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Ricorso inammissibile: limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per minaccia. La decisione ribadisce che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione dei fatti, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge. L’ordinanza sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso, sanzionando la genericità e le censure di mero fatto con l’inammissibilità.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può Riesaminare i Fatti

Presentare un appello alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è un’occasione per ridiscutere l’intero processo. Un recente provvedimento, l’ordinanza n. 20270/2024, ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, illustrando i rigidi confini del giudizio di legittimità. Questo caso dimostra come la genericità dei motivi e il tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove portino inevitabilmente a una pronuncia sfavorevole, con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Il Percorso Giudiziario del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado per il reato di minaccia continuata e aggravata. La Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, aveva assolto l’imputato da alcune contestazioni, limitando la condanna a un singolo episodio. Inoltre, aveva escluso le aggravanti, riqualificando il fatto come minaccia semplice, di competenza del Giudice di Pace, e rideterminando la pena in una multa di 400 euro.

Nonostante l’esito più favorevole in appello, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi.

L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili per ragioni diverse ma convergenti, che evidenziano errori comuni nella redazione di tali atti.

Il primo motivo contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, proponendo una lettura alternativa delle prove. La Corte ha prontamente respinto questa doglianza, ricordando un principio fondamentale: alla Corte di Cassazione è precluso sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata, che in questo caso è stata ritenuta esente da vizi.

Il secondo motivo lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Anche in questo caso, la censura è stata giudicata generica e, soprattutto, infondata in diritto. La Corte ha infatti precisato che, a seguito della riqualificazione del reato come di competenza del Giudice di Pace, tale norma non è comunque applicabile, come stabilito dalle Sezioni Unite.

Infine, il terzo motivo, relativo al diniego delle attenuanti generiche e alla condanna alle spese di giustizia, è stato giudicato parimenti inammissibile. La critica sulle attenuanti era troppo generica, mentre quella sulle spese era manifestamente infondata, poiché la Corte d’Appello aveva già correttamente bilanciato i costi in considerazione del parziale accoglimento dell’appello.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. La funzione della Corte di Cassazione è quella di nomofilachia, ovvero garantire l’uniforme interpretazione e applicazione della legge. Non è un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito. Per questo motivo, le censure che si risolvono in ‘doglianze in punto di fatto’, volte a ottenere una ricostruzione alternativa e più favorevole degli eventi, sono sistematicamente dichiarate inammissibili.

Inoltre, l’art. 581 del codice di procedura penale impone che i motivi di ricorso siano specifici, indicando chiaramente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Un motivo generico, che non si confronta analiticamente con la motivazione della sentenza impugnata, non permette al giudice dell’impugnazione di esercitare il proprio sindacato, risultando così inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sull’importanza della tecnica redazionale e della strategia processuale nel giudizio di legittimità. Un ricorso inammissibile non solo non porta ad alcun risultato utile per il ricorrente, ma comporta anche conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione riafferma che per accedere al giudizio della Suprema Corte non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito, ma è necessario individuare e argomentare specifici vizi di legittimità, nel pieno rispetto dei limiti strutturali del ricorso per Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano o generici e indeterminati, oppure miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che è preclusa al giudice di legittimità.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della ricostruzione dei fatti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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