Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23268 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23268 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a BARLETTA il 14/01/1998 NOME COGNOME nato il 27/04/2001
avverso la sentenza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che l’unico motivo cui è affidato è inammissibile, atteso che i mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entit introdotta dalla sentenza n. 120 del 15/06/2023 della Corte costituzionale – rien nell’accordo intercorso tra le parti, così come la pena applicata all’odi ricorrente, peraltro, correttamente determinata, che è stata concordata con Procuratore generale; che, in proposito, la giurisprudenza di legittimit consolidata nel ritenere che il controllo che la Corte di appello deve effettua relazione alla pena concordata è solo quello relativo alla legalità della pena, a che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti non può esse modificato dal giudice, che può solo accogliere o rigettare la richiesta e, l’accolga, verificare la legalità della pena (Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2 Coppola, Rv. 279504 – 01); che, dunque, il giudice di appello non deve neanche valutare la congruità della pena (Sez. U, ord. n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, R 226715 – 01); che, nel caso di specie, non è ravvisabile l’illegalità della concordata, che rientra nella forbice edittale prevista per il reato as all’imputato;
considerato, in conclusione, che il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità costituisce parte integrante dell’ac raggiunto dalle parti, l’imputato non può dolersene;
letto il ricorso di NOME COGNOME e la memoria del 09/05/2025, peraltro, tardiva; ritenuto che il primo motivo – con cui si deduce l’inutilizzabilità del dichiarazioni rese da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 63, comma 2, cod. proc. p – non è consentito, poiché non risulta connotato dai requisiti, richiesti a p inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di qu già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni p a base della decisione e, dunque, non specifici ma soltanto apparenti, omettend di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso sentenza oggetto di ricorso;
che il giudice di appello, invero, con corretti argomenti logici e giuridici adeguatamente evidenziato come il reato contestato al dichiarante non incide i alcun modo sull’accertamento dei fatti per cui procede, atteso che non è st commesso nei confronti di nessuno dei due ricorrenti e che non ha nessuna influenza sulla prova del delitto di lesioni personali in danno per cui si proced considerato che anche il secondo motivo – con cui si contesta l’affermazione di responsabilità del COGNOME – non è consentito, atteso che le doglianze tendon
prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie mediante criteri di valutazi diversi da quelli adottati dal giudice del merito e, pertanto, risultano estra
sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specif e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti; c
invero, la Corte territoriale ha valutato in modo congruo gli elementi probat emersi nel giudizio, con particolare riferimento alle prove dichiarative ed
attendibilità della persona offesa, che hanno condotto al giudizio di responsabi dell’odierno ricorrente (si vedano le pagg. 15-16 della sentenza impugnata);
rilevato che nemmeno il terzo motivo – con cui si contesta la sussistenza della
circostanza aggravante delle più persone riunite – è consentito in sede legittimità, perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta co
motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’a
606 connma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si vedano pag. 13 e 14 della motivazione)
che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odiern ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila Uascunoiin favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.