Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza occasione per ridiscutere l’intero processo. La Suprema Corte ha compiti ben precisi, e non sempre entra nel merito delle questioni. Una recente ordinanza ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando perché i motivi di appello devono essere specifici e non possono mirare a una nuova valutazione delle prove. Analizziamo insieme questo caso per capire i limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: Una Falsa Denuncia di Sinistro
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo, ritenuto responsabile di aver falsamente denunciato un sinistro stradale. La condanna si basava su una valutazione delle prove che, secondo i giudici di merito, dimostrava la sussistenza del reato sia dal punto di vista oggettivo (la denuncia non veritiera) sia soggettivo (la volontà di commettere l’illecito).
L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
L’Appello e i Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due punti fondamentali:
1.  Errata valutazione delle prove: Si contestava la logicità della motivazione della sentenza d’appello, proponendo una diversa lettura dei dati processuali e una ricostruzione alternativa dei fatti. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e giudicare diversamente la loro attendibilità.
2.  Genericità della pena: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato la sanzione inflitta, in particolare per quanto riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti.
Questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con i rigidi paletti procedurali che regolano il giudizio di legittimità.
La Decisione della Corte: La Regola del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono chiaramente il perimetro di intervento della Suprema Corte.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ribadito un concetto fondamentale: la Cassazione non è un “giudice del fatto”. Non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti, né può verificare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con modelli di ragionamento alternativi. Il suo compito è solo quello di verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia priva di vizi logici evidenti o di errori di diritto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva spiegato in modo coerente le ragioni della sua decisione, rendendo il motivo di ricorso un mero tentativo, non consentito, di ottenere una nuova valutazione del merito.
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, ma per una ragione diversa: la genericità. La Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte in appello, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni fornite dal giudice precedente. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica mirata e specifica delle ragioni della decisione impugnata, non una semplice ripetizione di doglianze già esaminate.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano su due pilastri della procedura penale. In primo luogo, il principio secondo cui il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può entrare nel “fatto”, ma deve limitarsi a controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. Accogliere richieste di nuova valutazione delle prove significherebbe snaturare il ruolo della Suprema Corte, trasformandola in un terzo grado di merito.
In secondo luogo, viene sottolineata la necessità della specificità dei motivi di ricorso. L’articolo 591 del codice di procedura penale sanziona con l’inammissibilità i ricorsi fondati su motivi generici. Questo requisito impone al ricorrente di instaurare un dialogo critico con la sentenza impugnata, evidenziando specifici errori di diritto o vizi logici, e non limitandosi a una generica contestazione della decisione.
Conclusioni
La decisione in esame è un’importante lezione pratica sui limiti e le corrette modalità di accesso al giudizio di Cassazione. Un ricorso ha speranze di successo solo se si concentra su vizi di legittimità (errori di diritto o illogicità manifeste della motivazione) e se i motivi sono formulati in modo specifico e pertinente. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove o riproporre genericamente argomenti già respinti conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio. Il suo ruolo è di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non di riesaminare i fatti.
Cosa rende un motivo di ricorso “generico” e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice precedente. La mancanza di correlazione tra le critiche mosse e la motivazione della sentenza porta all’inammissibilità.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, come in questo caso, può comportare la condanna alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile nel giudizio.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4417 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4417  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA.3
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO.
Letto il ricorso e la memoria depositata nell’interesse di NOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza de motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità del motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzio storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle f prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo d sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, R 216260); che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le rag del suo convincimento a pag. 5 della motivazione, nella parte in cui ritiene sussisten l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, facendo applicazione di corretti argomenti giurid ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato commesso al momento della falsa denuncia del sinistro;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta la correttezza dell motivazione, è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame a pag. 6, dove si fa riferimento trattamento sanzionatorio e, quindi, alla omessa concessione delle circostanze attenuanti; che, invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 comma 1 let c), deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragio argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presen giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquidano in complessiv 2800,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, in data 9 gennaio 2024
Il konsigliere estensore
Il Presidente