Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Rientra nel Merito
Nel complesso mondo della procedura penale, comprendere i confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta perché un ricorso inammissibile non può portare a un nuovo esame dei fatti. Analizziamo una decisione che ribadisce principi consolidati, offrendo spunti preziosi sulle strategie difensive e sui limiti dell’impugnazione in ultima istanza.
I Fatti del Caso: un Ricorso contro una Condanna per Estorsione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di estorsione aggravata, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
In primo luogo, contestava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale. Sostanzialmente, lamentava che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare le prove, in particolare le dichiarazioni della persona offesa. In secondo luogo, si doleva della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
L’Analisi della Corte e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Questa decisione non entra nel vivo della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che le questioni sollevate non potevano essere trattate in quella sede.
Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni
La Corte ha osservato che il primo motivo di ricorso era, in realtà, una semplice riproposizione delle stesse censure già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere argomenti già vagliati. Quando ciò accade, i motivi sono considerati solo ‘apparenti’ e non specifici, portando a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Inoltre, la difesa lamentava un ‘travisamento’ delle dichiarazioni della parte offesa. Tuttavia, la Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di scegliere tra diverse interpretazioni delle prove o di valutare la credibilità dei testimoni. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il controllo della Cassazione, o ‘giudizio di legittimità’, si limita a verificare che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria, cosa che nel caso di specie è stata riscontrata.
Secondo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (ex art. 62-bis c.p.), è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per negare le attenuanti, il giudice di merito non è obbligato a prendere in esame ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che basi la sua decisione su quelli ritenuti più rilevanti e decisivi, fornendo una motivazione logica. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva motivato adeguatamente il diniego, rendendo la censura inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono radicate nella netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il primo, svolto nei primi due gradi di giudizio, accerta i fatti e valuta le prove. Il secondo, di competenza della Cassazione, ha la funzione di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali.
La Corte ha quindi stabilito che il ricorrente, attraverso le sue censure, stava impropriamente tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove, un’operazione non consentita in Cassazione. La scelta tra versioni contrastanti o la valutazione dell’attendibilità di un testimone sono attività insindacabili in sede di legittimità, a meno che la motivazione del giudice di merito non sia palesemente illogica o viziata, circostanza non ravvisata in questo procedimento. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica legale: un ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere successo, deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. La semplice riproposizione di argomenti già disattesi o il tentativo di ottenere una diversa lettura del materiale probatorio sono destinati a scontrarsi con una declaratoria di ricorso inammissibile. La decisione sottolinea l’importanza di strutturare un’impugnazione mirata, che rispetti i rigorosi limiti posti al sindacato della Corte di Cassazione.
Perché un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito o quando chiede alla Corte una nuova valutazione delle prove, compito che esula dalle sue competenze di giudice di legittimità.
La Corte di Cassazione può riesaminare la credibilità di un testimone?
No, la valutazione dell’attendibilità dei dichiaranti e la scelta tra diverse versioni dei fatti sono compiti devoluti esclusivamente ai giudici di merito. La Corte di Cassazione si limita a controllare la coerenza e la logicità della motivazione adottata nella sentenza impugnata.
Cosa è sufficiente per motivare il diniego delle attenuanti generiche?
Secondo la giurisprudenza consolidata, il giudice di merito non deve analizzare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli all’imputato. È sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o rilevanti per giustificare la sua decisione di negare la concessione delle attenuanti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43305 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della Corte d’appello di Catania
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione della responsabilità per il reato di estorsione aggravata ascritto all’odierno ricorrente, risulta non consentito in sede di legittimità perché fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano, in particolare, le pagg. 4-7 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che per quanto attiene, nello specifico, al lamentato vizio di travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, con particolare riferimento alle dichiarazioni della parte offesa, deve osservarsi che il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se il senso probatorio, attribuito dal ricorrente in contras con quello eletto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non
immediatamente smentibile e non imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell’esame del dichiarante; tuttavia, tale ipotesi non ricorre nella specie, dovendo ribadirsi il consolidato principio secondo cui non può formare oggetto di ricorso per cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti o delle dichiarazioni e l’indagine sull’attendibilità d dichiaranti, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione adottata dal giudice di merito (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362), che, nella specie, con una motivazione esente dai contestati vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le già richiamate pagg. 4-7 dell’impugnata sentenza), facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della sussistenza del reato e della dichiarazione della responsabilità dell’imputato;
che, infatti, il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza o attendibilità delle risultanze processuali, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità;
ritenuto che anche il secondo motivo di ricorso, con cui si censura vizio di legge e di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda la pag. 7 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio, affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che facci riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.