Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26978 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26978 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOME COGNOME nato in Albania il 24/03/1970, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 07/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME cui il P. riportato in udienza, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in riferimento ai criteri di computo della pena.
udito, per l’imputato, l’Avv. NOME COGNOME che si è riportato al ricorso chieden l’accoglimento.
PREMESSO IN FATTO
Con sentenza del 05/07/2018, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Firenze del 27/09/2013, che – esclusa l’aggravante della transnazionalità – ave condannato NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’articolo 73, comma 1, d.P.R. 309/1990 (capo B.1, in cui riteneva assorbito il capo B.5) alla pena di anni sette di reclusione ed euro 30.00 di multa, disponendo altresì, a pena espiata, ai sensi dell’art. 86 DPR 309/90, l’espulsione
condannati dal territorio dello Stato in considerazione della pericolosità sociale, quale risult gravità delle condotte criminose e dai quantitativi di droga trattati.
Con sentenza n. 14926 del 28/03/2019, la Corte di cassazione annullava la sentenza di appello anzidetta limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Evidenziava in particolare come la Corte costituzionale, con sentenza n. 40 del 2019, avesse dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 73 comma 1, d.P.R. 309/90, contestat odierni imputati, per violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza d all’art. 3 Cost. e di rieducazione della pena di cui all’art. 27 Cost., nella parte in cui esso un minimo edittale di otto anni di reclusione, anziché di anni sei, limite quest’ulti rinvenibile nell’ordinamento e ritenuto più adeguato ai fatti “di confine” nel sistema punitiv reati connessi al traffico degli stupefacenti.
Ne conseguiva la sopravvenuta illegalità della pena considerata dal giudice del merito sull base di parametri edittali in vigore al momento del fatto e successivamente dichiara incostituzionali con la citata sentenza.
La radicale modifica del quadro normativo di riferimento impone, infatti, la valutazione de situàzioni giudicate ed oggetto di ricorso alla luce dei principi sulla successione di leggi nel dettati dall’art. 2, comma 4, cod. pen., nonché dall’art. 7, par. 1, CEDU, secondo cui l’imput ha diritto di beneficiare della legge penale successiva alla commissione del reato, che preved una sanzione meno severa di quella stabilita in precedenza, fino a che non sia intervenuta sentenza passata in giudicato, con conseguente annullamento della sentenza limitatamente al punto concernente 3 il trattamento sanzionatorio (cfr. Sez. U. n. 33040 del 26/02/2015, Jazoul Rv. 264206, per il caso dei parametri edittali previsti per le cc.dd. droghe leggere, a se della declaratoria d’incostituzionalità di cui alla sentenza n. 32 del 2014).
Con sentenza del 07/10/2024, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Firenze del 27/09/2013.
Avverso tale sentenza ricorre, tramite il proprio difensore di fiducia, il COGNOME
Con un primo motivo lamenta violazione della legge processuale e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale rigettato l’istanza di differimento dell’udienza del 7 ottobre 2 legittimo impedimento del difensore, ricorrendo a mere frasi di stile di fatto sostanziate motivazione apparente.
Con un secondo motivo lamenta violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione alla commisurazione della pena base su cui sono stati effettuati aumenti per le aggravanti contestate (il numero delle persone riunite) e per la continuazione.
Con un terzo motivo lamenta violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione. La sentenza di appello omette di parcellizzare il quantum di pena relativa ai due reati originariamente contestati (capo B.1 e capo B.5), che hanno date e condotte differenti.
Pertanto, alla difesa non è dato capire quale peso abbia avuto nel calcolo della pena il re ancillare originariamente contestato.
Inoltre, lamenta violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazi all’applicazione dell’aggravante di cui al comma 6 dell’articolo 73 d.P.R. 309 del 1990, contes indifferentemente a tutti i coimputati senza indicare il contributo fornito da ciascuno di es
Con un quarto motivo lamenta violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione alla motivazione per relationem, avendo la Corte di appello operato un mero rinvio alla prima sentenza in punto di pena, senza operare una autonoma valutazione.
