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Ricorso inammissibile: limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il ricorso contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e di un’attenuante. La Corte ha ribadito che non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, se la motivazione di questi ultimi è logica e giuridicamente corretta, condannando la ricorrente al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio della Corte di Cassazione, specialmente quando un ricorso inammissibile contesta valutazioni già effettuate nei gradi di merito. Il caso riguarda il rigetto di un appello contro la decisione di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e un’altra attenuante. Analizziamo la decisione per comprendere meglio il ruolo e i confini della Suprema Corte.

I Fatti del Processo e l’Oggetto del Ricorso

Una persona condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi dell’appello si concentravano su due punti principali:

1. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, relativa ai reati di particolare tenuità.
2. Il diniego della concessione dell’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4) del codice penale.

L’imputata sosteneva che i giudici d’appello avessero errato nel negare questi benefici, chiedendo alla Cassazione di rivedere tale decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle richieste della ricorrente, ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non erano ammissibili in quella sede. Di conseguenza, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso infondato.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa su un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte ha chiarito che non ha il potere di “sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito”.

In altre parole, il Tribunale e la Corte d’Appello sono i giudici del “fatto”: analizzano le prove, ascoltano i testimoni e ricostruiscono come si sono svolti gli eventi. La Corte di Cassazione, invece, è il giudice della “legge” (o di legittimità): il suo compito è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e che le loro motivazioni siano logiche e non contraddittorie.

Nel caso specifico, i giudici di Cassazione hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “esente da vizi logici e giuridici” per negare sia la non punibilità per tenuità del fatto, sia l’attenuante. La decisione impugnata era basata su “corretti argomenti giuridici, coerenti con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di legittimità”. Poiché la motivazione era valida e coerente, non c’era spazio per alcuna censura da parte della Cassazione. Di qui, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione come un “terzo grado” di giudizio per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Se la decisione del giudice d’appello è motivata in modo logico e conforme alla legge, essa è definitiva riguardo alla ricostruzione dei fatti. Un ricorso inammissibile si ha proprio quando si tenta di superare questo limite, chiedendo alla Suprema Corte di fare ciò che non le compete. La condanna al pagamento delle spese e della sanzione alla Cassa delle ammende serve anche come deterrente per evitare ricorsi presentati con finalità puramente dilatorie o senza validi presupposti giuridici.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica, coerente e giuridicamente corretta, e quindi non soggetta a censure di legittimità.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello). Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Quali sono state le conseguenze per la ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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