Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 492 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Milano il 11/02/1958
avverso la sentenza del 28/05/2024 della Corte d’appello di Torino
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 28/05/2024 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Verbania del 10/02/2022 (che aveva condannato l’imputato alla pena di anni 1 e giorni 20 di reclusione), assolveva NOME COGNOME del reato di vilipendio di alcune tombe (per non avere commesso il fatto) e, confermata nel resto la sentenza appellata, irrogava allo stesso la pena di anni 1 e giorni 2 di reclusione per le imputazioni residue.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo lamenta erronea ricostruzione del fatto ed erronea valutazione dell’elemento soggettivo, contestando la interpretazione delle istantanee scattate dalla c.d. ‘foto trappola’ e delle testimonianze assunte in dibattimento.
Inoltre, dalla istruttoria dibattimentale non Ł emerso alcun dato che consenta di inferire la sussistenza di un atteggiamento di disprezzo per la sacralità del luogo
2.2. Con il secondo motivo lamenta contraddittorietà della motivazione in relazione al riferimento alla distanza temporale tra le riprese delle c.d. ‘foto trappole’ e le denunce dei fatti. La stessa logica argomentativa utilizzata per assolvere l’imputato da taluno dei fatti doveva essere usata anche per le restanti imputazioni.
La Corte, inoltre, non si domanda nulla sulla possibile accidentalità dell’evento.
2.3. Con il terzo motivo lamenta violazione degli articoli 75 e 185 cod. pen. in relazione alla liquidazione del danno morale in favore dell’ente pubblico.
La Corte di appello ha liquidato come generiche le doglianze relative alle statuizioni in favore della parte civile, e alla stessa legittimazione ad agire della parte civile, laddove tutto ciò era già stato argomentato e verbalizzato nel corso del dibattimento di primo grado e in sede di appello si era richiamata la precedente documentazione.
3. Il ricorso Ł inammissibile.
4. Il primo motivo Ł inammissibile.
4.1. Quanto al travisamento del fatto, come noto, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (v., ex plurimis , Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217).
Non può essere ritenuto legittimo opporre alla valutazione dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato una diversa ricostruzione degli stessi, dato che in quest’ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito (Sez. 5, n. 8094 del
11/01/2007, COGNOME Rv. 236540 – 01; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME, Rv. 250168 – 01). , inammissibile in quanto formulata per motivi non consentiti dalla legge.
La doglianza Ł, in parte qua 4.2. Quanto all’elemento psicologico del reato, la doglianza Ł del pari generica.
Essa, infatti, non contesta la ‘manifesta’ illogicità della sentenza (la quale deve quindi essere ‘evidente’, ossia di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata – ), ma la semplice ‘illogicità’ della stessa, che, in quanto tale, non costituisce un vizio coltivabile in sede di illegittimità.
Va sul punto riaffermato che la tipizzazione dei possibili motivi di ricorso indicati dall’art. 606, comma 1, c.p.p. (i quali costituiscono, a differenza di quelli di appello, un numerus clausus , a presidio del quale l’art. 606, comma 3, c.p.p. commina la sanzione della inammissibilità per i «motivi diversi da quelli consentiti dalla legge»), comporta che il generale requisito della specificità si moduli, in relazione alla impugnazione di legittimità, in un senso particolarmente rigoroso e pregnante, sintetizzabile attraverso il già adoperato riferimento alla «duplice specificità» (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01), essendo onere del ricorrente argomentare anche la sussunzione della censura formulata nella specifica previsione normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge.
In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, malcela il tentativo di ribaltare la ricostruzione del fatto (sotto il profilo della sequenza cronologica dei fatti e della identificazione dell’odierno imputato come l’autore del fatto) operata dai giudici del merito, tentando così di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Va in proposito rammentato che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di
rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
Il motivo Ł pertanto inammissibile.
5. Il secondo motivo Ł doppiamente inammissibile
In primo luogo, esso Ł inammissibile in quanto fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Il ricorrente, partendo ancora una volta dalla (asseritamente) incerta riferibilità dei fatti all’imputato, evidenzia come dalle immagini riprese non emerge alcun fatto tipico di vilipendio, e non indaga una possibile accidentalità del fatto.
Chiede inoltre che la medesima operazione logica che ha condotto alla assoluzione per talune imputazioni (la distanza temporale tra i fatti occorsi il 13/10/2017 e la presenza dell’Albertario nel camposanto, di cui era abituale frequentatore notturno, essendo stato ripreso dalle foto-trappole ben 21 volte) venga estesa alle altre, sollecitando alla Corte, sostanzialmente, una completa revisione del procedimento di valutazione delle prove, operazione preclusa in sede di legittimità.
La Corte territoriale (pag. 5) giustifica infatti, in modo non illogico, la differente valutazione tra i fatti per i quali ha disposto l’assoluzione (vilipendio delle tombe Prada-Frisoglio, famiglia COGNOME e COGNOME NOME) e gli altri (NOME COGNOME, NOME e COGNOME), evidenziando sia la prossimità temporale dei fatti che il contenuto delle fotografie, che ritraggono l’imputato con una sbarra metallica in mano e poi con la sbarra e una croce di metallo (analoga a quella sottratta a una tomba).
Evidenzia anche come, applicando gli ordinari strumenti della logica, risulta improbabile che altro individuo, in possesso di strumenti atti a danneggiare le tombe, si sia introdotto nottetempo, e proprio in quel breve lasso temporale, all’interno del cimitero. Altro individuo che, peraltro, sarebbe stato inevitabilmente ripreso anch’egli dalle foto-trappola.
Quanto all’elemento soggettivo, la Corte torinese evidenzia come il reato sia punito a titolo di dolo generico, per cui gli eventuali moventi restano sullo sfondo.
Avverso la motivazione fornita il ricorrente non si confronta ma reitera le doglianze già dedotte e motivatamente disattese, con conseguente genericità del motivo di ricorso.
Il motivo, inoltre, chiede ancora una volta alla Corte di cassazione di sovrapporre una personale valutazione delle prove a quella logicamente plausibile operata dai giudici del merito, operazione, come visto, non consentita.
6. Il terzo motivo Ł inammissibile.
Per stessa ammissione del ricorrente, tutte le questioni relative alla parte civile (legittimazione ad agire e danno risarcibile) erano state argomentate nel corso del giudizio di primo grado, ma non nell’atto di appello, subordinato, ai sensi dell’articolo 581 cod. proc. pen., ad un rigoroso rispetto del principio di specificità dell’impugnazione.
Ciò che rendeva il motivo di appello inammissibile per genericità, come correttamente dichiarato dalla Corte territoriale.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME