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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di merito

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per rapina aggravata. La decisione sottolinea come il giudizio di legittimità non possa trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare i fatti. Il caso evidenzia i criteri per un ricorso inammissibile, confermando la condanna e le aggravanti riconosciute dalla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina il Merito

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità e delle ragioni che portano a un ricorso inammissibile. Con questa decisione, la Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di una donna condannata per rapina aggravata, ribadendo che la sua funzione non è quella di un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove e i fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda una donna condannata in primo grado e in appello per il reato di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 del codice penale. L’imputata, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: si contestava la logicità e la completezza della motivazione che aveva portato all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. Violazione di legge: si contestava il riconoscimento dell’aggravante di aver commesso il fatto con violenza e minaccia da parte di più persone riunite.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: si lamentava la mancata concessione delle attenuanti della lieve entità del danno e della particolare tenuità del fatto.

La Decisione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Gli Ermellini hanno stabilito che i motivi presentati dalla ricorrente non erano ammissibili in sede di legittimità. In particolare, il tentativo di contestare la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello è stato qualificato come un tentativo di ottenere una ‘lettura alternativa del merito’, attività preclusa alla Suprema Corte. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello logica, coerente e completa, basata su elementi probatori solidi e non sindacabile in questa sede.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo una lezione sui limiti del sindacato di legittimità.

Primo Motivo: Il Divieto di Rivalutazione del Merito

La Cassazione ha chiarito che il primo motivo era finalizzato a una nuova valutazione delle prove, estranea al suo compito. La Corte può censurare una motivazione solo se mancante, manifestamente illogica o contraddittoria, e non quando l’imputato propone una diversa interpretazione delle risultanze processuali. La ricostruzione della Corte d’Appello è stata giudicata ‘logica e persuasiva’ e fondata su ‘apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà’.

Secondo Motivo: La Reiterazione di Censure Già Respinte

Anche il secondo motivo, relativo all’aggravante delle più persone riunite, è stato considerato inammissibile. La Corte ha evidenziato come esso fosse ‘meramente riproduttivo’ di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dal giudice d’appello. La sentenza impugnata aveva infatti valorizzato elementi concreti, come l’uscita congiunta dei complici dall’esercizio commerciale e le dichiarazioni concordanti dei testimoni, per giustificare l’aggravante.

Terzo Motivo: Genericità e Mancato Confronto

Infine, il terzo motivo sulle attenuanti è stato giudicato inammissibile perché ‘reiterativo, oltre che generico’. La ricorrente non si era confrontata specificamente con la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva escluso, in modo logico e argomentato, la lieve entità del danno e la tenuità del fatto, considerando la natura dei beni sottratti e l’azione violenta posta in essere.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice’ del fatto. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Un ricorso che tenta di rimettere in discussione la valutazione delle prove, senza individuare specifici vizi di legittimità come il travisamento della prova, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La conseguenza per la ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a dimostrazione della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non rispetta i requisiti di legge, ad esempio perché propone motivi non consentiti, come la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, oppure quando i motivi sono generici, ripetitivi di argomenti già respinti e non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione esercita un sindacato di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile per il ricorrente?
Oltre alla conferma definitiva della sentenza di condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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