Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti sulla Valutazione dei Fatti
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione definisca i propri limiti di intervento, in particolare quando un ricorso inammissibile viene presentato sulla base di motivi non consentiti. La vicenda riguarda una condanna per l’utilizzo illecito di una carta di pagamento e la successiva impugnazione, dichiarata inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità.
Il Contesto del Caso
Una persona veniva condannata nei primi due gradi di giudizio per aver utilizzato ripetutamente una carta di pagamento non sua. La difesa sosteneva che l’imputata non fosse consapevole dell’illecita provenienza della carta, ricevuta dal proprio convivente. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva confermato la responsabilità, sottolineando che l’uso della carta per ben sei transazioni, unito alla consapevolezza delle precarie condizioni economiche e dell’assenza di un conto bancario del convivente, avrebbe dovuto insospettire l’imputata e spingerla a verificare il nominativo del titolare.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
Il ricorso per Cassazione si fondava su quattro motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.
Primo Motivo: Il Tentativo di Rivalutare i Fatti
La difesa contestava la dichiarazione di responsabilità, proponendo una diversa lettura delle prove. La Cassazione ha prontamente rigettato questo motivo, ricordando un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è limitato a verificare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata, e non a riesaminare le prove. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta esente da vizi logici.
Secondo e Terzo Motivo: Argomenti Ripetitivi e Apparenti
I motivi relativi alla recidiva e alla mancata concessione di una specifica attenuante sono stati giudicati come una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha chiarito che un ricorso, per essere specifico, deve contenere una critica argomentata contro la decisione impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse difese. Per questo, tali motivi sono stati considerati solo apparenti e quindi inammissibili.
Quarto Motivo: Il Giudizio sul Bilanciamento delle Circostanze
L’ultimo motivo criticava la decisione della Corte d’Appello di considerare equivalenti le circostanze aggravanti e quelle attenuanti, anziché far prevalere queste ultime. Anche in questo caso, la Cassazione ha dichiarato il motivo manifestamente infondato. Il giudizio di comparazione tra le circostanze è un’attività discrezionale del giudice di merito che sfugge al controllo di legittimità, a meno che non sia palesemente arbitrario o illogico. La scelta di optare per l’equivalenza al fine di garantire una pena adeguata è stata ritenuta sufficientemente motivata.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile
La decisione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della violazione di questa distinzione. I motivi presentati non erano idonei a un giudizio di Cassazione perché:
1. Chiedevano una nuova valutazione delle prove, cosa preclusa alla Suprema Corte.
2. Erano generici e ripetitivi, mancando di una critica specifica e puntuale alla sentenza d’appello.
3. Contestavano una valutazione discrezionale del giudice di merito (il bilanciamento delle circostanze) senza dimostrarne l’arbitrarietà o l’illogicità.
In sostanza, il ricorso non ha superato il vaglio preliminare di ammissibilità perché non ha rispettato le regole procedurali che governano il giudizio davanti alla Corte di Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. È inutile e controproducente insistere su una diversa ricostruzione dei fatti o riproporre le medesime argomentazioni già respinte in appello. Il ricorso deve concentrarsi esclusivamente sui vizi di legittimità della sentenza: violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione. In caso contrario, il risultato sarà non solo il rigetto, ma una declaratoria di inammissibilità con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le è precluso sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio. Il suo compito è limitato a saggiare la tenuta logica della motivazione, intervenendo solo in caso di manifesta illogicità.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere gli argomenti già presentati in appello?
Un ricorso di questo tipo viene considerato non specifico ma soltanto apparente. La Corte ha stabilito che i motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dalla corte di merito sono inammissibili, in quanto omettono di svolgere una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
La valutazione del giudice sul bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti è sempre contestabile in Cassazione?
No. Il giudizio di comparazione tra le circostanze è una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito. Sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, come nel caso di specie in cui la corte ha ritenuto la soluzione dell’equivalenza la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33597 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33597 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CORATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo, che contesta la dichiarazione di responsabilità, sulla base della diversa lettura dei dati processuali, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi e di saggiare la tenuta logica della motivazione, salva la manifesta illogicità (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); nello specifico, la Corte di appello, con motivazione esente dal vizio indicato, ha fatto applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità (cfr. pagin 3 e 4, ove si evidenzia come l’uso ripetuto della carta di pagamento elettronico per sei distinte transazioni avrebbe consentito all’imputata di verificare il nominativo del titolare della carta, soprattutto nella consapevolezza che il proprio convivente -nullatenente ed in condizioni precarie – non disponesse di un rapporto bancario che giustificasse la titolarità della carta bancomat;
ritenuto, inoltre, che il secondo ed il terzo motivo, sulla recidiva e sulla mancata concessione della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., son fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato, infine, che il quarto motivo, in relazione al giudizio di comparazione tra le circostanze è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.