Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Doglianze sui Fatti non Trovano Spazio
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7262 del 2024, offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità. La decisione chiarisce perché un ricorso inammissibile non può trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di giudizio, dove riesaminare le prove e i fatti. Il caso riguarda un uomo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti che ha tentato, senza successo, di contestare la sua identificazione davanti alla Cassazione.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna per Spaccio al Ricorso
La vicenda processuale ha origine con la condanna di un individuo alla pena di un anno e sei mesi di reclusione e 2.400 euro di multa per il reato di cessione di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. La condanna, emessa dal GUP del Tribunale di Arezzo e confermata dalla Corte d’Appello di Firenze, si basava su prove solide.
L’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la sua identificazione da parte dell’acquirente della sostanza fosse inattendibile e che i giudici di merito non avessero valutato adeguatamente questo aspetto. Il suo obiettivo era scardinare l’impianto accusatorio mettendo in dubbio l’elemento chiave della sua colpevolezza: essere proprio lui la persona che aveva ceduto la droga.
La Decisione della Corte di Cassazione: Il Ricorso è Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente: quello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dall’imputato non erano ammissibili in quella sede, poiché miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.
Le Motivazioni: I Limiti del Giudizio di Legittimità
La Suprema Corte ha articolato la sua decisione sulla base di principi consolidati della procedura penale, ribadendo la natura e i confini del proprio ruolo. Le motivazioni possono essere riassunte in tre punti fondamentali.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Il compito della Corte di Cassazione non è quello di essere un “giudice di terza istanza” per riesaminare le prove. Il suo controllo è limitato alla “legittimità”, ovvero alla verifica che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano costruito un percorso logico-argomentativo coerente e privo di vizi manifesti. Il ricorso dell’imputato, invece, tendeva proprio a questo: riproporre censure “in punto di fatto” già esaminate e respinte nei gradi precedenti, chiedendo alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella della Corte d’Appello.
La Coerenza Logica della Sentenza Impugnata
La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello non fosse affatto illogica o carente. Anzi, era fondata su una pluralità di elementi convergenti:
1.  Osservazione diretta: Gli agenti di polizia avevano osservato e controllato direttamente il ricorrente mentre, insieme a un’altra persona, effettuava cessioni di stupefacenti.
2.  Corrispondenza fisica: L’imputato era l’unico soggetto presente che corrispondeva alle caratteristiche fisiche (altezza, stazza, calvizie) descritte dall’acquirente.
3.  Prove materiali: Solo l’imputato era stato trovato in possesso di un involucro contenente tracce di polvere bianca.
Questi elementi, valutati nel loro insieme, costituivano una base logica solida per affermare la responsabilità dell’imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio.
La Genericità del Motivo di Ricorso
Infine, la Corte ha sottolineato come il ricorso non si confrontasse specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Piuttosto che evidenziare una specifica illogicità nel ragionamento dei giudici d’appello, l’imputato si era limitato a riproporre le stesse doglianze già respinte, senza una critica mirata. Questo rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche di un Ricorso Inammissibile
L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative. In primo luogo, la condanna a carico del ricorrente è diventata definitiva. In secondo luogo, a causa della declaratoria di inammissibilità, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento straordinario, da utilizzare per denunciare errori di diritto o vizi logici macroscopici, non per tentare una terza valutazione dei fatti nella speranza di un esito diverso.
 
Cosa succede se un ricorso in Cassazione contesta la ricostruzione dei fatti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare le prove o di rivalutare i fatti del caso; il suo compito è solo quello di controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Su quali elementi si basava la condanna confermata dalla Corte d’Appello?
La condanna era basata su tre elementi principali: l’osservazione diretta degli agenti di polizia durante la cessione, la corrispondenza tra le caratteristiche fisiche dell’imputato e la descrizione fornita dall’acquirente, e il ritrovamento di un involucro con tracce di sostanza stupefacente in suo possesso.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7262 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7262  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/06/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con sentenza del 29 giugno 2021, la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza del 9 novembre 2016 del GUP presso il Tribunale di Arezzo resa in esito a giudizio abbreviato che ha condannato NOME alla pena di anni un mesi sei di reclusione ed euro 2.400 di multa per il reato di cui all’a comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, così come riqualificato dal prim Giudice.
L’imputato ricorre per cassazione deducendo vizio della motivazione della sentenza impugnata, stante la ritenuta inattendibilità del riconoscimento ope dal destinatario della cessione della sostanza stupefacente.
Il ricorso è inammissibile.
Esso infatti tende, mediante doglianze in punto di fatto, a riprodurre pr di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti Giudici di merito, senza specifica critica delle argomentazioni a base d sentenza impugnata; il che,icarae-pi-perrtato i non è consentito.
Al riguardo, occorre infatti innanzitutto ribadire che il controllo del Giudi legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argoment restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzion valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 20 Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
D’altronde la motivazione siccome resa non può senz’altro dirs manifestamente illogica, tenuto altresì conto di quanto affermato dal giudi quo- e neppure specificamente contrastato – in relazione alla posizione ricorrente, direttamente osservato e controllato dagli agenti mentre effett cessioni di stupefacente unitamente a un terzo soggetto, trattandosi tra l dell’unico soggetto che rispondeva alle caratteristiche fisiche (altezza, st calvizie) riconosciute dall’acquirente e considerato che solo l’imputato era disponibilità di un involucro dove erano state rinvenute tracce di polvere bian
In definitiva il motivo di impugnazione invoca per un verso censure estrane al giudizio di legittimità, e d’altro lato non si confronta neppure appieno motivazione della Corte territoriale in relazione all’ascrivibilità dei cessione affermata in via diretta ovvero logico-deduttiva.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Cor costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elemen
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa determinazione della causa di inammissibilità», alla declarato dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente