Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso inammissibile viene respinto senza un esame del merito. La pronuncia analizza i casi di due imputati, i cui ricorsi sono stati entrambi dichiarati inammissibili per ragioni diverse ma ugualmente significative dal punto di vista procedurale. Questo caso ci permette di approfondire tre pilastri del processo penale: la catena devolutiva, i limiti alla valutazione delle prove in Cassazione e la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena.
I Fatti del Caso
Due soggetti avevano presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il primo ricorrente contestava il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante e, in via generica, l’entità della pena. Il secondo, invece, lamentava la mancata individuazione di un suo ruolo specifico nel piano criminale, l’inattendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e l’eccessività della sanzione penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Per il primo ricorrente, il motivo relativo all’attenuante non era mai stato sollevato in appello, interrompendo così la cosiddetta ‘catena devolutiva’. Per il secondo, i giudici hanno ritenuto le censure manifestamente infondate o relative a valutazioni di merito, che non possono essere riesaminate in sede di legittimità. La Corte ha quindi condannato entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando la decisione impugnata.
Le Motivazioni: Analisi di un Ricorso Inammissibile
La decisione della Corte si fonda su principi procedurali consolidati. Analizziamo i punti chiave che hanno portato a dichiarare il ricorso inammissibile.
Il Principio della Catena Devolutiva
Per il primo imputato, il rigetto è stato netto: la contestazione sulla mancata applicazione dell’attenuante (art. 114 c.p.) non era stata presentata come motivo d’appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che i motivi non dedotti in appello non possono essere fatti valere in Cassazione. Questo principio, noto come ‘interruzione della catena devolutiva’, serve a garantire l’ordine processuale e a evitare che vengano sollevate per la prima volta questioni davanti alla Corte Suprema che avrebbero dovuto essere esaminate dai giudici di merito.
La Valutazione delle Prove e il Ruolo della Cassazione
Le doglianze del secondo ricorrente sono state respinte perché invadevano il campo del merito, precluso alla Cassazione. La Corte ha ribadito che:
1. Definizione del ruolo: Il ruolo dell’imputato (fornire supporto logistico e recuperare i complici) era stato chiaramente descritto dai giudici di merito, e tale descrizione non altera l’imputazione originaria violando l’art. 521 c.p.p.
2. Attendibilità dei testimoni: La valutazione della credibilità dei collaboratori di giustizia è una ‘questione di fatto’ riservata al giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella della Corte d’Appello, a meno che la motivazione di quest’ultima non sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa non riscontrata nel caso di specie.
3. Violazione dell’art. 192 c.p.p.: La presunta violazione delle regole di valutazione della prova può essere censurata in Cassazione solo come vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità), non come diretta violazione di legge.
La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena
Infine, anche la censura sull’eccessività della pena è stata giudicata inammissibile. La graduazione della sanzione, nel rispetto dei limiti fissati dagli artt. 132 e 133 del codice penale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Il suo operato è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, ha fornito una motivazione congrua e logica per le sue decisioni, basandosi su elementi concreti emersi dal processo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un vademecum sui limiti del ricorso in Cassazione. Insegna che non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza per poterla impugnare efficacemente davanti alla Suprema Corte. È necessario che i motivi di ricorso siano stati correttamente coltivati nei gradi precedenti e che si concentrino su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti di motivazione gravi), senza tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La decisione ribadisce la netta separazione tra il giudizio di merito, incentrato sulla ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, e il giudizio di legittimità, che ha il compito di assicurare l’uniforme e corretta applicazione della legge.
Perché un motivo di ricorso non presentato in appello diventa inammissibile in Cassazione?
Perché viola il principio della ‘catena devolutiva’, secondo cui la Corte di Cassazione può esaminare solo le questioni che sono state già sottoposte al giudice d’appello, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
La Corte di Cassazione può riesaminare la credibilità di un testimone o di un collaboratore di giustizia?
No, la valutazione dell’attendibilità di un testimone è una questione di fatto riservata esclusivamente al giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo severa?
È possibile solo in casi limitati. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione su questo punto è inammissibile se il giudice ha motivato adeguatamente la sua decisione, facendo riferimento ai criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale, e la motivazione non risulta illogica o contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34839 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34839 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a COSENZA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/10/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso -con cui si contesta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.- è inammissibile perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pagg. 12 e 13), con conseguente interruzione della catena devolutiva;
considerato che del tutto genericamente il ricorso si duole della pena inflitta. Letto il ricorso di COGNOME NOME
Rilevata preliminarmente la tardività delle memorie sopravvenute, considerato che il primo motivo di ricorso -con cui si contesta la mancata individuazione di uno specifico ruolo attribuito ad NOME– è manifestamente infondato- atteso che la Corte di appello ha spiegato che l’imputato si era occupato del “recupero” dei complici e a aveva messo a disposizione il proprio capannone per far nascondere le auto. Con l’ulteriore precisazione che l’individuazione di tale ruolo non configura la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., in quanto da ta condotte si evince la consapevole partecipazione dell’imputato all’azione predatoria realizzata dai complici oltre che il contributo agevolatore da lui forni per la riuscita del piano criminale;
considerato che le doglianze relative all’attendibilità delle dichiarazioni res dai collaboratori di giustizia sono inammissibili in quanto si risolvono in valutazio di merito, dovendosi ricordare che ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibil della deposizione della persona offesa ovvero dei testimoni è precluso innanzi alla Suprema Corte in ossequio al principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in senso cfr. Sezioni Unite, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione).
A ciò si aggiunga, più in generale, che le censure relative alla violazione dei criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. sono inammissibili, alla luce del più v ribadito insegnamento di questa Corte, che ha chiarito che «In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza,
pertanto può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della st norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifestà illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugNOME ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame», (Sez. 6 – , Sentenza n 4119 del 30/04/2019 Cc. -dep. 30/01/2020- Rv. 278196 – 02).
Considerato che il terzo motivo di ricorso -con cui si contesta l’eccessività della pena- è inammissibile perché propone questioni non consentite in sede di legittimità e perché manifestamente, in quanto in contrasto all’indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice d merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod pen.; che nella specie l’onere argonnentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si ved in particolare pagg. 22 e 23 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024
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Il Consigliere Estensore
Il Presidente