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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza. La decisione sottolinea che non è possibile riproporre in sede di legittimità mere questioni di fatto già valutate nei gradi di merito, ribadendo la natura del giudizio della Cassazione come organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione non è una semplice formalità, ma un’azione che richiede il rispetto di precise regole tecniche. La recente ordinanza n. 8395/2024 della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di cosa accade quando queste regole non vengono seguite, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questo caso, originato da una condanna per guida in stato di ebbrezza, diventa una lezione fondamentale sui limiti del giudizio di legittimità e sulle conseguenze di un appello mal fondato.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna al Ricorso

La vicenda processuale ha inizio con la condanna di un automobilista da parte del Tribunale di Vicenza per il reato di guida in stato di ebbrezza, nella sua forma più grave (art. 186, comma 2, lett. c del Codice della Strada). La sentenza viene successivamente confermata dalla Corte di Appello di Venezia.

Non rassegnato, l’imputato decide di portare il caso fino all’ultimo grado di giudizio, proponendo ricorso per Cassazione. La sua difesa si basa su un unico motivo: la presunta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza d’appello in merito alla sua responsabilità penale.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stroncato sul nascere le speranze del ricorrente. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza neppure entrare nel merito delle argomentazioni difensive. La Corte ha ritenuto che il motivo sollevato non fosse consentito in sede di legittimità. I giudici hanno evidenziato come le censure dell’imputato non fossero altro che la riproposizione di argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte con motivazioni corrette dalla Corte territoriale. In sostanza, il ricorrente ha cercato di ottenere dalla Cassazione un nuovo giudizio sui fatti, compito che non spetta alla Suprema Corte.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha spiegato in modo netto e conciso le ragioni della sua decisione. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, le argomentazioni presentate erano costituite da ‘mere doglianze in punto di fatto’. Il ricorrente non ha contestato un errore nell’applicazione della legge, ma ha criticato il modo in cui i giudici di merito hanno valutato le prove e ricostruito i fatti. Questo tipo di critica è precluso nel giudizio di Cassazione, che ha il solo compito di verificare la corretta osservanza e interpretazione della legge.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come il ricorso fosse ‘meramente riproduttivo’ di profili di censura già esaminati e disattesi nei precedenti gradi di giudizio, senza che il ricorrente articolasse uno ‘specifico confronto’ con le ragioni giuridiche esposte nella sentenza d’appello. Di fronte a questa inerzia argomentativa, la declaratoria di inammissibilità è diventata una conseguenza inevitabile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve essere tecnicamente impeccabile e concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione che siano evidenti e decisivi. Riproporre semplicemente le stesse argomentazioni fattuali respinte in appello equivale a presentare un ricorso inammissibile, con conseguente spreco di risorse giudiziarie e un’ulteriore condanna economica per il ricorrente. La decisione serve da monito: l’accesso alla Suprema Corte è riservato a questioni di diritto serie e ben argomentate, non a tentativi di rimettere in discussione la valutazione delle prove.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge (errori di diritto), si limitava a riproporre critiche sulla valutazione dei fatti (doglianze in punto di fatto) già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘meramente riproduttivo’?
Significa che il ricorso si limita a copiare e incollare le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio precedente, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni giuridiche della sentenza che si sta impugnando.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come nel caso di specie, fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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