LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per violenza e oltraggio a pubblico ufficiale. La decisione si fonda sulla natura dei motivi proposti, qualificati come mere doglianze di fatto e non come vizi di legittimità. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che non è possibile una nuova valutazione della vicenda in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso evidenzia i precisi limiti del giudizio della Suprema Corte, che non può riesaminare il merito dei fatti già accertati nei gradi precedenti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7103 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado’ di merito. Questa pronuncia offre uno spunto cruciale per comprendere perché un ricorso inammissibile viene dichiarato tale e quali sono le conseguenze per chi lo propone. Il caso in esame riguarda un cittadino condannato per reati contro la pubblica amministrazione che ha visto la sua impugnazione respinta senza neanche un esame del merito.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.). L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi per chiederne l’annullamento. Le sue doglianze miravano a rimettere in discussione la sussistenza stessa del reato, l’assenza del requisito della presenza di più persone e la possibile applicazione di una causa di giustificazione.

I motivi del ricorso e il giudizio sul ricorso inammissibile

L’appellante ha basato il suo ricorso su quattro punti principali. I primi due contestavano la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, sostenendo che non sussistessero gli elementi costitutivi dei reati contestati e che, in ogni caso, dovesse applicarsi l’esimente per aver reagito a un atto arbitrario del pubblico ufficiale (art. 393-bis c.p.). Gli ultimi due motivi, invece, lamentavano la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto tutti i motivi non meritevoli di accoglimento, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di questa decisione risiede nella natura delle argomentazioni proposte: non si trattava di censure su errori di diritto, ma di tentativi di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e netto le ragioni della sua decisione. I primi due motivi sono stati qualificati come ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non ha evidenziato una violazione di legge da parte della Corte d’Appello, ma ha semplicemente proposto una lettura alternativa dei fatti, chiedendo alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, non manifestamente illogica, dei giudici di merito. Questo è contrario alla funzione stessa della Corte di Cassazione, che è custode della corretta applicazione della legge (ius constitutionis) e non un giudice del fatto.

Anche il terzo e quarto motivo sono stati respinti, in quanto ritenuti ‘privi di specificità’. Essi, infatti, si limitavano a riproporre questioni già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi e specifici argomenti di critica sulla correttezza giuridica della decisione impugnata. La Corte ha quindi confermato che i giudici di merito avevano già vagliato e disatteso tali profili con argomenti corretti e non illogici.

Le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna è diventata definitiva. In secondo luogo, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o meramente dilatori. La decisione in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precisi vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o vizi di motivazione evidenti) e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una terza valutazione sul merito della controversia.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati dall’appellante non denunciavano vizi di legittimità (errori di diritto), ma si configuravano come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione della vicenda, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non ‘di merito’?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina le prove per decidere come si sono svolti i fatti (giudizio di merito), ma si limita a controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano interpretato e applicato correttamente le leggi e che la loro motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria (giudizio di legittimità).

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali sostenute per il giudizio in Cassazione e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare impugnazioni infondate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati