Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3750 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3750 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ASSUNTA COCOMELLO che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente a COGNOME COGNOME e per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME NOME;
lette le conclusioni dei difensori Avv.ti NOME COGNOME E NOME COGNOME per NOME, che hanno chiesto l’annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione;nonché Avv. NOME COGNOME per NOME e COGNOME NOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Potenza.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza del Gip della stessa città con la quale, all’esito di rito abbreviato, NOME COGNOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME sono stati condannati alla pena di giustizia per i delitti agli stessi ascritti in concorso (capi a) artt. 110, 648 cod. pen.; capo b) artt. 110, 624 cod. pen.; c) artt. 336, 337 cod. pen. così riqualificato il fatto all’esito del giudizio di primo grado).
NOME COGNOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei rispettivi difensori, proponendo motivi di ricorso, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
NOME COGNOME
3.1. Violazione di norme processuali ai sensi degli art. 178, comma 1, lett. c) e art. 179 cod. proc. pen. per lesione del diritto dell’imputato a partecipare al processo; nonostante la tempestiva richiesta di partecipazione il Presidente della Corte di appello disponeva non luogo a provvedere in considerazione della trattazione scritta del procedimento.
3.2. Vizio della motivazione perché palesemente contraddittoria con travisamento della prova quanto all’annotazione di polizia giudiziaria del 15/05/2021, con riferimento all’individuazione del soggetto che si trovava alla guida della vettura coinvolta nelle condotte oggetto di imputazione, soggetto che non era stato individuato nel ricorrente, ma in altro coimputato. In tal senso richiamava una serie di elementi di prova erroneamente valutati dalla Corte di appello (impronte digitali sul cambio, tratti fisiognomici, ammissione di responsabilità con esclusivo riferimento al furto etc…).
3.3. Vizio della motivazione perché omessa quanto alle censure mosse con l’atto dì appello in ordine al trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento alla omessa motivazione quanto alla richiesta applicazione della continuazione tra tutte le ipotesi di reato contestate.
COGNOMECOGNOME COGNOME NOME
4.1. Vizio della motivazione perché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica con travisamento della prova, nella determinazione della pena in mancanza di chiara indicazione della pena base e dei criteri di determinazione della stessa.
4.2. Violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen.; le caratteristiche dell’azione per come emersa in giudizio dovevano condurre
ad applicare la continuazione per tutti i fatti imputati; la Corte di appello aveva omesso di rispondere sulle censure così specificamente indicate ed articolate.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente a NOME COGNOME e chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e COGNOME NOME.
I ricorsi sono inammissibili per essere stati proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
6.1. Il primo motivo proposto da COGNOME è manifestamente infondato. Dalla consultazione degli atti, possibile in relazione alla tipologia di vizio dedotto, è emersa senza alcun dubbio l’intempestività della richiesta presentata dal ricorrente in data 09/01/2023 in relazione alla udienza fissata per la data del 23/01/2023, chiaramente disattesa dal Presidente della Corte di appello in considerazione della disciplina del c.d. rito cartolare in vigore al momento della presentazione della istanza in questione. La richiesta di partecipazione doveva essere difatti inoltrata entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ai sensi dell’art. 23-bis d.l. 137 del 2020 convertito nella I. n. 176 del 2020, che nel caso in esame non è stato rispettato.
6.2. Il secondo motivo di ricorso presentato da COGNOME non è consentito, risolvendosi in una mera reiterazione dei motivi di appello, in mancanza di reale confronto con la motivazione, al fine di introdurre in questa sede una non consentita lettura alternativa del merito, tra l’altro in presenza di una c.d. conforme ad esito della scelta di tutti i ricorrenti di accedere al rito abbreviato (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01) La Corte di appello ha richiamato, con motivazione logica, approfondita e del tutto priva di aporie, dati inequivoci in ordine alla responsabilità ascritta al ricorrente (pag. 7 e seg. con particolare riferimento alla sostanziale ammissione degli addebiti nell’ambito degli interrogatori di garanzia ed all’esito inequivoco dell’attività di indagine e di perquisizione e sequestro pienamente utilizzabile in considerazione del rito prescelto).
6.3. Il terzo motivo di COGNOME COGNOME e il primo e secondo motivo di COGNOME e COGNOME NOME possono essere trattati congiuntamente,
attesa la loro sovrapponibilità. I ricorrenti hanno sostanzialmente proposto censure in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento al mancato riconoscimento della disciplina della continuazione in relazione ai diversi reati agli stessi imputati, in modo del tutto generico ed in mancanza di confronto con l’esplicita motivazione della Corte di appello sul punto che, nel confermare la pena inflitta, ha chiarito come le condotte riqualificate ai sensi dell’art. 336, 337 cod. pen. non potessero in alcun modo rientrare in un originaria ed unitaria previsione e nella preordinazione di un unitario disegno criminoso, atteso che la presenza delle forze dell’ordine era da considerare un fattore sopravvenuto del tutto imprevedibile.
Con tale motivazione i ricorrenti non si confrontano affatto, limitandosi a riproporre le censure già sollevate con l’atto di appello, così ricadendo anche in una effettiva aspecificità del motivo di ricorso. Anche le altre censure in ordine alla pena devono essere ritenute generiche, essendo stata omessa la considerazione della condivisione piena del calcolo della pena da parte della Corte di appello. Nel realizzare tale ponderata considerazione la Corte di appello non è incorsa in alcuna irragionevolezza, richiamando la decisione di primo grado, precisando ed evidenziando gli elementi significativi posti a base della scelta sanzionatoria. In tal senso è bene ricordare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01). Il giudice, dunque, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196-01, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01).
I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21 dicembre 2023.