Con un quinto e ultimo motivo, lamenta violazione dell’articolo 86 d.P.R. 309 del 1990, quanto nel caso di applicazione della pena accessoria dell’ordine di espulsione eseguibile a pen espiata è necessario e doveroso l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosit sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Ed infatti, la giurisprudenza della Corte è pacifica nel chiarire che il legittimo impedi per poter essere favorevolmente valutato, per un verso deve essere tempestivamente comunicato; per altro verso, la relativa istanza deve dare conto dei motivi per cui concomitante impegno, il difensore non può ricorrere al sostituto processuale ex art. 102 cod. proc. pen..
La tempestiva comunicazione ha il duplice ruolo, da un lato, di consentire al giudice a cu chiesto il rinvio di effettuare gli accertamenti eventualmente necessari; dall’altro, di r possibile che l’eventuale rinvio avvenga in tempo utile per evitare disagi alle altre p disfunzioni giudiziarie, ad esempio anticipando o posticipando l’udienza, effettuando l’ controcitazione dei testi, fissando altro processo in quel ruolo di udienza.
Come è stato evidenziato da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 29589 del 24/05/2023, Torregrossa, n.m.), l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituis legittimo impedimento che da luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 4 ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento n appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragion che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato
d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Sez. U, n. 490 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912).
E’ stato anche precisato (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, De Marino, Rv. 244109) che, in caso di istanza di rinvio per concomitante impegno professionale del difensore, spetta, in og caso, al giudice effettuare una valutazione comparativa dei diversi impegni al fine contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertando se si effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore per le ragioni rappresenta nell’istanza e da riferire alla particolare natura dell’attività cui occorre presenziare, alla ma o assenza di un codifensore nonché all’impossibilità di avvalersi di un sostituto a norma dell’a 102 cod. proc. pen..
In tal senso si è, infatti, ulteriormente specificato che, proprio in ragione del des bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del proces ancorché la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, nondimeno, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente. Ciò che si richiede, tuttavia, è una specifica allegazione delle rag dell’impedimento e della opzione privilegiata per l’uno o l’altro processo, sì da consentir Giudice di effettuare quello scrutinio di cui si è detto.
Si è anche precisato che l’impedimento a comparire del difensore per contemporaneo impegno professionale si considera «prontamente comunicato», e quindi costituisce causa di rinvio a nuova udienza, quando è posto alla cognizione del giudice con congruo anticipo e, cioè, in prossimità della conoscenza da parte del difensore della contemporaneità degli impegni (Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, COGNOME, Rv. 190828; Sez. 2, n. 20693 del 12/05/2010, Lo, Rv. 247548 – 01; Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014, Rv. 260579)
Dunque, il difensore che insti per il rinvio dell’udienza, adducendo un contestuale impegno professionale, non può limitarsi a comunicare e documentare l’esistenza di un contemporaneo impegno professionale in altro processo, riservandosi di scegliere fino al giorno prefissato a qua udienza partecipare, ma fatta prontamente la scelta, ne deve dare immediata comunicazione al giudice al quale intende chiedere il rinvio ed è tenuto a esporre le ragioni che rendono essenzial l’espletamento della sua funzione in esso per la particolare natura dell’attività a cui presenziare, l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato, l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod pen., sia nel processo a cui si intende partecipare sia in quello di cui si chiede il rinvio.
Spetta, poi, al giudice di quest’ultimo processo l’accurata valutazione, bilanciando esigenze di difesa dell’imputato da un lato e quelle di affermazione del diritto e della gius dall’altro, delle documentate deduzioni difensive, anche alla luce delle eventuali necessità di rapido esaurimento della procedura trattata, per accertare che l’impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie o non possa nuocere all’attuazione della giustizia nel caso in esame.
Entrambi i presupposti, secondo la sentenza gravato, difettavano nel caso di specie, essendo l’impedimento stato comunicato dal difensore solamente 3 giorni prima dell’udienza (ossia il 4 ottobre per l’udienza del 7 ottobre, a differenza del caso contemplato dalla sentenza citata d ricorrente, in cui l’impedimento era stato comunicato con ampio margine) e in ogni caso tempo dopo la conoscenza del duplice impegno professionale; inoltre lo stesso difensore aveva omesso di indicare i motivi della mancata sostituzione ex art. 102 cod. proc. pen..
Trattasi di valutazione di merito sostenuta da motivazione non illogica, ma che fa buon governo dei principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità, ciò che re doglianza manifestamente infondata.
3. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.
