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Ricorso inammissibile: limiti e confini in Cassazione

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una confisca di beni. La Corte stabilisce che non si può chiedere un riesame dei fatti, ma solo contestare violazioni di legge. La motivazione del giudice di merito, se logica e presente, non è sindacabile. Il caso riguarda la confisca di beni donati da un padre alle figlie.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione traccia i confini per le misure di prevenzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27177/2024, affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: i limiti del ricorso avverso le misure di prevenzione. Il caso in esame, che ha portato a un ricorso inammissibile, riguarda la confisca di beni intestati a terzi e offre uno spunto fondamentale per comprendere la differenza tra una contestazione sul merito dei fatti e una violazione di legge, unico baluardo per l’accesso al giudizio di legittimità.

I fatti del caso: la confisca dei beni donati

La vicenda ha origine da un decreto del Tribunale di Palermo, che disponeva la confisca di una quota dell’80% di alcuni beni immobili e di una quota societaria. Tali beni erano intestati a tre sorelle, le quali li avevano ricevuti in donazione dal padre, deceduto, ritenuto soggetto di interesse per le misure di prevenzione. Le tre donne, ritenendosi terze estranee ai fatti contestati al genitore, hanno impugnato il provvedimento, prima davanti alla Corte di Appello e poi in Cassazione.

La loro tesi difensiva si basava su diversi punti: sostenevano che il padre avesse perso la disponibilità dei beni fin dal 2011, anno della donazione, e che tale atto fosse motivato dalla volontà di assicurare un futuro alle figlie e alle loro nuove famiglie, non per eludere le misure di prevenzione. Contestavano inoltre l’incoerenza della valutazione economica del giudice di merito e la mancata applicazione di una riduzione del valore stimato degli immobili.

La Corte di Appello di Palermo, tuttavia, aveva rigettato le loro doglianze, confermando la confisca. A questo punto, le sorelle hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso delle tre sorelle inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione – cioè se la confisca fosse giusta o meno – ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dalle ricorrenti non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per un ricorso in Cassazione in materia di misure di prevenzione.

Le motivazioni del ricorso inammissibile

Il cuore della sentenza risiede nella spiegazione del perché il ricorso inammissibile non potesse essere accolto. La Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato (ius receptum): il ricorso contro i provvedimenti in materia di misure di prevenzione è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile, invece, lamentare vizi di motivazione che attengono a una diversa valutazione dei fatti, come la presunta illogicità o contraddittorietà.

Le ricorrenti, secondo la Corte, stavano chiedendo proprio questo: una nuova e diversa valutazione delle prove e delle circostanze già ampiamente esaminate dalla Corte di Appello. Contestavano il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato la donazione, la situazione patrimoniale della famiglia e le perizie tecniche. Queste sono tutte questioni di fatto, la cui valutazione è di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

L’unico caso in cui un difetto di motivazione può essere fatto valere in Cassazione come violazione di legge è quando la motivazione è totalmente assente o meramente apparente, cioè talmente generica o incomprensibile da non far capire il percorso logico seguito dal giudice. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha invece riscontrato che la Corte di Appello di Palermo aveva fornito una motivazione approfondita, logica e dettagliata (da pagina 5 a 11 del decreto impugnato), affrontando tutte le obiezioni delle difese e spiegando adeguatamente perché la sproporzione tra redditi e beni giustificava la misura di prevenzione.

Conclusioni: cosa insegna questa sentenza

Questa pronuncia rafforza un pilastro del nostro sistema giudiziario: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il suo ruolo è quello di assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Chi intende presentare un ricorso in questa sede, specialmente in un ambito delicato come quello delle misure di prevenzione, deve concentrarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto commessi dal giudice precedente. Tentare di ottenere una rivalutazione delle prove o proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella del giudice di merito conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti fatta da un giudice di merito in un procedimento di prevenzione?
No, il ricorso in Cassazione contro le misure di prevenzione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare i fatti o le prove già esaminate dai giudici di primo e secondo grado.

Quando una motivazione di una sentenza può essere considerata una violazione di legge?
Secondo la Corte, una motivazione integra una violazione di legge solo quando è totalmente assente o meramente apparente, cioè quando non permette di comprendere il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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