGNOME, la violenza sulle cose consistita nell’invasione di terreni e nel pascolo abusivo e alla altrettanto trasparente richiesta di mantenere la disponibilità dell’appezzamento a titolo gratuito, oggetto del capo a) (pp. 5-6, quanto all’imposizione delle “leggi degli animali” rispetto alle ordinarie regole dominicali e possessorie), la sottrazione e
l’impossessamento del materiale di recinzione, contestati al capo d) e di cui c’è registrazione video (p. 12), le plurime condotte minacciose perpetrate dai due ricorrenti ai danni delle persone offese e dei loro operai e l’aggressione fisica da parte di NOME COGNOME in presenza del fratello NOME (pp. 8-11, ove si dà altresì conto di taluni prudenti “non ricordo” dietro cui si sarebbero trincerat alcuni testimoni), la certa riconducibilità del danneggiamento degli ulivi a NOME COGNOME, fermato dai Carabinieri provvisto di motosega e con ancora il corpo cosparso di trucioli, e il concorso morale di NOME COGNOME, che aveva spinto il fratello al danneggiamento (pp. 13-14, dove si dissipa ragionevolmente il dubbio che in luogo di “tagliali” fosse stato detto “talìali”).
Le censure in questione sono dunque non consentite, generiche in quanto meramente reiterative e comunque manifestamente infondate.
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche a NOME COGNOME è giustificata da una motivazione – fondata sul significativo corredo penale, nonché sulla spregiudicatezza e prevaricazione con cui interveniva rafforzando l’illecita pretesa del fratello – esente da manifesta illogicit circostanza che rende la statuizione in parola insindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). Non è infatti necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego, prenda in considerazione tutti gl elementi dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 27954902; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
Il quarto motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME è dunque non consentito e comunque manifestamente infondato.
Non è configurabile il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni oltre a quanto esplicitato dalla Corte ionica (pp. 14-15), in considerazione del fatto che dalla – ipotetica – pretermissione dei preilazionari in sede di vendita possono al più conseguire pretese risarcitorie o il diritto di riscatto o eventuali azio demolitorie del trasferimento di proprietà, ma non l’immediato godimento uti dominus del fondo; in ogni caso, nessun rapporto diretto sussisteva con la società acquirente.
Il quarto motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME è quindi manifestamente infondato.
La presenza del medesimo NOME COGNOME il 31 agosto 2013, allorquando NOME COGNOME e NOME furono insultati, minacciati e percossi da NOME COGNOME, è provata, in una complessiva lettura di tutti gli elementi di prova, dalle dichiarazioni che identificano uno dei quattro uomini che posero in essere tali condotte intimidatorie con colui che poco prima
aveva intimato agli operai della RAGIONE_SOCIALE di sospendere i loro lavori e che, anche a prescindere dalla minacciosità della richiesta, deve comunque pacificamente individuarsi nel suddetto ricorrente, anche tenuto conto delle conversazioni captate tra i due fratelli (pp. 8-11).
A fronte di questo incensurabile ragionamento, non sussiste dunque la contraddittorietà lamentata nel sesto motivo del ricorso di NOME COGNOME, che si limita a un frammentato richiamo di talune emergenze probatorie soltanto.
Il mancato riconoscimento della continuazione in relazione altre tentativi di estorsione (peraltro, non omogenei soggettivamente) non risulta – come può agevolmente evincersi dall’atto di gravame — previamente a suo tempo dedotta come motivo di appello.
Invero, si osserva in proposito come, in tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen. – secondo cui, a pena di inammissibilità, non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di q che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trovi il proprio fondamento nella necessità di evitare che possa essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non investito dal controllo della Corte di appello, nella pienezza valutativa della giurisdizione di merito, perché non segnalato con i motivi di gravame (cfr. Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316). La chiara ratio della norma processuale la pone dunque, con ogni evidenza, come un rimedio contro il rischio di un annullamento del provvedimento impugnato da parte della Corte di cassazione, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello.
Anche il settimo motivo del ricorso di NOME COGNOME non supera pertanto la soglia dell’ammissibilità.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
I ricorrenti non devono, però, essere condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti civili costituite, le quali non hanno offerto nessun elemento di dibattito centrato sulle questioni oggetto del ricorso, idoneo a offrire una valida piattaforma argomentativa di contrasto alle avverse ragioni, limitandosi
ad insistere nelle proprie conclusioni e richiedendo la condanna al risarcimento e alla rifusione delle spese legali. Nel giudizio di legittimità, infatti, quando il ric dell’imputato viene rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornend un utile contributo alla decisione (cfr. Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta le richieste di liquidazione delle spese presentate dalle parti civili.
Così deciso il 30 gennaio 2024
Il Consiglier estensore
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La Presidente