Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11126 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a CALCINATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha insistito l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 5 aprile 2019 dal Tribunale di Brescia nei confronti di NOME COGNOME, per i reati di cui agli artt. 646, 348, 56-640, 640 cod pen., ha dichiarato non doversi procedere in relazione ai delitti di cui ai capi 1, 2 5, 6 e 8, estinti per intervenuta prescrizione e ha assolto l’imputato dalla residua tentata truffa di cui al capo 3, con le conseguenti statuizioni civili.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando cinque motivi di ricorso, tutti attinenti al solo capo 6 (artt 61 n. 11 e 640 cod. pen.), per il quale sono state comunque confermate le statuizioni civili.
2.1. Con il primo motivo, si deduce l’omessa notifica del decreto di citazione ad entrambi i difensori, successivamente alla riunione dei due originari procedimenti, nonché della carenza di motivazione in ordine allo specifico profilo di gravame sull’omessa notifica all’AVV_NOTAIO.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura il difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, poiché la modifica effettuata in dibattimento dal pubblico ministero avrebbe in effetti ad oggetto fatti nuovi e non solo fatti diversi.
2.3. Con il terzo motivo, la difesa si duole della mancata declaratoria di improcedibilità per difetto di tempestiva querela e comunque per la ribadita affermazione di responsabilità.
2.4. Con il quarto motivo, si eccepisce il vizio di motivazione in ordine alle statuizioni civili, in particolare per quanto attiene la legittimazione attiva di COGNOME.
2.5. Il quinto motivo ha per oggetto la revoca della sospensione condizionale della pena, oggetto di motivi di appello sui quali non ha offerto risposta la Corte bresciana.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile alle impugnazioni proposte sino al 15 gennaio 2024, in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Difetta di interesse, preliminarmente, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che, come nel caso di specie, risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, Sentenza n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015. Bianchetti, Rv. 263157).
Ciò premesso, l’omesso avviso di fissazione udienza ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato non determina l’assenza della difesa, ma soltanto l’inosservanza delle disposizioni concernenti l’assistenza dell’imputato, a norma dell’art. 178 lett. c), cod. proc. pen. Si configura, pertanto, una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita in udienza dall’altro difensore, ritualmente 4 q
avvertito e presente, sicché la mancata proposizione dell’eccezione, prima della deliberazione della sentenza, sana la nullità, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244187; Sez. 5, n. 55800 del 03/10/2018, Intoppa, Rv. 274620). È lo stesso ricorrente a dare atto che la questione è stata sollevata solo con l’atto di appello e dunque tardivamente.
Il primo motivo non è dunque sorretto da adeguato interesse.
Il ricorrente non specifica poi, se non mediante testuale citazione delle due versioni del capo 6, in cosa consista la “novità” del fatto contestato ex art. 516 cod. proc. pen., di modo che, in primo luogo, la censura oggetto del secondo motivo risulta del tutto generica e meramente reiterativa.
Il precetto di cui all’art. 521 cod. proc. pen., peraltro, può ritenersi viola solo nel caso di assoluta e reale difformità tra l’accusa e la statuizione del giudice, quando non sia possibile individuare un nucleo comune nei fatti diversi nei loro elementi essenziali (tanto da determinare una incertezza sull’oggetto della imputazione), che si pongono, quindi, in rapporto di eterogeneità e incompatibilità tra loro, facendo sì che l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia trovato nel condizione di non potersi difendere in ordine a quanto ascrittogli (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, dep. 2010, COGNOME, Rv. 24805101; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205617; Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, COGNOME, Rv. 281477; Sez. 2, n. 12328 del 24/10/2018, deo. 2019, COGNOME, Rv. 276955; Sez. 3, n. 1960 del 28/06/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272093, secondo cui non costituisce fatto nuovo, ma mera variazione dell’originaria contestazione la modifica del /ocus commissi delicti; Sez. 5, n. 33878 del 03/05/2017, COGNOME, Rv. 271607, che reputa conforme all’art. 521 cod. proc. pen. la condanna per bancarotta documentale semplice di un imputato di bancarotta documentale fraudolenta; Sez. 5, n. 7581 del 05/05/1999, COGNOME, Rv. 213776). D’altronde, non è diverso il fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, laddove la differente condotta realizzativa sia emersa dalle risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato, di modo che anche rispetto ad essa egli abbia avuto modo di esercitare le proprie prerogative difensive (Sez. 6, n. 38061 del 17/04/2019, Rango, Rv. 277365). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, non c’è stata alcuna incertezza sul nucleo essenziale dell’elemento oggettivo, a fronte di una piena corrispondenza dell’effetto, del conto corrente e della condotta di falsificazione (artificio della truffa, già contestata com reato autonomo, prima della abrogazione della fattispecie).
