Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35257 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35257 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GALLARATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-h
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato da NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che denuncia il vizio di illogicità della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 646 cod.pen., non è consentito, perché non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali tali da imporre una diversa conclusione del processo;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, dell credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo corretta applicazione di argonnenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità(si vedano, in particolare, pagg. 4-5 della sentenza impugnata, con riferimento alla condotta della fattispecie di appropriazione indebita);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che deduce il vizio di violazione di legge posta alla base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 646 cod. pen. – contestando, precisamente, la sussistenza dell’interversione del possesso ai fini dell’integrazione della fattispecie- non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che con motivazione adeguata il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento,facendo corretta applicazione della legge penale (si vedano,in particolare, pagg. 4-5 della sentenza impugnata);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso, che denuncia il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione per omessa pronuncia sul motivo aggiunto con il quale il ricorrente ha contestato la mancata esclusione della recidiva, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta con l’atto di appello nel quale, invero, l’imputato aveva mosso rilievi in merito al giudizio di bilanciamento delle attenuanti generiche, in
termini di prevalenza o di equivalenza con le aggravanti contestate, dovendosi ribadire il principio secondo il quale in tema di impugnazioni, il motivo inerente alla configurabilità della recidiva costituisce un punto autonomo della decisione, sicchè, ove l’appello originario abbia avuto riguardo ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio (la configurabilità di un’aggravante, il riconoscimento delle attenuanti generiche, il bilanciamento tra le circostanze e la misura della pena), non ci si può dolere, con i motivi aggiunti, dell’insufficiente motivazione o della violazione delle disposizioni in tema di recidiva (Sez.5, n. 40390 del 19/09/2022, Rv. 283803; Sez. 2, n. 53630 del 17/11/2016, Rv. 268980).
Ritenuto infine che il quarto motivo di ricorso, che deduce il vizio di violazione di legge e che contesta la correttezza della motivazione posta alla base del trattamento sanzionatorio, rilevando, nella specie, l’inosservanza dei principi di proporzionalità e individualizzazione della pena, è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, pag. 6 della sentenza impugnata, in punto di applicazione della pena di otto mesi di reclusione, stabilita con riferimento alla cornice sanzionatoria dell’art. 646 cod. pen. come riformata dalla lege gennaio 2019, n. 3);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 settembre 2025.