Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14158 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14158 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SORRENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che, con l’impugnata sentenza, resa in data 23 maggio 2023, la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 612, comma 2, cod. pen. (capo A) e 4 L. 110/75 e 61 n. 2 cod. pen. (capo B), dichiarando di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione e rideterminando la pena nella misura di mesi nove di reclusione (fatti commessi in Meta il 17 luglio 2016);
considerato che, avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando quattro motivi;
– considerato che il primo motivo, che lamenta il vizio di violazione di legge in punto di affermazione della responsabilità del ricorrente, è affidato a doglianze generiche e versate in punto di fatto, in quanto meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) (vedasi pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata), ed unicamente dirette a sollecitare una non consentita rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, al di fuori dell’allegazione di specifici, inopinabili e decisivi travisamenti di emergenze processuali (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794);
– considerato che il secondo motivo, proteso a censurare il vizio di violazione di legge con riferimento alla mancata assunzione di prove di rilievo, è manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità, « La rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti» (Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266820);
considerato che il terzo motivo, che denuncia il vizio di motivazione anche in relazione al mancato inquadramento della fattispecie ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., non è consentito in questa sede, giacché, tramite argomentazioni interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del
giudizio di responsabilità, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nelle loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, ictu ocull di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza (vedasi pag. 5 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale riporta l’esistenza di precedenti penali in capo all’imputato i quali precludono il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 131 bis cod. pen.);
considerato che il quarto motivo, che denuncia l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, e correlati vizi della motivazione, in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, non è consentito in questa sede, giacché, oltre a reiterare la doglianza già convogliata nel primo motivo, ponendo in discussione la completezza dell’apparato probatorio, tramite argomentazioni interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di responsabilità, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nelle loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, ictu ocu/i di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza. Peraltro, come riconosce lo stesso ricorrente, la pena è stata commisurata in misura prossima al minimo edittale; in tal caso, la irrogazione della pena non deve essere motivata in modo specifico e particolarmente ampio, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza sella pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 1.33 cod.pen., in quanto la sua applicazione rappresenta il frutto di una valutazione intuitiva e globale operata dal giudice di merito in rapporto alla complessiva considerazione del fatto e alla personalità dell’imputato ( Sez. 3,, n. 1571 del 10/01/1986,Ronzan, Rv. 171948; conf. Sez. 3 n. 38251 del 16/06/2016; Sez. 4 n. 46412 del 05/11/2015; nel senso della necessaria motivazione specifica in ordine ai criteri soggettivi e oggettivi elencati nell’art. 133 cod.pen., nel caso di in -ogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale, Sez. 3 n. 10095 del 10/01/2013, rv. 255153 ). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che il quinto motivo, proteso a censurare l’operata graduazione della pena, nonché il diniego delle circostanze attenuanti generiche, oltre che replicare senza alcun elemento di effettiva novità i rilievi articolati con i motivi di gravame, pur correttamente e congruamente disattesi dal giudice di appello, prospetta questioni non
consentite nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 – dep. 11/01/2008, Rv. 238851), come nel caso di specie (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata), e tenuto conto della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come parimenti avvenuto nel caso che occupa (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il consigliere estensore