Quanto alla ricostruzione dei fatti, il ricorrente, a fronte di una motivazione congrua dei giudici di appello (pp. 10-12, che condividono il percorso argomentativo del Tribunale), si limita a sollecitare un’impossibile nuova ponderazione del compendio probatorio, sia per quanto attiene agli elementi
costitutivi, sia al momento in cui la persona offesa avrebbe avuto piena contezza della vicenda, ai sensi dell’art. 124 cod. pen.
Il terzo motivo non è dunque consentito, laddove invoca valutazioni di merito estranee al giudizio di cassazione, e comunque risulta manifestamente infondato.
La stringata censura oggetto del quarto motivo involge analogamente considerazioni in punto di fatto, inerenti la sussistenza e la quantificazione di un danno risarcibile in capo a una delle parti civili, puntualmente smentite nella sentenza impugnata (p. 12), con cui il ricorrente si confronta in un’ottica meramente confutativa.
D’altronde, in punto di diritto, è legittimato all’esercizio dell’azione civile processo penale non solo il soggetto passivo del reato, ma anche chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione od omissione del soggetto attivo, e tale rapporto di causalità sussiste anche quando il fatto reato, pur non avendo determinato direttamente il danno, abbia tuttavia prodotto uno stato tale di cose che senza di esse il danno non si sarebbe verificato (Sez. 2, n. 31295 del 31/05/2018, La Montagna, Rv. 273698; Sez. 6, n. 11295 del 02/12/2014, dep. 2015, Vignati, Rv. 263170).
Le censure sono in buona parte non consentite e comunque manifestamente infondate.
Il Tribunale di Bergamo, infine, ha correttamente revocato la sospensione condizionale della pena precedentemente concessa con due diverse sentenze, rese a breve distanza l’una dall’altra nel 2017, osservando come le pene detentive inflitte con i due provvedimenti raggiungevano complessivamente i tre anni e che successive decisioni irrogavano, per fatti anche successivi, ulteriori consistenti condanne alla reclusione. Il ricorrente dubitava, nell’atto di appello, della facolt del giudice di procedere alla revoca a prescindere dai fatti per cui stava procedendo, nonché della applicabilità al caso di specie dell’art. 168 cod. pen.
Il giudice della cognizione ben può revocare la sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell’art. 164, quarto comma, cod. pen., in presenza di cause ostative, a condizione che le stesse non fossero documentalmente note al giudice che ha concesso il beneficio (Sez. 3, n. 34387 del 27/04/2021, Bisioli, Rv. 282084). Nel caso di specie, si trattava di revoca obbligatoria, ai sensi dell’art. 168, primo comma, n. 2, cod. pen., avendo il ricorrente riportato una condanna, per un delitto commesso anteriormente al passaggio in giudicato della prima pronuncia che concedeva il beneficio, a una pena che, cumulata con quella già sospesa, superava i limiti stabiliti dal precedente art. 163. La pronuncia del Tribunale è stata resa correttamente, dal momento che la quasi contemporanea pronuncia delle due sentenze ha reso impossibile per i rispettivi giudici avere conoscenza dell’elemento ostativo. Il provvedimento che dispone la revoca della
sospensione condizionale, quando il beneficio risulti concesso in presenza delle cause ostative indicate al quarto comma dell’art. 164 cod. pen., ha natura dichiarativa, in quanto ha riguardo ad effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e possono essere rilevati in ogni momento dal giudice della cognizione (così, ex plurimis, Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, Principalli, Rv. 272429; Sez. 3, n. 7199 del 23/01/2007, Mango, Rv. 236113);
Il motivo è dunque manifestamente infondato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
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La Presidente