Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5990 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5990 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 21/08/1997
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
· Letto il ricorso di ,
letta altresì la memoria depositata nell’interesse dell’imputato su responsabilità e sussistenza della attenuante di cui all’art. 62 bis cod.pen.
ritenuto che il primo motivo di ricorso reiterato in memoria che contesta la violazione di legge e la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità deducendo per la prima volta il travisamento della prova in cui sarebbero incorsi i giudici del merito per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, non è consentito dalla legge in sede di legittimità in presenza di cosiddetta “doppia conforme”, poiché in tal modo il vizio dedotto viene sottratto alla cognizione del giudice di appello, con violazione dei limiti del “devolutum” ed improprio ampliamento del tema di cognizione in sede di legittimità;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidiva non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato;
che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare, pag. 5) dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
ritenuto che con il medesimo motivo di ricorso si contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti reiterato con la memoria non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità (si veda pag. 5 della sentenza impugnata ove i giudici hanno escluso la concessione del beneficio anche alla luce dell’indole violenta del ricorrente), anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficient che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (ex multis Sez. 2, n. 3609 del
18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017; Rv. 271269);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta vizio di omessa motivazione sulla misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati è manifestamente infondato;
che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della regola di giudizio secondo la quale in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269);
che l’obbligo è stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operat surrettiziamente un cumulo materiale di pene;
che tale onere argomentativo è stato, pertanto, implicitamente assolto (si veda, in particolare, pag. 5 della sentenza impugnata) in presenza di reati omogenei e della impossibilità di affermare l’esattezza di una pena secondo criteri matematici, attraverso l’obiettivo minimo aumento di pena praticato in relazione alla misura della pena base e/o alla violazione più grave individuata dai giudici del merito in quella applicata per il reato già giudicato/per il reato per il quale si è proceduto nel presente procedimento;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025