Ricorso Inammissibile: Analisi di un Caso Pratico
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare le proprie ragioni secondo i canoni stabiliti dalla legge. Un esempio lampante di come un’impugnazione mal formulata possa fallire è offerto da una recente ordinanza della Suprema Corte, che ha dichiarato un ricorso inammissibile per tre motivi distinti. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di motivazioni specifiche e pertinenti.
I Fatti del Caso: un Appello contro la Condanna
Una donna, condannata dalla Corte d’appello, decideva di presentare ricorso in Cassazione. Le sue contestazioni si basavano su tre pilastri: un presunto vizio di motivazione nella valutazione delle prove, una mancata correlazione tra l’accusa originaria e la sentenza di condanna, e un’errata determinazione della misura della pena.
La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha analizzato ciascun motivo di ricorso, giungendo a una conclusione netta: l’intera impugnazione era inammissibile. Vediamo nel dettaglio perché ogni singola doglianza è stata respinta.
Primo Motivo: Il Divieto di Rivalutazione delle Prove
La ricorrente contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato gli elementi di prova. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare la legittimità della decisione, controllando che la motivazione sia logica e non presenti contraddizioni evidenti. Poiché la sentenza d’appello presentava una motivazione coerente (pagine 6-8), la richiesta della ricorrente si traduceva in una inammissibile sollecitazione a una diversa lettura delle prove, preclusa in sede di legittimità.
Secondo Motivo: La Correlazione tra Accusa e Sentenza
L’imputata sosteneva che il giudice di primo grado avesse illegittimamente “trasformato” un reato contestato come plurisoggettivo (commesso in concorso) in uno monosoggettivo. La Corte ha definito questo motivo manifestamente infondato. La sentenza d’appello aveva già chiarito (pagine 8-9) che non vi era stata alcuna trasformazione del reato, ma semplicemente la constatazione che il concorrente nel reato non era stato identificato, circostanza che non altera la natura del reato contestato all’imputata.
Terzo Motivo: La Genericità nella Determinazione della Pena
Infine, la critica alla misura della pena è stata giudicata del tutto generica. La Corte d’appello aveva motivato adeguatamente la sanzione facendo riferimento ai tre precedenti penali dell’imputata, di cui due specifici per truffa. Di fronte a tale motivazione, la ricorrente si era limitata a contestare la pena senza indicare le ragioni specifiche per cui tale valutazione sarebbe stata errata. Questa mancanza di specificità ha reso anche questo motivo inammissibile.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che il ricorso è inammissibile perché le censure mosse dalla difesa non rientrano nei limiti del giudizio di legittimità. Il primo motivo chiedeva un inammissibile riesame del merito della vicenda. Il secondo era basato su un presupposto errato, già chiarito dalla Corte d’Appello. Il terzo era privo della necessaria specificità, limitandosi a una critica generica senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, che era ancorata a dati oggettivi come i precedenti penali.
Conclusioni
Questa ordinanza insegna una lezione cruciale: per avere successo in Cassazione, un ricorso non può limitarsi a contestare l’esito di una sentenza. Deve, invece, individuare precisi vizi di legittimità, come errori nell’applicazione della legge o manifeste illogicità nella motivazione, argomentandoli in modo specifico e puntuale. La richiesta di una nuova valutazione dei fatti o la presentazione di doglianze generiche conducono inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione rischia di essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, tra le altre cose, chiede una nuova valutazione delle prove (che è compito dei giudici di merito), si basa su motivi manifestamente infondati o è formulato in modo generico, senza specificare le ragioni concrete della contestazione.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di valutare nuovamente le prove?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove per giungere a una diversa ricostruzione dei fatti, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Significa che la critica mossa alla sentenza è vaga e non si confronta specificamente con le ragioni esposte dal giudice. Nel caso analizzato, la ricorrente ha criticato la pena senza spiegare perché la motivazione basata sui suoi precedenti penali fosse inadeguata, rendendo la sua doglianza generica e quindi inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 97 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 97 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nata a Siderno il 06/03/1979
avverso la sentenza del 15/02/2023 della Corte d’appello di Trento
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i motivi di ricorso, che contestano il vizio motivazionale in relazione all’art. 192, comma 2, cod. proc. pem, il difetto di correlazione tra accusa e sentenza e la violazione di legge con riguardo alla determinazione della misura della pena, sono: il primo, non consentito, poiché, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che appare priva di contraddizioni e illogicità manifeste (si vedano, in particolare, le pagine da 6 a 8 della stessa sentenza), le doglianze della ricorrente si risolvono nella sollecitazione di una diversa valutazione del significato dei diversi elementi di prova, per giungere a conclusioni differenti in ordine alla valenza probatoria degli stessi elementi, il che non è ammissibile in sede di legittimità; il secondo, manifestamente infondato, atteso che la Corte d’appello ha adeguatamente spiegato (si vedano, in particolare,. le pagg. 8-9 della sentenza impugnata) come, diversamente da quanto sostenuto dall’imputata, il giudice di primo grado non aveva “trasformato” la contestata fattispecie plurisoggettiva in monosoggettiva, ma si era limitato a constatare che l’esistente
concorrente nel reato non era stato individuato; il terzo, del tutto generico, atteso che, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata in ordine alla determinazione della misura della pena del tutto adeguata (si veda, in particolare, la pag. 9 della stessa sentenza), in quanto fondata sul riferimento ai tre precedenti penali dell’imputata, di cui due proprio per truffa, la ricorrente ha omesso di indicare le specifiche ragioni della propria doglianza;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 novembre 2023.