3.1. Quanto al primo aspetto, la Corte territoriale evidenzia che, pur se nella vigenza del cornice edittale precedente alla sentenza n. 40 del 2019 della Corte costituzionale, la pri sentenza, pronunciata in esito a rito ordinario, pur rigettando la richiesta di applicazione circostanze attenuanti generiche (decisione non contestata dal ricorrente), ha applicato la pen in misura prossima al minimo edittale previsto dopo la sentenza del Giudice delle leggi (anni se di reclusione), in tal modo operando una valutazione assolutamente in favor rei.
Ed infatti la prima sentenza, a pagina 23, testualmente afferma che «in considerazione dei criteri indicati dal codice penale nell’art,133 c.p., e in particolare della gravità dei fat qualità e quantità di droga trattata, si ritiene congrua, tenuto conto dell’aumento di pena l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 73 essendo i fatti commessi da tre o più persone, pe NOME quella di anni sette di reclusione ed euro 30.000 di multa (p.b. anni sei mesi sei reclusione ed euro 25.000, aumentata ex comma 6, tenuto conto del suo ruolo preminente)».
La sentenza gravata, pertanto, ha ribadito la correttezza del percorso logico seguito dal primo giudice nella commisurazione della pena, con conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso
3.2. Quanto alla censura relativa all’aumento per continuazione, essa è manifestamente infondata in quanto, per effetto dell’assorbimento del reato contestato al capo B.5 nel rea contestato al capo B.1, il primo ha perso qualsivoglia autonomia, rientrando, a quel punto, quantificazione della pena per l’unico reato giudicato, nell’ambito della valutazione discrezion operata dal giudice ai sensi dell’articolo 133 cod. pen..
Anche tale doglianza è pertanto manifestamente infondata.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
La Corte ritiene (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277438 – 01) che, in tema di giudizio di rinvio, la cognizione del giudice riguarda il nuovo . esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento.
Nel caso in esame, tuttavia, nel primo giudizio per cassazione l’imputato aveva dedotto, come unico motivo di ricorso, l’assenza di responsabilità e non anche l’applicazione dell circostanza aggravante di cui all’articolo 73, comma 6, d.P.R. 309/1990.
Questa Corte, nella circostanza, ha annullato la sentenza ritenendo la pena irrogata “illegale in quanto commisurata su una cornice edittale dichiarata incostituzionale, rinviando alla Cort territoriale esclusivamente per rideterminare la pena.
Tale annullamento, pertanto, non ha avuto in alcun modo l’effetto di rimettere in termini ricorrente per ampliare il thema decidendum mediante la proposizione di motivi che, non essendo strettamente e conseguenzialmente collegati al principio di diritto, debbono ritenersi preclusi.
Come evidenziato da questa Corte, infatti (Sez. 5, n. 42329 del 20/.10/2022, Russo, Rv. 283877 – 01), nel caso di annullamento con rinvio, è precluso al giudice del rinvio l’esame dell questioni ritualmente devolute al giudice di secondo grado con i motivi di appello, ma non attint dalle censure formulate con il ricorso per cassazione, perché non sottoposte al vaglio del giudice di legittimità o perché non rientranti tra i motivi da questo dichiarati assorbiti dalla que sollevata e decisa.
5. Il quarto motivo è inammissibile.
Sul punto il Collegio evidenzia che, se è pur vero che «quando la Corte di cassazione abbia annullato una sentenza di appello, il giudice di rinvio non adempie all’obbligo della motivazio se si limiti a richiamare per relationem la sentenza di primo grado in quanto questa non può aver tenuto conto dei motivi di appello che il giudice di rinvio deve valutare sia pur nei limiti enu dalla sentenza di annullamento» (Sez. 4, n. 950 del 21/04/1971, COGNOME, Rv. 119324 – 01), tuttavia, nel caso concreto, non può sfuggire che la conferma dell’irrogazione di una pena contenuta in misura prossima al minimo edittale non possa costituire alcuna violazione dei motivi di censura dedotti nel precedente ricorso che, come visto, non concernevano se non la valutazione di responsabilità, in relazione alla quale la sentenza rescindente ha chiarito esse caduto il giudicato.
Il quinto motivo è inammissibile in quanto, come il terzo, non era stato dedotto con gl originari motivi di appello e sull’applicazione della pena accessoria dell’espulsione era calat giudicato.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a pagamento delle spese processuali.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’one delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che « parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
;
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità Medesima consegue, a norma dell’art. 61
cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025.